“Tu cosa vuoi, Gigi?”: domanda che apre le porte a mille riflessioni, quelle del protagonista di È la fine!, spettacolo teatrale interamente scritto e interpretato da Emanuele Iovino

Classe ‘88, animo inquieto, spirito d’artista: questo è l’identikit di Iovino, che del teatro ha fatto la tua missione di vita, una passione sfrenata che è diventata il suo lavoro. Dopo anni di gavetta, studio e insegnamento a giovani adolescenti, Emanuele scrive il suo primo pezzo e lo porta in giro per teatri: non solo in Campania, ma anche a Milano e al Catania Off Fringe Festival, dove ha avuto un’ottima accoglienza. 

Con È la fine! Iovino dà voce a una generazione intera, quella dei Millennials, trentenni che si sentono come “barche legate al molo da una corda”: si muovono incessantemente con le onde del mare, sbattendo qua e là senza mai andare da nessuna parte. Lo spettacolo coglie la fragilità di un’intera generazione cresciuta con lo spettro del posto fisso in un contesto che richiede flessibilità ma offre precarietà, delle relazioni poliamorose e di quelle gelose, del matrimonio tradizionale e dei figli da avere a ogni costo (che però non si sa come tirare su, ndr), del non essere mai abbastanza (ma per chi?, ndr), dell’impegnarsi a oltranza senza riuscire mai ad afferrare qualcosa.

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Emanuele Iovino - Fonte: Instagram

Emanuele parla con brio e fervore, con ironia, perché sì, questa sarà anche una generazione ansiosa, depressa e sull’orlo della crisi di nervi, ma ha la capacità di ridere dei suoi punti di dolore. E, allo stesso tempo, ha la forza di affrontare quei lutti che catapultano nel mondo degli adulti con prepotenza e senza preavviso, come quando i nonni non ci sono più e si è soli a farsi forza tra un attacco di panico e un sonno disturbato. A pensarci, sono loro la corda sottile ma forte che tiene legati al molo, le radici sono importanti (citando Sorrentino, ndr).

Questa è una generazione che per districarsi dal caos della vita quotidiana smette di vedere la magia, ma È la fine! ci ricorda che l’incanto è tutto intorno, se solo si è bravi a lasciarsi andare, a liberare la presa da ciò che si crede di controllare ma che in realtà danneggia e sfugge e, infine, ad accettare. Quanta libertà c’è nell’accettazione e nel lasciar andare? Emanuele ce lo spiega, nuotando nudo in mezzo a un tumultuoso mare d’inverno.

Nel tuo monologo È la Fine!, il protagonista Gigi affronta una crisi esistenziale che lo porta a confrontarsi con sé stesso e con le sue scelte di vita. In che modo la tua esperienza personale ha influenzato la creazione di questo personaggio e delle sue vicende?

Avevo il cassetto che scoppiava di quaderni scritti di mio pugno di varie situazioni vissute in 4-5 anni. Mi sono divertito a mescolare le carte e a cambiare i nomi ma la storia di Gigi riguarda anche me. Erano anni in cui mi sembrava che le cose sfuggissero, tutto mi volteggiava attorno e non riuscivo a dargli una forma, una sostanza. 

Come Gigi, anche io sono legato al mare in maniera indissolubile: il mare è visto come luogo di eterno movimento, luogo aperto, di fuga verso l’ignoto. Era un periodo in cui lavoravo per un e-commerce gestito da persone moralmente discutibili e in parte ho assistito ad assurde campagne promozionali e comportamenti al limite se non oltre la legalità

Volevo raccontare una vita fatta di perdita ma anche di tanta consapevolezza, la vita di chi non smette mai di guardare il mondo con meraviglia. Un testo in cui si fotografa un momento di passaggio che avviene quando la vita vera irrompe prepotentemente nell’immagine di vita che avevamo. È la fine! è uno spettacolo veloce che però parla di lentezza, del ritornare a desiderare piuttosto che riempirsi la vita di cose da fare, da dimostrare. 

Il tuo spettacolo ha già riscosso grande successo sui palchi di diverse regioni italiane. Cosa provi quando vedi la tua opera, scritta e interpretata da te, suscitare emozioni nel pubblico? 

Ricordo che alla prima a Milano mi sono emozionato agli applausi finali. In ogni caso vado fiero di me perché ho avuto la determinazione e la forza di scrivere e mettere in scena uno spettacolo. Ho anche avuto la fortuna di avere intorno a me figure giuste che rendessero tutto completo e di qualità: la mia regista, il mio assistente alla regia, la fotografa di scena, tutte le persone che mi hanno aiutato con la creazione del video e altri che, ancora oggi, forse sono attirati da questa mia grande vitalità, questo crederci così ostinato.  

Il tuo spettacolo ha ottenuto riconoscimenti importanti, come il premio Il mondo che si muove al Catania Off Fringe Festival. In che modo questi riconoscimenti hanno influenzato la tua carriera e la diffusione del tuo lavoro?

Magari ci risentiamo tra qualche mese e ti dico, perché ora non lo so. Lo spettacolo era già pronto a fine 2023 e ho passato metà dell’anno scorso a distribuirlo per teatri e festival. Le date da settembre ad oggi sono ciò che ho raccolto. 

emanuele iovino

Emanuele Iovino in È la fine!

È stato comunque bellissimo iniziare da Milano e Catania con l’Off Fringe Festival, perché incontri un pubblico lontano da casa, che non ti conosce, e questo rende tutto spaventosamente meraviglioso. 

In ogni caso sto lavorando alla distribuzione per la prossima stagione 2025-2026 e spero in un anno con repliche sempre più numerose.

Nel monologo, affronti temi come l’assenza di desiderio, il dolore della perdita e la ricerca di un amore incondizionato. C’è stato un feedback, un commento o una critica ricevuta durante le prime rappresentazioni che ti ha colpito o che hai trovato particolarmente prezioso?

Dopo una replica a Piano di Sorrento una ragazza mi ha ringraziato “per aver scritto e messo in scena questa storia”. Volendo parlare di un commento negativo, invece, qualcuno mi ha detto “ma perché quella chitarra, non la capisco, potresti farne anche farne a meno!”.

Mi piace molto confrontarmi col pubblico, è un momento in cui capisci che hai creato qualcosa che in ogni caso non lascia indifferenti. In fin dei conti, uno dei doveri dell’artista è fare da tramite per un messaggio, lasciare qualcosa a chi fruisce di ciò che creiamo. 

La maggior parte del pubblico però concorda che È la fine! è un’altalena di emozioni: mentre ti fa sorridere, ti tira un pugno in faccia. Credo che ci siano elementi che le persone ritrovano nel bagaglio delle loro esperienze di vita dunque.

La tua prima opera sta proseguendo con altre date: cosa speri che il pubblico porti con sé una volta uscito dal teatro?

Spero che si facciano tante domande, in particolare questa: come faccio a trovare o costruire il mio strumento di libertà?

è la fine

Questa è una frase che Emanuele Iovino cita nello spettacolo, realmente trovata per caso su questo foglio in mezzo a un bosco.

E tu, cosa porterai con te dopo questa esperienza? Hai altri progetti nel cassetto?

La difficoltà nel portare avanti un progetto teatrale in Italia nella nostra epoca, soprattutto se ti autoproduci come me. Ma ho anche imparato tantissime cose perché come attore non mi ero mai interfacciato con i teatri in questo modo. 

Più responsabilità ma anche più soddisfazione, è il mio primo monologo in fin dei conti. E poi è entusiasmante lavorare ai video promozionali. Ora abbiamo comprato i materiali per le scenografie e l’anno prossimo avremo anche dei nuovi costumi (non vorrei sbilanciarmi, ma dovrebbe realizzarli una fuoriclasse dei costumi, non aggiungo altro). Certo per avere dei nuovi costumi dobbiamo avere nuove date: ma sono fiducioso.

Per quanto riguarda nuovi progetti in cantiere, l’anno scorso ho scritto un testo per un corto teatrale che ha avuto due menzioni speciali (per testo e attore) al Premio Serra 2024. Vorrei riprendere quel discorso e allargarlo a testo lungo. Il testo è sul fiume Sebeto e si chiama Storia ‘e nu ciummo ca vuleva turna’ a nascere, ma non voglio dire troppo perché non so ancora se funziona in forma diversa. Per il resto devo avere pazienza, perché ho tante cose da raccontare e dire ma so che per scriverle ho bisogno che i pensieri sedimentino. Sedimentazione, curiosità e occhi aperti. Animo pronto ad accogliere. 

È la fine! continua il suo tour teatrale: se vuoi vederlo, puoi trovarlo l’11 aprile alla Sala Ichos di San Giovanni a Teduccio e l’11 maggio al Fazio Open Theater di Capua.

In bocca al lupo, Emanuele!

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