C’è qualcosa di profondamente umano e autentico nell’incedere di “Un passo alla volta”, il documentario che descrive il legame artistico e personale tra Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè. E se ci si aspettava una semplice cronaca di concerti e backstage ci si ritrova, invece, sospesi in una passeggiata dentro un’amicizia musicale che è andata oltre le mode, le carriere individuali e le differenze stilistiche, facendosi rifugio, gioco, sperimentazione musicale.
Il titolo è eloquente: “un passo alla volta” vuol dire camminare lentamente, insieme, senza affanni da classifica. La lentezza qui è scelta politica, creativa, esistenziale. E il film diretto da Francesco Cordio ce lo mostra mirabilmente alternando immagini intime a riprese live esaltanti, in un montaggio che scorre come un flusso di coscienza musicale.
“Un passo alla volta” arriva dopo quasi un anno dal concerto del 6 luglio 2024 al Circo Massimo, un evento straordinario, con 50 mila spettatori e un’energia speciale che ha indotto il trio a cristallizzare il momento in questo progetto cinematografico. Il risultato è un film rivolto a chi ha vissuto in prima persona il concerto, ma anche per far vivere in parte le emozioni di quella serata unica a chi non ha potuto esserci.
Per arrivare al presente ripercorriamo la storia del sodalizio trentennale, passando per il progetto Il Padrone della Festa, il primo album in studio del supergruppo Fabi- Silvestri-Gazzè, pubblicato il 16 settembre 2014, e l’ esperienza formativa in Sud Sudan con Medici con l’Africa – CUAMM. Sullo sfondo c’è la Roma degli anni ’90, quella delle cantine, delle jam sessions e delle radio libere, dove i tre si incontrano giovanissimi in un contesto popolato da personaggi come Lucio Dalla e Francesco De Gregori. Niccolò Fabi con la sua scrittura cristallina, Silvestri con l’ironia tagliente e Gazzè con la sua identità musicale fuori dagli schemi. Quel mondo formicolante di artisti ci viene riportato attraverso materiali d’archivio e interviste, che si dipanano in una narrazione lontana dalla retorica.
Le immagini tratte dal concerto-evento del 2024, tra luci calde, pubblico commosso e sorrisi complici, non sono solo inserti visivi: la musica rappresenta l’ossatura emotiva del film. Ogni brano cantato è una soglia temporale, un portale che apre su flashback, aneddoti, confessioni. “Una musica può fare” la bussola che orienta il racconto, mentre le canzoni diventano perni narrativi attorno a cui ruotano ricordi e riflessioni. Vari gli scorci carichi di emozione, come quando l’immensa folla balla sulle note di “Salirò” o come quando l’intera arena si zittisce per ascoltare in religioso silenzio le parole di “Facciamo finta”.
Con un registro emotivo ma ironico al tempo stesso, “Un passo alla volta” mostra quanto Fabi, Silvestri e Gazzè, diversi nella forma ma affini nella sostanza, abbiano scelto di coltivare un’idea alta della canzone d’autore. Fabi è un poeta capace di scrivere versi che suonano come carezze (“Costruire”, “Una buona idea”, “Facciamo Finta”). Silvestri, il funambolo che sa mettere in rima le riflessioni politiche senza perdere leggerezza (“Salirò”, “Cohiba”, “Il mio nemico”). Gazzè, il cantastorie un po’ folle che mescola con ingegnosità sonorità pop e rock (“Una musica può fare”, “Il solito sesso”, “Sotto Casa”).
I tre insieme sono un triangolo armonico: si alternano con naturalezza e rispetto, ognuno con la sua voce e i propri strumenti, ma parte di un discorso comune che porta in alto le idee con un’irriverenza elegante. Il film restituisce questo clima di serenità con autenticità, mostrando anche i silenzi, le stanchezze, le discussioni.
“Un passo alla volta” è una lezione sul tempo, quello dell’amicizia, della creazione, della maturità artistica. Un tempo che non rincorre, ma accoglie e che, in un’epoca di velocità e frenesia, diventa controcultura.
Studio Cinema e Spettacolo alla Federico II di Napoli. Redattrice cinefila in perenne lotta con film troppo lunghi e trame incomprensibili.