Cosa accade quando una storia riesce a superare la lingua, le stagioni, la geografia emotiva di chi la guarda? Accade che quella storia non è più soltanto nostra: diventa parte di un immaginario collettivo, di una memoria che attraversa continenti.

Il cinema italiano, con tutti i suoi silenzi, le sue piazze vuote e le sue parole troppo piene, ha saputo farlo. Non sempre, certo. Ma quando è successo, ha lasciato tracce profonde.

I 5 film di cui parleremo non sono semplici titoli da cineteca: sono finestre aperte sulla nostra umanità, frammenti di verità che, a loro modo, hanno conquistato il mondo. Questo perché parlano la lingua universale delle emozioni.

La dolce vita – Quando Roma era un sogno che si sbriciolava all’alba

C’è un momento in cui la notte finisce e la verità si rivela: lo sapeva bene Federico Fellini, che in La dolce vita mise in scena la fine dell’innocenza con un’eleganza disperata.

Marcello Mastroianni vaga nella notte romana come un’anima in cerca di redenzione, mentre Anita Ekberg danza nella Fontana di Trevi come icona e abisso, sogno e condanna.

Uscito nel 1960, accolto con scandalo e stupore, vinse la Palma d’Oro a Cannes e un Oscar per i costumi, ma il suo impatto fu ben più profondo. In quella Roma malinconica e sfavillante, il mondo intero vide se stesso.

L’incasso negli Usa fu strabiliante: 19,5 milioni di dollari, in un tempo in cui il doppiaggio era un lusso e i sottotitoli una barriera.

La vita è bella – La risata che ha sfidato l’orrore

A volte l’unico modo per sopravvivere è immaginare che tutto sia un gioco. E Roberto Benigni, con la sua fragilità clownesca e il suo amore da romanzo illustrato, porta in scena l’Olocausto come una favola tragica. La vita è bella non è un film facile: è un salto nel vuoto, un atto di fede.

Una scena di La vita è bella

Premiata con 3 Oscar, tra cui Miglior Attore Protagonista (con Benigni che sale letteralmente sulle poltrone del Dolby Theatre, ndr), la pellicola è diventata il simbolo della capacità italiana di commuovere senza retorica. Un inno alla speranza da 230 milioni di dollari di incasso, che ancora oggi attraversa generazioni e confini.

La grande bellezza – Un’elegia sul tempo che ci scivola tra le dita

C’è qualcosa di immobile nella Roma di Paolo Sorrentino: è la bellezza che affascina e anestetizza, è l’eterno ritorno del nulla.

Toni Servillo, nel ruolo dello scrittore Jep Gambardella, cammina tra terrazze affollate e chiese abbandonate, cercando un senso che forse non esiste. Ma se c’è, è nei dettagli: una giraffa in un circo, una santa che tace, un ricordo d’amore che torna a galla.

La grande bellezza ha vinto Oscar, BAFTA e Golden Globe, ma prima ancora ha vinto il cuore di chi conosce la vertigine del tempo che passa senza chiedere permesso. In sintesi, una moderna “dolce vita”, raccontata con la grazia amara di chi ha smesso di cercare risposte.

Chiamami col tuo nome – L’estate che ci ha insegnato ad amare

Il sole tra le foglie, la pelle giovane che arde, i silenzi che dicono più delle parole. Chiamami col tuo nome, di Luca Guadagnino, è un film che si guarda con gli occhi ma si sente con la pelle. Ambientato in una villa lombarda tra frutti maturi e biciclette, narra l’amore tra Elio e Oliver con la malinconia di qualcosa che è stato e non sarà mai più.

CHIAMAMI COL TUO NOMEUna scena di Chiamami col tuo nome

Oscar alla sceneggiatura, nomination per Miglior Film, Attore e Regia, incassi da record per un film d’autore.

Grazie anche all’interpretazione di un acerbo Timothée Chalamet, Guadagnino ha ridato dignità e poesia alla rappresentazione LGBTQ+, ed è entrato nel cuore di chiunque abbia conosciuto l’amore troppo tardi o troppo presto.

C’è ancora domani – Il silenzio che si spezza diventa rivoluzione

Un film in bianco e nero, in un’epoca fatta di colori accesi e rumori assordanti. Eppure, C’è ancora domani, regia di Paola Cortellesi, ha fatto più rumore di tanti blockbuster messi insieme.

Siamo nella Roma del dopoguerra, ma potremmo essere ovunque e sempre: dove una donna non può decidere, non può scegliere, non può parlare. Con una delicatezza che punge come uno schiaffo, il film racconta la libertà che nasce nel quotidiano, nella lotta silenziosa, nella voce che finalmente si alza.

La Cortellesi non poteva desiderare un esordio migliore dietro la macchina da presa: con un incasso di oltre 36 milioni di euro, C’è ancora domani è stato il film italiano più visto del 2023. Non solo, la pellicola ha sbancato ai David di Donatello (ben 6 premi ricevuti, ndr), diventando specchio, manifesto e grido della nostra generazione.

Oltre i confini, restando profondamente italiani

C’è chi dice che il cinema italiano non esiste più. Ma chi lo dice, forse dovrebbe guardare con più attenzione. Perché questi film, così diversi tra loro, raccontano tutti qualcosa che ci riguarda: la voglia di resistere, di sognare, di capire chi siamo mentre tutto cambia.

E se hanno conquistato il mondo, è perché sono riusciti a essere locali e universali, antichi e moderni, tragici e pieni di luce. Come solo il grande cinema sa fare.

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