Tintoretto - Una vita votata alla pittura e alla sperimentazione

Tintoretto – Una vita votata alla pittura e alla sperimentazione

Jacopo Robusti, meglio noto come Tintoretto, nasce nel 1518 a Venezia, dove trascorre tutta la sua vita e dove si spegne il 31 maggio del 1594. Inizialmente all’ombra di Tiziano (che gli rimane maestro per pochissimo tempo) il Tintoretto ha un’ascesa veloce ed un incremento delle committenze tale da diventare il primo pittore di Venezia. La sua produzione artistica conta circa 300 opere tutte di importante formato e pare che l’elevato numero sia dato dal fatto che era continuamente in cerca di lavoro. Per accrescere il numero di opere alle quali dover dare vita accetta anche pagamenti annuali e con bassa remunerazione. Anche quando si trova ad essere famoso e richiestissimo continua a partecipare a concorsi e a procacciarsi clienti.

Il suo primo e grande mecenate è Pietro Aretino che, nonostante apprezzi largamente il lavoro di Tintoretto ne critica la fretta e l’approssimazione stilistica. Tale ansia che il Tintoretto manifesta nell’approssimazione e nella continua ricerca di lavori da eseguire, è data dal forte desiderio di crescere stilisticamente e lo fa seguendo lo stile di quei pittori che secondo lui sono meritevoli di studio. Non si tratta di congetture dettate dal comportamento che abbiamo appena descritto, i segni di questo modo di inseguire se stesso citando i grandi pittori nel tentativo di trovare la sua strada è chiaramente visibile nel Miracolo dello Zoppo dipinto per la chiesa di San Rocco dove è palese il riferimento stilistico a Pordenone.

Nonostante questa sorta di camaleontismo, Tintoretto si distingue dai vari pittori dai quali attinge grazie alla sua pennellata veloce e lineare, lasciando che l’ispirazione non sia altro che ispirazione atta a stimolare la creatività. La sperimentazione di Tintoretto non si limita alla ricerca stilistica, ma anche dei supporti, infatti le sue tele, prevalentemente in lino, presentano trame differenti mentre le imprimiture sono create con uno strato sottile di colla e gesso (di suo comune nella pittura su tavola). L’attenzione e la cura dell’uso della luce è data dagli studi che esegue attraverso l’utilizzo di modelli in cera del quale il suo studio è pieno.

Voci storiche raccontano che entrare nello studio di Tintoretto all’imbrunire poteva spaventare chi non era pronto a trovarsi circondato dai suoi modelli disposti ovunque, alcuni dei quali sono appesi a delle corde. All’occorrenza li prendeva per disporli su una superficie dove sistema delle candele per ottenere l’effetto desiderato. Durante lo studio in scala ridotta mette in conto anche il posizionamento del dipinto e in che modo la luce naturale incide su di esso. Si tratta di una parte del lavoro della quale prende coscienza con l’esperienza e nel corso degli ultimi anni di lavoro varia addirittura alcune sue peculiarità per poter esaltare al meglio le rappresentazioni. In questo caso troviamo il riscontro tangibile nei meravigliosi dipinti del Palazzo Ducale in cui i personaggi sono ben distinti, solidi, curati e la presenza delle loro figure viene esaltata da sfondi in prevalenza dorati.


Una particolare caratteristica del pittore è data dal fatto che nella realizzazione dei ritratti non sperimenta come nei cicli pittorici, tanto che i suoi lavori ritrattistici vengono definiti statici. L’insieme della metodologia di lavoro e ricerca di Tintoretto ne rendono molto difficile lo studio se si cerca di delineare un quadro stilistico dell’artista.
Possiamo però trovare una continuità stilistica dal 1547 al 1594 circa dove le opere realizzate, come ad esempio L’ultima cena, mostrano tutte la stessa corposità nel colore, una costante di varianti cromatiche ed una capacità compositiva vibrante.

Il quadro che lo rende celebre, il Tintoretto lo dipinge nel 1548, si tratta di San Marco che libera uno schiavo, un dipinto ad olio di 4,16m per 5,44m conservato alle Gallerie dell’Accademia. In quest’opera si iniziano a delineare quello che nell’età matura sono i punti forti del Tintoretto, infatti le figure, modellate su macchie dai colori intensi, si distinguono da quelle viste sino a questo momento per la loro solidità. Ed è grazie allo studio degli scorci e delle pose che fa assumere ai suoi personaggi che questi risultano all’occhio del fruitore vigorosi. un vigore che Tintoretto smorza e che ingentilisce grazie allo sfondo luminoso.

È molto probabile che per quanto riguarda la statuaria dei corpi Tintoretto si sia ispirato alla torsione dei corpi che Michelangelo introduce nel mondo della pittura. La sua voglia di perfezionamento stilistico lo porta a dipingere anche importanti soggetti di nudo, come ad esempio Susanna e i vecchioni, dove il corpo sensuale e vigoroso del soggetto femminile viene esaltato dalla forma, dalla posa e dalla luce.


È accettando la commissione per la decorazione di soffitto e pareti della Sala Grande della scuola di San Rocco che fra il 1575 ed il 1581 Tintoretto da vita al progetto artistico più imponente della sua vita. Per la realizzazione infatti crea ben 14 tele di grande formato e molte altre di formato ridotto. In questo periodo il pittore è nel pieno della sua consapevolezza artistica ed anche se molti dei temi sono già stati sviluppati nei lavori precedenti è qui che mette in atto tutte le malizie che negli anni lo hanno portato ad essere il primo pittore di Venezia. La luce gioca un ruolo fondamentale nel dare all’intero ciclo pittorico profondità ed esaltazione dei volumi. Si tratta di una luce radente ma sfolgorante che si muove su linee diagonali.