Tra mura in pietra viva che richiamano un trasognato paesaggio antico, nel comune di Guarcino, a piazza Umberto I, si staglia la statua di un tal Malpensa. Nello stesso luogo, un po’ più discosta, c’è poi un’altra statua, dedicata a Bonetto Floridi.
Questi due piccoli monumenti non hanno nulla in comune tra di loro se non il fatto di essere la testimonianza di un medesimo senso di resilienza e coraggio che hanno forgiato e consacrato il destino di una comunità incrollabile. Un guerriero incarna la prima delle due bronzee sculture, che nel 1186 si fece autore di un’impresa epica, combattendo e difendendo la città dalla minaccia dell’esercito di Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Il secondo, invece, è un nobile guarcinese del XII-XIII secolo che prese parte all’ottava crociata in qualità di console e fu capitano delle vincenti milizie guarcinesi nella guerra contro Fiuggi.
Tutt’intorno, all’ombra di tali simulacri, l‘urbe si dirama attraverso i resti di una tangibile testimonianza del passato che trova origine e ragion d’essere proprio nei cimeli eternamente adagiati nel centro cittadino, richiamando una necessità incipiente. Fondata dagli Ernici intorno all’VIII secolo a.C. con il nome Varcenum, a seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente la città fu costretta a fortificarsi innalzando torri di avvistamento e difese militari al fine di respingere le incursioni dei Longobardi e dei Saraceni. Il segreto della sua resistenza risiedeva nell’utilizzo di sistemi difensivi innovativi rispetto al passato.
Punto di passaggio fondamentale fin dalla sua fondazione e attraversato da acque dalle grandi proprietà curative, questo borgo dell’alta Ciociaria sorge ai piedi dei Monti Ernici; la particolarità del suo patrimonio naturale lo ha reso nel corso del tempo un’ambita meta per eremiti e cammini spirituali. Qui vi passò San Benedetto, e Sant’Agnello vi si ritirò restando per ben sette anni in una delle grotte presenti sui monti circostanti, divenendone poi il Santo Patrono. A testimoniare questo lascito tradizionale e storico-culturale è la famosa processione che si svolge, ogni anno, il 14 dicembre e l’ultima domenica di agosto.
L’impronta medievale ripercorre in maniera palpabile una parte del tessuto urbano, dando a chi lo attraversa l’illusione di vivere nel passato. Viuzze e angiporti, saliscendi e archi disegnano la città avvolgendola in un alone di immortalità; alcuni palazzi anneriti da incendi dolosi testimoniano una sofferenza latente mossa da lotte infinite. Alatri, Fiuggi e le altre comunità circostanti hanno dovuto riconoscere, nel corso dei tempi, la supremazia di una civiltà che ha sempre avuto un ruolo di prim’ordine nell’organizzazione geopolitica della regione: durante lo Stato Pontificio godeva infatti dello status di libero comune e nei secoli successivi non ha mai perso la sua autorevolezza.
Varcando la soglia del borgo passando per il Bastione di Via del Torrione, è già possibile osservare la testimonianza di un passato renitente: il Palazzo di giustizia, con i suoi portali gotici e le bifore, accoglie avventori noti e sconosciuti; sullo sfondo, la cupola di un’antica chiesa orienta dall’alto la ripida scalinata che conduce a piazza San Nicolò, fulcro religioso della cittadina, adornata da una fontana del 1789 e da una schiera di palazzi multicolori rivestiti in pietra. Poco distante da qui si trova Palazzo Patrasso, dimora occasionale di Papa Bonifacio VIII, il cui portico è una grande testimonianza dell’architettura medievale, e i segni indelebili presenti lungo le sue pareti dimostrano le lunghe e innumerevoli guerre affrontate nel corso dei secoli. Passando per il rione Camelotta, zona famosa per la presenza di numerosi archetti e vicoli pittoreschi, si arriva a piazza Sant’Angelo, dove si trova la chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, un antico complesso monumentale contenente al suo interno affreschi del 1200, che di inverno, ricoperta dalla neve, regala una suggestiva visione paesaggistica. Proseguendo per Via delle Piagge, si arriva all’anima medievale del borgo, nei cui luoghi ancora riecheggiano rumori e profumi antichi: il mosto delle cantine, il raglio dei muli e gli zoccoli dei cavalli rappresentano un mondo che resiste all’avanzare del tempo.
Guarcino è una realtà versatile che unisce antico e moderno, è il punto di contatto tra la capacità di preservare tradizioni senza tempo e l’abilità ad adattarsi alle contingenze esterne. Dei suoi luoghi, vale la pena visitare: il Parco della Rimembranza, in onore dei decaduti della Grande Guerra; il Parco Fonte Filette, dove si trova una delle fonti più preziose della Ciociaria, circondata da sentieri e luoghi idilliaci; il giardino della splendida Villa Celani. Famoso è anche lo snowpark di Campocatino, l’unica vera struttura di tal genere presente nel Lazio. La zona, inoltre, è piena di monumenti archeologici: sulla Via Sublacense, ai confini con Trevi, si trova l’omonimo arco, uno dei più antichi della regione e risalente probabilmente al III secolo a.C.
Sempre lungo questa via, nei pressi degli altipiani di Arcinazzo, si trova la Villa romana di Calpurnio, probabilmente un edificio termale con pavimenti in mosaico a tasselli bianchi e neri del II secolo d.C.
Tra i paesaggi naturali, meritano menzione le sorgenti del fiume Cosa, che percorre la Valle dell’Agnello dove si trova anche l’eremo del Santo, e il Sentiero dei Fiori dei Monti Ernici, che regala una vista meravigliosa sull’intero Appennino centro-meridionale.
Infine, in appendice a una descrizione di certo non esaustiva, la gastronomia guarcinese offre tante specialità: dal prosciutto di montagna all’Amaretto – un dolce tipico del luogo a base di mandorle, zucchero semolato, albume d’uovo e ostia – agli involtini Abbotì, al Serpentone natalizio. Chiudono l’elenco l’Acqua Filette, esportata in tutto il mondo, e il famoso Caffè Campetelli, tostato con legna d’ulivo.
La popolazione non è indifferente a tutta questa ricchezza, e ogni anno non perde occasione per ricordarne la grandezza attraverso feste e commemorazioni. Ancora oggi, infatti, il popolo guarcinese rammenta le gesta di Malpensa che, in un duello con uno dei soldati di Enrico VI, riuscì a dispensare la sua patria da razzie e saccheggi. La sua statua è stata realizzata nel 1986 da Angelo Canevari in occasione degli 800 anni dall’eroico evento della Disfida dell’eroe.
Mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Napoli \”Federico II\” e in seguito ho realizzato varie esperienze di studio e di lavoro all’estero (Egitto, Francia, Spagna). Tornato in italia, ho inizato a specializzarmi nel settore della scrittura e dell’editoria. Dopo aver collaborato per un breve periodo con la casa editrice Einaudi, mi sono trasferito a Parigi, dove vivo tutt’ora. Al momento collaboro con la casa Editrice Italo Svevo Edizioni in qualità di Responsabile di progetti di coedizione internazionale, occupandomi di curare i rapporti con alcune case editrici francesi e di altri paesi europei ed extraeuropei. A partire dal mese di settembre 2020 scrivo per Hermes Magazine, di cui sono anche responsabile della sezione libri.