Fonte dell’immagine: Journal of Human Evolution
Riparo del Broion, una grotta localizzata sul versante sud orientale dei Colli Berici, sul Monte Broion, in zona Lumignano di Longare (VI). In questa cavità-inghiottitoio di tipo carsico si scava dal 1951; oggi, è una stazione preistorica che rappresenta una delle successioni più complete per la cronostratigrafia del Quaternario nel nord Italia, grazie alla presenza di reperti paleontologici e paleoetnologici risalenti ad un arco di tempo compreso tra il Riss recente (circa 200.000 – 130.000 anni fa) e la chiusura dell’ultimo interglaciale (circa 15.000 anni fa).
È qui, immersi tra i colli e le rocce beriche, che i ricercatori dell’Università di Ferrara e dell’Università di Bologna hanno ritrovato un dente da latte, un canino superiore destro, appartenuto ad un bambino di Neanderthal di circa 11-12 anni, vissuto approssimativamente tra i 48.000 e i 45.000 anni fa. Forse uno degli ultimi della sua specie e che potrebbe rivelarsi un ulteriore elemento chiave per comprendere la progressiva scomparsa dei Neanderthal a livello europeo, tema bollente nel dibattito scientifico internazionale attuale: nonostante gli studi siano ancora in corso, le analisi genetiche hanno già rivelato come il bambino (o bambina) fosse strettamente imparentato da parte materna con altri Neanderthal vissuti in Belgio alcuni millenni dopo.
Stefano Benazzi, ricercatore, afferma difatti che “Questo dentino è fondamentale, in quanto è stato perso in vita da un bimbo neanderthaliano in Veneto, mentre nello stesso momento, a mille chilometri di distanza in Bulgaria (Bacho Kiro) era già presente Homo sapiens, come dimostrato da alcuni recenti articoli di coautori di questo lavoro”.
I dati mostrano inoltre un uso continuativo del sito, e segni di caccia e macellazione di grandi prede. Come spiega Marco Peresani dell’Università di Ferrara, “La produzione di strumenti, soprattutto in selce, mostra una grande capacità di adattamento e lo sfruttamento sistematico e specializzato di tutte le materie prime disponibili”.
La scoperta è avvenuta nel 2018 e i risultati dei relativi studi, condotti con metodi virtuali e altamente innovativi, sono stati pubblicati nell’Ottobre 2020 (vol. 147) all’interno del prestigioso Journal of Human Evolution. Un ritrovamento straordinario, considerando che si tratta non solo del il primo resto umano mai ritrovato sul Broion, ma anche di uno dei più recenti rinvenimenti di tipo Neanderthal dell’intera penisola. Secondo le parole di Matteo Romandini, primo nome a firma della pubblicazione, “Il lavoro è frutto della sinergia di diverse discipline e specializzazioni, quali l’archeologia preistorica di campo ad alta definizione tecnologica, che ha permesso il ritrovamento del dente, e gli approcci virtuali all’analisi morfologica, la genetica, la tafonomia e le analisi radiometriche, grazie alle quali è stato possibile attribuire questo resto a un Neanderthal così recente”.
Fonte dell’immagine: Università di Ferrara
Le ricerche sono state svolte anche grazie alla collaborazione con i Dipartimenti di Evoluzione Umana e di Genetica del Max Planck Institute in Germania, con l’Oxford Radiocarbon Accelerator Unit dell’Università britannica, con il DANTE Laboratory dell’Università la Sapienza e il Bioarchaeology Service del Museo delle Civiltà di Roma. L’indagine nasce all’interno del progetto europeo ERC-SUCCESS incentrato sull’arrivo degli Homo sapiens in Italia e sul primo incontro con i Neanderthal nella Penisola; in altre parole, uno studio della fase di transizione tra uomo moderno e uomo di Neandertal, con lo scopo di comprendere quando la nostra specie sia effettivamente giunta nell’Europa meridionale, i processi che ne hanno favorito il successo adattivo e le cause che hanno portato all’estinzione dei Neanderthal. Un lavoro guidato da Stefano Benazzi dell’Università di Bologna e a cui collabora dal 2017 anche il Dipartimento di Studi Umanistici di Unife.
Le ricerche a Riparo del Broion, iniziate nel 1998 dal Prof. Alberto Broglio di Unife, sono condotte sotto la direzione scientifica di Matteo Romandini e Marco Peresani, grazie alla concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e al supporto di Regione Veneto, Comune di Longare (VI), Fondazione Leakey, Fondazione CariVerona, Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, e del sopramenzionato progetto europeo ERC-SUCCESS.
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