But I’m a creep, I’m a weirdo, What the hell am I doin’ here? I don’t belong here
“Ma sono uno sfigato, sono uno strano, cosa sto facendo qui? Io non appartengo a questo posto”.
Queste sono le parole del ritornello di Creep, primo singolo della band alternative rock inglese dei Radiohead, e fa parte del loro album di debutto Pablo Honey, uscito nel 1993.
Per chi quegli anni li ha vissuti, magari in piena età adolescenziale, questa canzone, probabilmente, ha fatto parte della propria colonna sonora; una canzone malinconica, un flebile lamento, dolce nelle note ma con una rabbia che serpeggia tra le parole e la melodia.
“Non importa se ferisce, io voglio avere il controllo, voglio un corpo perfetto, voglio un’anima perfetta, voglio che tu noti quando non sono in giro, tu sei così maledettamente speciale, io avrei voluto essere speciale”.
Quando il brano uscì, appunto, nel 1992 come singolo di lancio dell’album di debutto dei Radiohead, molte radio lo giudicarono troppo deprimente, escludendolo dalla programmazione solo dopo pochissimi passaggi. La band decise quindi di rimpiazzarlo con “Anyone can play guitar”.
In molti chiesero spiegazioni del testo a Thom Yorke (cantante e frontman della band) e lui ha sempre risposto così:
“Ho notevoli problemi nell’essere un uomo degli anni novanta. Ogni uomo con sensibilità o coscienza verso il sesso opposto avrebbe problemi simili. È un’ardua impresa affermare la propria mascolinità senza sembrare il membro di un gruppo hard-rock. Questo si riflette sulla musica che scriviamo, che pur non essendo effemminata, non risulta nemmeno brutalmente tracotante. È una delle cose che provo continuamente a fare: affermare un personaggio sensuale e provare disperatamente a negarlo”.
Chi si ricorda gli anni novanta, soprattutto la prima metà, non potrà non aver notato questo malessere globale, l’angoscia sociale, la depressione, soprattutto nei giovani che si ritrovarono a non aver più alcuna motivazione o spinta sociale che avevano animato le generazioni precedenti; ci si sentiva come privi di un futuro e di un passato, paralizzati in un’apatia costante; e tutto questo si può notare sia nel cinema che nella produzione musicale, entrambi specchi della società che gli fa da madre.
Per fare un esempio, potrei citare i Nirvana: l’intero Nevermind è un inno all’apatia e “Smell Like Teen Spirits” è la bandiera della depressione. Questo è solo un esempio di un elenco che potrebbe essere assolutamente molto lungo.
“Quando tu eri qui prima, non riuscivo a guardarti negli occhi, tu sei proprio come un angelo, la tua pelle mi fa piangere, tu fluttui come una piuma in un mondo meraviglioso, io avrei voluto essere speciale, tu sei così maledettamente speciale”.
Creep è anch’essa emblema del periodo e, più specificatamente, dei primi cambiamenti, rispetto alle epoche precedenti, delle relazioni tra uomo e donna. Ora le donne, dopo decenni di preparazione, iniziavano ad avere molta più coscienza di loro stesse e, in molti casi, questo spaventava gli uomini, soprattutto i più giovani, che avevano ricevuto un’educazione diversa da quello che la società chiedeva loro, sentendosi sempre più spaesati, esattamente come ha sempre affermato Thom Yorke.
Dopo all’incirca un anno dalla prima release, Creep iniziò ad avere il meritato successo fino ad arrivare ad essere un cult, conosciuto ed ascoltato fino ai giorni nostri. Questo grande successo si può vedere anche dalle innumerevoli cover che vennero fatte nel corso degli anni: dai Muse ai Korn e dai Tears for Fears a Macy Gray, passando dalla (dimenticabilissima) cover italiana di Vasco Rossi.
Prima di lasciarvi, vi voglio raccontare un’ultima curiosità: una delle cose che rende riconoscibile questa canzone a qualsiasi orecchio è il riff che precede il ritornello: quelle quattro note non c’erano nello spartito originale ma Jonny Greenwood, chitarrista della band, durante le sessioni di prova, era talmente stanco dell’andamento lento della canzone che tentò di “sabotarla” inserendo questi accordi. Quando, si dice, il colpo di genio!