Le terme del Bullicame di Viterbo

Viaggiare, è noto, è un toccasana per l’uomo: mente e corpo trovano lo spazio per rigenerarsi, per riscoprire la bellezza della natura, della storia, e perchè no, anche delle relazioni, se il viaggio viene vissuto in compagnia di amici o come occasione per fare nuovi incontri. Tantissimi sono i luoghi in cui è possibile immergersi in meditazione, come tanti sono quelli in cui si riscoprono vivacità e dinamismo di culture di ogni genere. Basta scegliere ciò di cui si ha più bisogno, e per scegliere è necessario essere informati. Hermes magazine offre questa opportunità e con il seguente articolo vi porta alla scoperta di un angolino della nostra bellissima terra, rilassante e silenzioso, ma che può essere tappa per conoscere città e storia. Parliamo di acque termali e andiamo nel Lazio, vicino Viterbo

 

Per gli amanti del termalismo i dintorni di Viterbo offrono  diverse possibilità di svago e di cura: accanto agli stabilimenti termali veri e propri, ci sono varie sorgenti di acqua calda che alimentano vasche a cui si può accedere liberamente. ll Bullicame è una di queste: una sorgente di acqua sulfurea calda, situata appena fuori Viterbo, ad ovest del centro storico cittadino e nelle vicinanze dell’aeroporto.  

 

Il termine bullicame deriverebbe da bulicante, o buglicante parola usata in passato per indicare l’acqua che bolle. Il Bullicame è la più nota delle tante sorgenti termali  alimentate dal grande bacino idrotermale di Viterbo, quali:  CarlettiSan Sisto, BagnaccioZitellePiazza d’Armi, e tante altre. Dalla fine del ventesimo secolo la sorgente ha mostrato una progressiva riduzione della portata.

 

Le vasche per i bagnanti della zona bullicame sono accessibili ed è possibile fare il bagno. Vi è una vasca circolare più piccola e una vasca grande di forma allungata. L’acqua solfurea sgorga da un profondo cratere naturale a 58° di temperatura e affiora in un laghetto recintato dal quale partono dei ruscelli d’acqua che alimentano alcune vasche. Esse si trovano appunto al centro del Parco umido del Bullicame ed i bagnanti possono godere gratis anche della vista di un giardino roccioso e dello stagno dove si riproduce il Rospo smeraldino.

 

L’ingresso al parco del bullicame è gratuito ma la zona non presenta servizi. Il parcheggio è piccolo e non custodito. La fermata dell’autobus urbano è a circa 200 metri dalla sorgente termale. A sinistra della stessa una stele riporta i versi tratti dal XIV canto dell’Inferno della Divina Commedia  in cui  Dante cita il Bullicame di Viterbo e questo particolare rende il luogo, oltre che una sosta rilassante, anche un’occasione nel visitarlo, per imparare. 

 

La stele riporta: “Tacendo divenimmo là ‘ve spiccia fuor della selva un picciol fiumicello, lo cui rossore ancor mi raccapriccia. Quale del Bulicame esce il ruscello che parton poi tra lor le peccatrici, tal per la rena giù sen giva quello. Lo fondo suo ed ambo le pendici fatte eran pietra, e i margini da lato; per ch’io m’accorsi che ‘l passo era lici.”

 

In italiano corrente: “Tacendo arrivammo là dove esce dalla selva un piccolo ruscello, il cui color rosso ancora mi fa orrore. Come esce dal Bulicame il ruscello che si dividono poi tra loro le meretrici, allo stesso modo  attraverso la sabbia scorreva quello. Il suo fondo e le pareti laterali erano di pietra e e così le sponde; per cui capii che il passaggio.”

 

Per comprendere meglio i versi bisogna rifarci al  settimo cerchio dell’Inferno dove sono puniti i violenti. Il cerchio è diviso in tre gironi; nel primo c’è il fiume di Sangue bollente Flegetonte , dove sono immersi i violenti contro gli altri, il secondo è la famosa selva dei suicidi, dove sono puniti i violenti contro se stessi e dalla quale esce un ruscello stretto tra argini di pietra,che attraversa il terzo girone, una landa sabbiosa sulla quale scende una pioggia di fiamme. Qui sono puniti i violenti contro natura. Questo ruscello è una diramazione   del Flegetonte che dopo aver attraversato la selva dei suicidi , sbocca nel sabbione e lo taglia per riversarsi nel fondo dell’inferno. Il  vapore che emana dalle sue acque  spegne le fiamme sovrastanti e permette a Dante e Virgilio di passare senza rischi camminando su questi argini.

 

Dante paragona il ruscello che si dirama dal fiume di sangue bollente Flegetonte alle acque che escono da  Bulicame di Viterbo, perché le acque sulfuree viterbesi scorrono tra argini di pietra calcarea emanando  vapori e spesso le concrezioni calcaree assumono una colorazione rossastra. Nel secondo verso Dante fa anche  riferimento all’uso che si faceva di dette acque termali; i commentatori più antichi sono d’accordo nella versione riportata sul cippo; Che parton poi tra lor le peccatrici, cioè dalla sorgente termali sarebbero esistite derivazioni riservate alle meretrici per curare le loro malattie veneree o per lavare i loro panni.

 

Tuttavia c’è anche un’altra interpretazione del verso dantesco e quindi dell’uso delle acque del Bullicame e cioè Che parton poi tra lor le pettatrici, ossia le lavoranti addette alla pettinatura della canapa. Infatti dagli antichi statuti si sa che le acque del Bullicame venivano condottate in piscine, e lì usate per la macerazione della canapa. Questo doveva avvenire lontano dalla città a causa del cattivo odore che emanava dalla lavorazione delle piante. Dante probabilmente passò per Viterbo nell’anno Santo del 1300 attraverso la Strada Francigena che passava vicino al Bullicame e con i suoi versi ha dato perenne fama a questa sorgente di acqua sulfurea.

 

Non possiamo, dunque, non trovare il tempo e la voglia o l’occasione, nella nostra vita, per passare anche noi da queste parti.