Scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk, “Squid Game” è la serie che sta spopolando su Netflix. Nove episodi in cui un gruppo di persone mette a rischio la propria vita per tentare di vincere un ricco montepremi. Halloween appena passato ha visto negli States, invece dei soliti fantasmi e streghe, un gran numero di tute verdi, qual è il motivo di tanto successo?
Che cosa non è Squid Game
Purtroppo, oggi, alle porte del 2022 non possiamo dire che Squid Game sia una serie innovativa. Infatti per chi conosce il cinema coreano ha perfettamente chiaro come in questo frangente venga dedicata una grande attenzione a: empatia, al dramma umano, al divario tra classi sociali e al miraggio di una vita migliore. Esempi pluripremiati da questo punto di vista sono film come Old Boy, film del 2003 diretto da Park Chan-wook e il più recente Parasite classe 2019 e diretto da Bong Joon-ho.
Non si tratta nemmeno della prima serie che la stessa Netflix propone e che vede affrontare la tematica dell’estremizzazione del gioco e della svalutazione della vita. In tal senso, per regia e non solo le è nettamente superiore Alice in Bordeland uscita sulla piattaforma nel 2020.
Perché ha preso così piede?
Squid Game oggi funziona perché finalmente la popolazione mondiale è emotivamente allineata con con l’opera di Hwang Dong-hyuk. Pandemia, restrizioni, impossibilità di soddisfare i propri bisogni e l’assenza di libertà dettata da un volere più alto. La morte che arriva invisibile e coglie di sorpresa senza avvisare prima chi sta per colpire.
Questi sono gli eventi che hanno allineato il pubblico alla ricerca di un modo per elaborare gli eventi. Squid Game è un modo facile per elaborare tutto quello che l’umanità ha dovuto affrontare, in che modo? Attraverso una chiave di lettura molto infantile, o meglio attraverso degli input che sono strettamente legati all‘infanzia, ed è questo il motivo per il quale sono proprio i più giovani a volerne fruire.
Le sfide
Le sfide sono per lo più suddivise in squadre, anche se gli organizzatori si divertono a destabilizzare gli equilibri interni ad esse con giochi che li vedono anche gli uni contro gli altri anche all’interno della stessa quadra. Quasi a ricordare loro che il premio è destinato all’unico superstite.
I partecipanti, ben 455, si trovano a vivere l’esasperazione di giochi tradizionali legata all’infanzia, come ad esempio: tiro alla fune, biglie, ponte tibetano, un due tre stella.
La scelta cromatica e le luci si sposano proprio con questa sensazione di gioco infantile e che, in una circostanza diversa, risulterebbe stucchevole. Mentre in questo caso è perfetta perché enfatizza il contrasto fra chi ha organizzato i giochi per sfuggire alla noia e i giocatori che vivono nel terrore.
Bambola di "Un due tre stella"
Oh Il-nam
Un nome: Oh Il-nam, interpretato da Yeong-su, è la chiave di lettura di tutti e nove gli episodi. L’unico che avrebbe voluto vedere le cose andare diversamente e poteva anche succedere davvero, perché il gioco ha una regola: si può mettere fine a tutto in qualunque momento, a patto che il montepremi accumulato venga distribuito in modo equo alle famiglie di chi è deceduto durante le sfide. La salute di questo personaggio degenera con il protrarsi del gioco, la malattia che consuma il suo corpo è simile a quella che i giocatori infliggono al proprio equilibrio mentale ostinandosi a giocare. Le sue parole hanno sempre un significato che va oltre il presente che stanno vivendo nel gioco portando ad una riflessione più amplia il telespettatore.
Fuori tempo
È un vero peccato che l’idea di Squid Game di Hwang Dong-hyuk non sia stata appoggiata nel 2008, vero anno di concepimento del progetto. Non si vive di se e di ma! Ma: nel 2008 sì che si sarebbe potuto parlare di fenomeno, di serie da vedere accompagnati dai genitori. Un effetto del tipo: “Chi ha ucciso Laura Palmer”, mantra degli anni novanta. E così come le serie nate dal fenomeno Twin Peaks arrivano a toccate una qualità del calibro di L’Alienista o il più mainstream, anche se ormai storico, X-Files. Chissà le figlie nata da uno Squid Game 2008 come sarebbero oggi.
Ma la verità è che senza pandemia questa serie non sarebbe stata capita da molti nemmeno oggi, come in effetti succede dato che c’è chi ne vede solo il lato violento al posto dell’inno alla vita che Oh Il-nam avrebbe voluto vedere nascere.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.