Arquà Petrarca: il luogo che deve il suo nome al poeta Francesco Petrarca

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È il secondo borgo, tra i venti più belli d’Italia. Qui il tempo sembra essersi fermato Arquà Petrarca, il centro dei colli euganei che, più di tutti gli altri, mantiene inalterato il fascino antico dei borghi medievali. il suo nome deriva forse da Arquata Montium, che significa “chiostra dei monti”, ma deve la sua notorietà alla fama eterna di Francesco Petrarca, il poeta che vi passò gli ultimi anni della sua vita.

 

La storia del borgo

 

Oggi il nucleo abitativo di Arquà, dal latino Arquatum o Arquata volgarizzato poi in Arquada, va a delineare quel Borgo che mantiene ancora in gran parte intatto il suo aspetto trecentesco, e che fu abitato, negli ultimi anni della sua vita, dal Poeta Francesco Petrarca. Le origini di Arquà sono medievale, più precisamente, al periodo in cui veniva a collocarsi su di una probabile linea difensiva che doveva esistere già in epoca barbarica e che collegava la Rocca di Monselice, centro della locale giurisdizione politico amministrativa longobarda, con Valle S. Giorgio, Cinto Euganeo e la fascia pianeggiante verso Vicenza, a ponente dei colli.  Ma Acquà ha origini ancora più antiche, in un documento del 985 si attesta infatti, la presenza di un castello abitato da Rodolfo Normanno. È proprio sull’altura dove si collocava l’antico castello, che si può collocare l’originale nucleo medievale da cui si è sviluppato il Borgo più tardi abitato dal Petrarca. La località nel ‘200 divenne feudo dei Marchesi d’Este, per poi entrare nell’orbita politica di Padova. Fu poi elevata dalla signoria Carrarese al rango di vicaria, fu allora che Arquà ebbe la fortuna di ospitare il Petrarca e di accoglierne le spoglie mortali. Le cose non cambiarono sotto la dominazione della Serenissima, fin dal 1405 subentrata al dominio carrarese. In questo periodo la fama e la moda petrarchesche spinsero diverse famiglie aristocratiche padovane e veneziane, a costruire delle dimore di nobile fattura. Il paese così completò l’assetto urbanistico che tutt’ora conserva, anche se dopo il secolo XVI non si costruì più molto. Alla caduta della Repubblica Veneta, Arquà perse importanza, ma nel 1866, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, fu elevato alla dignità di Comune e nel 1868 poté aggiungere al nome di Arquà quello di Petrarca.

 

Nel 1369, Francesco il Vecchio donò un appezzamento di terreno ad Arquà al Poeta che dal 1365 era divenuto canonico presso la collegiata della vicina Monselice. Già nella primavera del 1369 il Poeta in persona si recò ad Arquà a sovrintendere i lavori di restauro della casetta che inizierà ad abitare dal marzo del 1370; avrà allora inizio il “buen ritiro”. Così viene descritta Arquà al tempo del Petrarca, in un documento che si trova nel Museo Civico di Padova: “vasti boschi di castagni, noci faggi, frassini, roveri coprivano i pendii di Arquà, ma erano soprattutto la vite, l’olivo e il mandorlo che contribuivano a creare il suggestivo e tipico paesaggio arquatense”. Una vegetazione e una pace che forse hanno richiamato alla mente del poeta un’altra terra a lui cara, la Toscana, e così si decise a stabilirsi in una casa decorosa che si distingueva certamente dalle altre assai povere dei contadini e degli artigiani.

 

La casa del Petrarca

 

La struttura originaria era del Duecento e fu lo stesso Petrarca, a partire dal 1369 quando gli fu donata dal Signore di Padova Francesco il Vecchio da Carrara, a presiedere i lavori di restauro. La casa, composta di due corpi con un dislivello l’uno dall’altro di tre metri e mezzo, fu modificata dal Poeta che aprì sulla facciata alcune finestre e ne fece un unico alloggio con due unità abitative, riservando come abitazione per sé e per la propria famiglia il piano sopraelevato dell’edificio, mentre riservò alla servitù ed ai servizi l’edificio di destra, sito in alto, dove si trovava anche l’ingresso principale. Nel Cinquecento ne divenne proprietario il nobile padovano Pietro Paolo Valdezocco. In questo periodo vengono costruite la loggetta di stile rinascimentale e la scala esterna, ma soprattutto vengono fate dipingere le pareti con tempere rappresentati scene ispirate al Canzoniere, ai Trionfi e all’Africa. L’ultimo proprietario, il cardinale Pietro Silvestri, la donò al Comune di Padova nel 1875. Attualmente sono ancora conservati, lo studiolo in cui morì il poeta, con sedia e libreria originarie. Da ricordare, inoltre, la nicchia in cui è custodita la mummia della gatta che si dice fosse appartenuta al Poeta.

 

Oratorio Ss Trinità

 

Chiesa molto cara al Petrarca, poiché vi era solito recarsi a pregare, si presenta con una struttura di impianto romanico ad un’unica navata con travature scoperte e tetto a capanna. Più volte modificato nei secoli, nel Trecento, l’Oratorio, fu ingrandito ed affrescato, dell’epoca sono le tracce raffiguranti alcune Madonne e un piede di San Cristoforo, e nel Quattrocento fu poi aggiunta l’abside. Ai lati dell’altare sono collocati la statua di S. Cristoforo in pietra dipinta e la statua in legno dipinta, di S. Lucia. All’interno della chiesa sono conservate alcune lastre tombali ed un’acquasantiera romana. Di notevole pregio sono poi un quadro di Giovanni Battista Pellizzari e una grande tela del 1670, raffigurante la “Città di Padova nell’atto di rendere omaggio a un vescovo martire”. Il campanile, del XII secolo, fu più volte rimaneggiato fino al 1928, quando un restauro lo riporto alla presumibile forma originaria ricavata da stampe seicentesche.

 

Chiesa di Santa Maria Assunta

 

Della chiesa si hanno notizie sin dal 1026. Ai tempi del Petrarca, presentava un porticato già cadente ed oggi completamente scomparso. In questa chiesa si tenne il funerale del Petrarca e nelle sue vicinanze fu sepolto, come da testamento. Nel 1677 venne ampliata in lunghezza ed altezza, mentre la facciata dopo aver subito altre modifiche nel 1874 e nel 1926, è arrivata ad assumere l’attuale linea romanica. L’interno si presenta ad un’unica navata con tre altari ed un tetto con travatura a vista. L’altare centrale, proveniente dall’eremo del monte Rua, è opera dello scultore Francesco Rizzi della scuola del Bonazza. I due altari laterali, in legno scolpito, sono del 500 e la pala dell’altare di destra, opera di Pietro Damini da Castelfranco, rappresenta il Battesimo di Gesù. La grande pala dell’Assunta, dietro l’altare maggiore, è opera invece di Palma il Giovane.

 

Fontana e tomba del Petrarca

 

La fontana del Petrarca è una struttura che già era presente anche prima dell’arrivo del Poeta e alla quale veniva per attingere l’acqua. Sull’arco frontale in pietra di Nanto è inciso il distico in latino: “Fonti numen inest , hospes: venerare liquorem, unde bibens cecinit digna Petrarcha deis (Un nume abita in questa fonte, o straniero: venera quest’acqua, bevendo la quale il Petrarca poté cantare versi divini) forse dello stesso Quarenghi, autore dei versi per la gatta imbalsamata. L’arca, in marmo rosso di Verona, che tuttora contiene le spoglie del Poeta ricalca l’esempio degli antichi sarcofagi romani. Fu eretta sei anni dopo la morte del Poeta dal genero Francescuolo da Brossano e riporta la scritta dettata dallo stesso Poeta: “Frigida francisci lapis hic tegit ossa petrarce; suscipe virgo parens animam; sate virgine pace. fessaq(ue) iam terris celi requiescat in arce” ossia “Questa pietra ricopre le fredde ossa di Francesco Petrarca, accogli, o Vergine Madre, l’anima sua, e tu, figlio della Vergine, perdona. Possa essa, stanca della terra, riposare nella rocca celeste”.

 

 

Giardino di Valsanzibio

 

Il giardino di Valsanzibio, realizzato tra il 1665 e il 1696, grazie all’alto messaggio affidatogli dal fondatore, è un meraviglioso esempio di giardino simbolico, di un gran giardino d’acque in completa efficienza e oggi si presenta come uno dei più estesi ed integri giardini d’Epoca mondiali, che è valso il primo premio come “Il più bel giardino d’Italia” nel 2003 ed il terzo più bello in Europa nel 2007. Questo eccezionale esempio di giardino barocco consta di oltre 60 statue scolpite nella pietra d’Istria ed altrettante sculture minori che si integrano ad architetture, ruscelli, cascate, fontane, laghetti, scherzi d’acqua e peschiere, fra innumerevoli alberi e arbusti, su più di 10 ettari di superficie. Inoltre, all’interno del complesso è presente il labirinto di bosso, la simbolica Grotta dell’Eremita, l’Isola dei Conigli e il Monumento al Tempo.

 

Fondazione Musicale Masiero e Centanin

 

Istituita nel 1997 per volere testamentario di Giulia Centanin, la fondazione ha sede in Arquà Petrarca nel complesso architettonico di Villa Centanin e dispone di una sede distaccata anche a Padova. Mostra permanente di antichi pianoforti. Nella Villa ad Arquà è infatti possibile visitare il museo costituito di 25 pianoforti del XVIII e XIX secolo, a coda, a tavolo, verticali e di altre forme inconsuete. Accanto a costruttori tedeschi, Inglesi, francesi, figurano firme di autori del territorio Veneto. Le attività della Fondazione si articolano inoltre nell’organizzazione di corsi di apprendimento della musica e corsi di perfezionamento, lezioni concerto per le Scuole Materne, Elementari e Medie. Attività di ricerca, organizzazione di lezioni e conferenze, recupero e restauro di edizioni e strumenti musicali, esposizioni di strumenti musicali, concerti, attività discografica e editoriale, erogazione di borse di studio intitolate a Maria Margherita Masiero e Giulia ed Orazio Centanin e consulenze musicali. La Fondazione Masiero Centanin organizza durante l’anno una serie di eventi presso la Sala Centrale di Villa Centanin. Nel mese di luglio si svolge il Festival Euganeo d’Estate con concerti sinfonici dell’Orchestra delle Venezie e concerti con strumenti d’epoca.


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