Galateo, esiste ancora come stile di vita?

Galateo, esiste ancora come stile di vita?

Siamo giunti alla terza puntata di questo meraviglioso pacchetto d’istruzioni per vivere nel garbo e nel rispetto innanzitutto di noi stessi, prima che del prossimo. Perché l’immagine che diamo di noi ci identifica nel mondo e se vogliamo renderlo migliore, partiamo esattamente da lì.

Il linguaggio

Dopo i precedenti articoli sul galateo nell’abbigliamento e nelle presentazioni, in questo, lo analizzeremo nella comunicazione.

Il nostro modo di parlare la dice lunga su di noi, sulla nostra cultura, sull’attenzione che prestiamo alle tendenze del momento, sulla nostra libertà intellettuale e anche sulle nostre frequentazioni.

Parlare svela dunque chi siamo e ad un’analisi più attenta, l’utilizzo di inflessioni particolari, di ripetizioni ossessive, o la o ancora, l’utilizzo di citazioni di anglicismi, di alcuni vezzi ed errori, o l’uso dei proverbi in latino o del tu in modo sbagliato, o del turpiloquio possono incidere sul giudizio che l’altro immediatamente si fa di noi. Quindi, diamo uno sguardo a questi aspetti per capire come correggerci, o se siamo in perfetta sintonia con le buone maniere.

Ripetizioni ossessive

Le regole del Galateo dicono che inframmezzare ogni frase con “praticamente”, “evidentemente”, o “come dire” non rende giustizia alla nostra intelligenza. Se i primi due sono fastidiosi, l’ultimo è talmente snob che spesso si accompagna a un mezzo sorriso compiaciuto da parte di chi lo pronuncia.

Anglicismi

Il Galateo dice che infarcire un discorso di parole straniere non dà lustro a chi parla, ma è stucchevole soprattutto se esiste una parola italiana che rende perfettamente ciò che si desidera esprimere. L’uso di termini anglofoni, se può essere ammesso negli ambienti di lavoro, è caldamente sconsigliato in tutte le altre situazioni. Attenzione anche alle storpiature che nascono da una cattiva traduzione.

Un esempio: gli inglesi dicono ” to play a role“, espressione che è entrata nel nostro vocabolario soppiantando il “rivestire un ruolo”, ma letteralmente in italiano si sta dicendo che “un ruolo si gioca.” Certamente è più esatto esprimersi secondo i significati della propria lingua.

Vezzi ed errori

Secondo il Galateo è bene evitare nella comunicazione alcuni vezzi linguistici che cambiano con la moda del momento e che , invece, sono sulla bocca di tutti, a sproposito, per un certo periodo. Esempi sono: “basito“, concludere un elenco con “quant’altro” o abusare nell’uso di “piuttosto che“, spesso usato erroneamente non come forma che esclude altri termini di paragone, come dovrebbe essere, ma come alternativa che implica uguaglianza.

Altro vezzo da bandire è la parola “attimino” : un attimo è un attimo e non ha frazioni più piccole.

Così come è assolutamente da evitare l’impulso a involgarire una frase con “quello che è“:  “adesso vi spiego quello che è il vantaggio di sottoscrivere questa polizza” Così dicendo l’unica cosa che salterà all’occhio di una persona attenta sarà la scarsa dimestichezza con l’italiano e un certo subdolo desiderio di ingannare il prossimo.

Latinorum

Non è bene abusare con l’uso dei proverbi latini se non si è assolutamente certi del loro significato. Altresì sarà cortese non inorridire se qualcuno conclude un discorso con “dulcis in fundus“, perché magari suona bene.

Turpiloquio

Secondo il Galateo parlare in modo offensivo e volgare facendo ricorso a parolacce e bestemmie dice di noi molto più di quanto immaginiamo. La bella ragazza che aprendo bocca si esprime come uno scaricatore di porto, annebbia la sua grazia. L’uomo elegante che si esprime a suon di parolacce come fosse un normale intercalare, perde ogni fascino.

Qualsiasi persona, in qualsiasi occasione, tenga presente che dire parolacce non è né moderno né segno di emancipazione, è semplicemente maleducato. Oltretutto è anche un illecito, punito con sanzioni amministrative fino a trecento euro per chi commette il turpiloquio in un luogo pubblico.

Spaccato sociale

Obiettivamente questo aspetto del Galateo è ignorato. Basta ascoltare i giovani a scuola, i professori che ostentano un linguaggio poco consono al ruolo che rivestono perché, dicono, vogliono essere al passo con i tempi, gli automobilisti nel traffico, i genitori esasperati, i colleghi stressati, i direttori autoritari – differenti dagli autorevoli – i bambini che giocano tra loro, che imitano, ovviamente. Nessuno escluso.

Al giorno d’oggi non si fa caso all’eleganza neppure in alcuni articoli di giornali perché la parolaccia diverte, alleggerisce, fa alzare gli ascolti o l’indice di lettura. Persino al cinema, in televisione, adesso anche in alcuni cartoni animati, forse, la parolaccia è sinonimo di modernità.

Magari avremmo bisogno di tacere un po’ di più tutti quanti!

L’uso del tu

Secondo il Galateo si dà del lei in tutte le situazioni formali, a meno che la persona più anziana non richieda espressamente di passare al tu. Si dà del lei ai vicini di casa, ai collaboratori domestici, ai custodi dei condomini, ai commessi nei negozi, ai genitori degli amici, persino ai suoceri. Si usa il lei anche al telefono con le persone che non si conoscono, anche se potrebbero, dalla voce, sembrare più giovani. Il tu è ammesso fra i coetanei, ma solo fino ai 30-35 anni.

Il linguaggio verbale e il linguaggio non verbale

Un aspetto essenziale nella comunicazione è il linguaggio non verbale, ossia quello del corpo.

È sicuramente predominante, come sapientemente illustra il breve filmato che segue, e per essere efficace deve conformarsi alle parole, perché dire bene ma esprimere altro con il corpo, può distorcere la nostra credibilità.

La comunicazione è l’aspetto principale che l’essere umano ha per intrecciare relazioni. Impariamo quella bella per stare meglio. Nel prossimo articolo parleremo, piccola anticipazione – per non usare anglicismi – dell’arte della conversazione.