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Il X agosto è una poesia di Giovanni Pascoli dedicata alla dipartita del padre. Opera pubblicata per la prima volta il 9 agosto 1896.

Giovanni Pascoli – Liber Liber X agosto

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La poesia

San Lorenzo, io lo so perché tanto

di stelle per l’aria tranquilla

arde e cade, perché sì gran pianto

nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:

l’uccisero: cadde tra spini:

ella aveva nel becco un insetto:

la cena dei suoi rondinini.

Ora è là come in croce, che tende

quel verme a quel cielo lontano;

e il suo nido è nell’ombra, che

attende,

che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:

l’uccisero: disse: Perdono;

e restò negli aperti occhi un grido

portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,

lo aspettano, aspettano invano:

egli immobile, attonito, addita

le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi

sereni, infinito, immortale,

oh! d’un pianto di stelle lo inondi

quest’atomo opaco del Male!

L’analisi

La poesia è composta da sei quartine di decasillabi e novenari, le rime sono alternate secondo il tradizionale schema AB-AB, si tratta di sei strofe, ognuna di quattro versi. L’opera si basa su un gioco di analogie in cui i vari elementi citati sono legati: in particolare vi è una corrispondenza tra l’uomo e la rondine (la rondine muore come il padre del poeta e non fa ritorno al nido) e tra le stelle cadenti e il pianto (come il cielo piange, così anche gli uomini piangono di fronte alle disgrazie).  Ovviamente si tratta di un componimento autobiografico: viene narrata la morte di Ruggero Pascoli con trasporto e dolore.

Il giallo dietro la morte del padre di Giovanni Pascoli

Ruggero Pascoli era amministratore della tenuta La Torre e assessore comunale di Savignano di Romagna, dove viveva con la moglie e i dieci figli. Venne assassinato ufficialmente da ignoti mentre stava tornando da Cesena. Fu raggiunto da una fucilata sparata da un sicario. Era sul carretto quando morì: il cavallo proseguì, mentre lui cadde a terra ormai senza vita. L’omicidio avvenne il 10 agosto 1867.

In quel periodo erano molti gli episodi di brigantaggio e ciò che era accaduto venne riconosciuto come tale. Tuttavia, i concittadini di Ruggero erano fermamente convinti che si trattasse invece di un episodio legato alla malavita. Il suo ruolo alla tenuta dei principi Torlonia poteva aver ostacolato qualcuno di importante al punto da commissionarne la morte. Una sorta di avvertimento mafioso. Il delitto rimase impunito perché non vi erano testimoni o meglio, perché nessuno volle farsi avanti. Questo muro di omertà portò all’archiviazione da parte della magistratura. Il figlio Giovanni cercò da solo di indagare su quanto accaduto e accusò Pietro Cacciaguerra di essere il mandante. Secondo il poeta, i due avevano avuti dissidi legati ad interessi comuni che potevano giustificare un atto del genere.

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