Tina Bassi: l’avvocata che rese giustizia alle donne

Tina Bassi: l’avvocata che rese giustizia alle donne

Fonte della foto: DiLei

Il 4 marzo 2008 si è spenta l’avvocata Tina Bassi, famosa, nei suoi ultimi anni, per essere uno dei giudici del programma televisivo “Forum”. Fu una donna estremamente forte e decisa, ma forse non tutti sanno che fu anche la prima avvocata a schierarsi in campo aperto a favore delle donne nei processi per violenza sessuale. Andiamo con ordine.

La vita di Tina Bassi

Tina Bassi

Fonte della foto: Unione forense per la tutela dei diritti umani

Il suo vero nome era Augusta Bassi. Nacque a Milano il 2 giugno 1926 e si laureò in giurisprudenza all’Università di Genova. Una piccola curiosità: agli inizi della sua carriera fece amicizia con Fabrizio de André.

Ottenne la cattedra di Diritto della Navigazione presso l’Università di Parma e si sposò con Vitaliano Lagostena, da cui prese il cognome, com’era costume all’epoca: dentò così Tina Lagostena Bassi. Insieme al marito, Tina Bassi fondò uno studio legale a Genova nel 1971, per poi trasferirlo a Roma due anni dopo.

Fu un’avvocata estremamente agguerrita sui diritti delle donne. Questa sua ideologia fu posta bene in evidenza nel processo sul Massacro del Circeo, in cui aveva difeso la vittima superstite Donatella Colasanti, e sul docufilm “Processo per stupro”, girato e trasmesso in TV dalla RAI. Il suo impegno sui diritti delle donne fu tale che fu tra i membri fondatori del Telefono Rosa.

Negli anni Novanta prese parte alla politica italiana, diventando Presidente della Commissione Nazionale parità e pari opportunità uomo-donna nel 1994 e rimanendo in carica per un anno.

Lavorò molto sui diritti delle donne e in televisione a “Forum”, fino a quando non morì a Roma per un’emorragia cerebrale.

Il “Processo per stupro”

“Processo per stupro” è un docufilm che riprende un processo per uno stupro ai danni di una ragazza di diciotto anni da parte di quattro uomini, fu realizzato nel 1979 da sei giovani professioniste televisive: Loredana Rotonfo, Tony Daopulo, Paola De Martis, Annabella Miscuglio, Maria Grazia Belmonti e Anna Carini. L’idea di questo documentario nacque quando, durante un convegno internazionale sulla violenza contro le donne, venne portata alla luce la palese ingiustizia nei confronti delle donne. Infatti, qualunque fosse la nazione, la tendenza era sempre la stessa: in un processo in cui un uomo era imputato per stupro, chi veniva trattata da colpevole era regolarmente la vittima.

Il documentario suscitò un enorme scalpore: Tina Bassi era l’avvocato dell’accusa e dovette difendere l’imputata, chiamata semplicemente Fiorella per tutelarne da privacy, dalle insinuazioni degli avvocati della difesa. La ragazza stuprata, infatti, aveva subito un oltraggioso interrogatorio in cui erano state messe in discussione la sua dignità e la sua integrità morale. Fu come se eventuali suoi atteggiamenti “poco consoni” potessero essere una scusante per una violenza sessuale.

La conclusione del processo e i suoi risultati

Gli sforzi di Tina Bassi portarono il processo a un verdetto di colpevolezza dei quattro imputati, anche se la pena non fu commisurata al reato: tre imputati furono condannati a un anno e otto mesi di reclusione, mentre il quarto a due anni e quattro mesi. Tutti e quattro beneficiarono della libertà condizionale e furono subito rilasciati.

Nonostante questo, però, il lavoro di Tina Bassi e delle sei operatrici misero finalmente in evidenza la bieca ipocrisia che spesso sta dietro ai processi per violenza sessuale. In questo modo permisero, poco per volta, un trattamento più equo. Non siamo ancora al punto in cui, in uno stupro, il colpevole è sempre e solo lo stupratore nel momento stesso in cui viene accertata la sua colpevolezza, ma c’è senz’altro una maggiore consapevolezza dei diritti delle vittime.

Per questo motivo, a Tina Bassi possiamo dire solo una parola: Grazie.