La clamidia è una delle principali infezioni sessualmente trasmessa. A causarla è un batterio noto come Chlamydia trachomatis.
Nelle prossime righe, vediamo quali sono i sintomi, come si cura e cosa bisogna fare per prevenirla.
Sintomi
La clamidia, di frequente, è una condizione silente. Capita spesso, infatti, che chi ha contratto l’infezione si accorga della situazione quando il quadro è già di natura acuta.
Esistono dei piccoli segnali a cui fare attenzione e grazie ai quali è possibile ridurre i tempi della diagnosi. Tra questi, è possibile citare l’insorgenza, una volta conclusi i giorni del flusso mestruale, di perdite ematiche (dato che si tratta di un sintomo associabile ad altre condizioni che meritano attenzione medica, se vuoi saperne di più consulta l’articolo sulle perdite ematiche dopo il ciclo).
Nelle donne, una manifestazione clinica molto comune è l’insorgenza di perdita vaginali mucose filanti. Oltre al sanguinamento, si può parlare di una fastidiosa sensazione di irritazione e, in alcuni casi, del palesarsi di quadri di uretrite.
Quest’ultima problematica è un sintomo molto comune tra gli uomini (i numeri sono comunque più bassi rispetto a quelli del sesso femminile). I pazienti di sesso maschile che contraggono la clamidia possono avere a che fare pure con prurito, irritazioni, secrezioni e dolore ai testicoli.
Dal momento che la clamidia si può trasmettere anche tramite rapporti anali non protetti, tra i sintomi che devono far pensare alla sua insorgenza è possibile includere la proctite.
Nei frangenti in cui, invece, il canale di trasmissione è stato un rapporto orale, l’insorgenza di quadri di faringite dovrebbe mettere in allarme.
Come si diagnostica
Da trattare tempestivamente onde evitare il palesarsi di complicanze gravi – nelle donne, per esempio, un quadro di clamidia non trattato può causare ascesso pelvico – l’infezione oggetto di queste righe viene diagnosticata ricorrendo a test di laboratorio molecolari.
La procedura appena menzionata vede il suo cuore pulsante nell’amplificazione degli acidi nucleici. Il test in questione è molto versatile: consente, infatti, di riscontrare, quando presenti, quadri di clamidia analizzando sia i tamponi vaginali, sia quelli endocervicali, rettali e orali, senza dimenticare le urine.
In caso di esito positivo, è opportuno invitare il paziente a contattare i propri partner recenti, così da testare anche loro il prima possibile.
Nell’eventualità di un risultato positivo, si raccomanda sia al paziente sintomatico e inizialmente testato, sia al/ai partner, di sottoporsi al test per l’HIV.
Come si cura
Il gold standard per la cura della clamidia è una cura antibiotica personalizzata, con medicinali scelti dal medico sulla base della situazione clinica del singolo paziente. Nei casi di infezione meno complicati, quasi sempre si ricorre alla somministrazione di azitromicina o doxiciclina.
Concluso il trattamento, a prescindere dal quadro di partenza è consigliato, sia nelle donne, sia negli uomini, procedere a un nuovo test dopo 3 mesi.
Un caso particolare è quello della donna in gravidanza. In questo frangente, una volta conclusa la terapia è il caso di procedere già dopo quattro settimane a un nuovo test.
Fattori di rischio come la promiscuità intima della gestante comportano, da parte dei sanitari, la ripetizione di un ulteriore esame nel corso dell’ultimo trimestre di gravidanza.
Prevenzione
La principale soluzione preventiva quando si parla di clamidia è il ricorso al preservativo nei rapporti occasionali, con i partner con cui si ha una relazione iniziata da poco e in tutti i casi in cui non si ha l’assoluta certezza dello stato di salute della persona con cui si intrattengono rapporti sessuali.
Da non dimenticare è, inoltre, l’importanza di evitare rapporti durante la terapia. Si evita in questo modo di vanificarne gli effetti.
Se si è sessualmente attivi anche in una relazione monogama, è sempre consigliabile sottoporsi a controlli regolari dal ginecologo o dall’andrologo.