Dalle foto ricordo ai selfie: com'è cambiato il ruolo della fotografia

Dalle foto ricordo ai selfie: com’è cambiato il ruolo della fotografia


Si ritiene che la prima impressione di un’immagine su carta risalga al 1790-1791. Una scoperta destinata a cambiare il mondo, a dare una forma, un peso e una dimensione ai nostri ricordi.

Scatti macchinosi e ingombranti

Erano necessari strumenti ingombranti, tempi lunghi e sostanze chimiche ricercate come il cloruro d’argento. Era l’inizio. Con il passare del tempo le procedure si sono semplificate, i dispositivi sono diventati sempre più sofisticati e veloci e la spesa si è ridotta quasi a zero. Il telo nero sulla testa del fotografo e quella specie di scoppietto che accompagnava lo scatto, procedure che molti di noi conoscono solo per averle viste in qualche film, sono un ricordo molto lontano, così come l’emozione di andare a ritirare le foto delle vacanze ridendo poi di quelle sovrapposte, perché qualcuno aveva dimenticato di “tirare avanti” la pellicola.

Solo per le grandi occasioni

Tenere la macchinetta tra le mani avvicinando l’occhio a quel piccolo quadratino trasparente era un ingrediente delle giornate importanti. Solo nelle grandi occasioni si viveva l’emozione di sentire quel “click”. Per le comunioni, le vacanze, i matrimoni o le gite scolastiche, per gli eventi che non dovevano essere dimenticati. Ora sfioriamo il display centinaia di volte al giorno, fotografiamo tutto quello che attira la nostra attenzione ma molto più spesso quello che pensiamo possa attirare l’attenzione altrui.

Un altro obiettivo

Le foto dei nostri nonni erano frammenti di verità strappati al logorio della memoria. Le foto di oggi invece, cosa sono? Perché ci piace così tanto scattare? Non sono certo tutti eventi memorabili, non sono certo tutte occasioni speciali. Potremmo trovare in questo desiderio di immortalare ogni istante l’ottima considerazione dell’unicità di ognuno dei nostri giorni, ma, all’evidenza dei fatti, spesso il movente che ci fa sfiorare lo schermo non è questo. Non teniamo le nostre foto per noi. Non le mettiamo nel diario e non le appendiamo al muro, nella maggior parte dei casi le esponiamo nella vetrina universale dei social sottoponendole a pollici più o meno benevolenti. L’obiettivo si è girato verso di noi, ma è per noi che scattiamo? O per gli altri? Forse per ottenere un ritorno in termini di gradimento. Proprio la necessità di questa approvazione sta spingendo una buona parte del popolo dei social a catturare immagini che possano trasmettere un messaggio non proprio corrispondente alla verità del momento. Siamo arrivati a cambiare la verità per migliorare la foto. Da strumento per conservare un momento della vita. Da cellula della verità, la foto diventa motivo per modificarla. Così ci dedichiamo centinaia di selfie, truccandoci o vestendoci appositamente per lo scatto, costruendo sfondi e scenari. Così la foto diventa mezzo e scopo, la foto è l’obiettivo.

La potenza delle immagini

La potenza delle immagini sembra aumentare d’intensità con il passare dei giorni. Le foto fanno la pubblicità, fanno la nostra presenza nella società, buona parte della nostra autostima. Sono nate nuove professioni basate esclusivamente sulla fotografia, si scattano foto nei locali, foto ai piatti degli chef, alle unghie, alle pettinature, a prodotti, a persone, a persone che indossano prodotti. Lontano il senso di poesia, di nostalgia, quell’intimo sentimento di attaccamento e di affetto per le giornate più belle, il tentativo di strapparle all’inesorabile tramonto di ogni giorno. Si scatta per passione, si scatta per lavoro, si scatta per hobby e per documentare la verità.

La facilità di catturare un’immagine ci ha reso la vita più semplice sotto molti punti di vista, spesso la utilizziamo per dimostrare la verità, per mostrare qualcosa che non riusciamo a spiegare, in alternativa a un taccuino per annotare qualcosa. Da una breve ricerca sul web risulta che nel 2019 sono state scattate nel mondo più di 1.30 triliardi di foto e la cifra è sicuramente destinata a crescere. Ora domandatevi quanti momenti siete riusciti a vivere liberi dalla necessità impellente di prendere in mano il cellulare e scattare una foto, controllando poi il numero dei pollici in alto o dei cuoricini rossi.

Quante volte i vostri occhi hanno gustato un momento senza il filtro di un obiettivo? La magia della fotografia, la potenza delle immagini è uno strumento importante, un mezzo di comunicazione efficace e immediato, proprio per questo tornare alle sue origini, alle foto studiate per ore, forse per giorni con il solo scopo di traghettare un sentimento, alle foto conservate come preziose tessere di vita, a quelle fortunate capaci di catturare verità lontane che altrimenti non avremmo mai potuto conoscere, potrebbe essere una forma di rispetto per quella che rimane una delle più vivide forme dell’arte.