Fonte foto: Exploring Umbria
Gubbio, definita come “città grigia” ha questo soprannome per il colore compatto e uniforme dei blocchi di calcare con cui è costruito, ma è anche conosciuta come la “città dei matti” o “dei ceri“, perciò scopriamo insieme ogni dettaglio.
Gubbio è uno degli insediamenti umbri più antichi, feudo dei Montefeltro e dei Della Rovere nel periodo delle Signorie, nei secoli ha conservato gelosamente il suo aspetto medievale riflesso sia nella fisionomia degli edifici che nella struttura delle strade. La cittadina è formata da cinque vie parallele situate a diversi livelli e collegate tra loro da gradoni, vicoli e scale; (ma esiste anche un moderno ascensore) può sembrare una struttura vagamente “labirintica” ma in realtà qui è veramente difficile perdersi. Vi proponiamo sei tappe da non perdere in un viaggio a Gubbio.
1. Piazza Grande
Piazza Grande è come un’enorme terrazza affacciata sulla campagna umbra. Cuore pulsante della città, da questo straordinario esempio di “piazza pensile” si gode uno splendido panorama sulla valle. Il luogo in cui sorge la piazza non è naturale, nel senso che non esisteva prima del 1300 quando si decise di costruire un palazzo pubblico in un luogo vicino a tutti i quartieri, come segno di equilibrio e rispetto per le diverse anime della città. Per fare questo, si trasformò questa zona di Gubbio in una piazza “sospesa” che si sostiene con gli archi che si possono ammirare dalla parte bassa di Gubbio. Piazza Grande è il luogo più amato dagli eugubini e dai turisti: qui si vive la vita quotidiana e si svolgono le più importanti manifestazioni civili e religiose della cittadina umbra. C’è infatti, un ricco via vai di passanti, turisti, musicisti…
2. Il palazzo dei Consoli
ll Palazzo dei Consoli è il segno tangibile della potenza della Gubbio del 1300 e del nuovo progetto politico-istituzionale che la città perseguiva. Costruito proprio nel centro della città il Palazzo domina Gubbio dall’alto dei sui 60 metri.
La facciata gotica, vero simbolo di Gubbio, si apre verso la piazza con le sue 6 finestre, la loggia panoramica e il “campanone” che da secoli detta i tempi del borgo. L’interno è molto suggestivo, con la grande Sala dell’Arengo, la cappella palatina, gli affreschi e gli arredi del piano nobile in cui si riunivano i Consoli. Il Palazzo dei Consoli ha un primato storico: è stato il primo palazzo italiano ad avere l’acqua corrente, tubature e servizi igienici, come si può ancora vedere nel corridoio segreto. Oggi il palazzo ospita il Museo Civico di Gubbio con una pinacoteca e una bella collezione di ceramiche. Il pezzo forte del museo sono le Tavole iguvine, sette tavole bronzee scritte in lingua umbra sul “recto e sul verso” che rappresentano oggi il documento più importante dell’Italia pre-romana e che raccontano con minuzia e particolari di una cultura e di un’economia fiorente e di un’intensa vita religiosa di questo importante centro italico.
Un’altra proposta è quella di immergersi nei vicoli e vicoletti di Gubbio che affascinano per la loro raffinata, antica eleganza dove si possono ammirare numerose botteghe di ceramica, un artigianato qui molto fiorente.
Il Palazzo Ducale detto anche Corte Nuova, fu fatto costruire da Federico da Montefeltro inglobando antichi edifici medievali trasformati in forme rinascimentali.
Il palazzo, quindi, è un’eccezione in un borgo che è rimasto prevalentemente medievale. Il Palazzo Ducale è composto da due corpi che guardano verso la valle e la montagna unite da un elegante e armonioso cortile centrale. Oggi ospita un interessante museo storico in cui però vi sono pochi arredi e soprammobili autentici.
4. Il Palazzo del Bargello e la Fontana dei matti
Il Palazzo del Bargello rivaleggia con il Palazzo dei Consoli e con quello Ducale per il titolo di costruzione più bella di Gubbio. Questo palazzo gotico del 1300 si sviluppa su tre piani ed è perfettamente conservato, soprattutto la bella facciata in conci (blocchi di pietra squadrata).
Il portone più grande dava accesso ai magazzini e alle cantine, quello più piccolo alle abitazioni dei piani superiori. A sinistra del portone grande c’è la “Porta del morto”, un elemento architettonico tipico dei borghi umbri e marchigiani. Una porta alta e stretta dalla quale secondo la leggenda si facevano passare le bare dei defunti. In realtà, probabilmente, queste aperture esterne mettevano in comunicazione, tramite una scala, la bottega del piano inferiore all’abitazione del piano superiore e di notte, per motivi di sicurezza, la scala era rimossa. Oggi il Palazzo del Bargello, che prende il nome dal capo della polizia di cui era la residenza, ospita il Museo della Balestra.
Di fronte al palazzo c’è la Fontana dei matti da cui discende l’appellativo di Gubbio come “città dei matti”. Secondo un’antica tradizione lo straniero che compie tre giri di corsa intorno alla fontana e accetta di essere bagnato con l’acqua diventa cittadino di Gubbio con il titolo di “Matto onorario di Gubbio”, inteso come persona ironica e scherzosa. Si ottiene dunque la Patente da Matto, un documento ufficiale che, per pochi euro, attesta la mancanza di sanità mentale. Ai nostri tempi è un documento indispensabile, che ne dite?
La Patente da Matto è un gadget molto popolare nei negozi di Gubbio. Tuttavia, la versione ufficiale è rilasciata dall’associazione “Maggio Eugubino”. Per ottenerla deve essere un eugubino doc a richiederla per il turista, versando un contributo all’associazione e indicando il nome del nuovo matto.
A Gubbio ci sono due chiese legate a episodi della vita di San Francesco e che portano il nome del Santo. La prima è la Chiesa di San Francesco in cui il santo di Assisi si rifugiò dopo essere scappato dalla casa paterna.
La seconda è la Chiesa di San Francesco dei Muratori (o della Pace) a cui è legato il famoso episodio del lupo: secondo il racconto, arrivato a Gubbio San Francesco trovò la città deserta perché gli abitanti avevano paura di un feroce lupo. San Francesco andò nei boschi per incontrarlo e gli si rivolse con queste parole: “Fratello Lupo, in nome di Dio ti ordino di non farmi male a me e a tutti gl’uomini”. Il patto tra San Francesco e il lupo prevedeva che il lupo non aggredisse più gli uomini che lo avrebbero sfamato e curato. La pietra su cui fu siglato il patto (usata come mensa per l’altare), la grotta in cui visse e la pietra della tomba in cui il lupo fu poi seppellito sono in questa chiesa visibili.
La Basilica di Sant’Ubaldo si trova sul Monte Ingino e per raggiungerlo bisogna prendere la funivia. In una piccola “gabbia” in cui entrano al massimo 2 persone, si sale per circa 500 metri sospesi nel vuoto e si può così godere di una vista panoramica eccezionale sui tetti di Gubbio e sulla campagna circostante al prezzo di 6 euro a persona andata e ritorno. Arrivati su, si visitano il bel chiostro e la chiesa a 5 navate, più volte rimaneggiate.
La Basilica di S. Ubaldo è importantissima per gli eugubini. Durante l’anno nella chiesa sono conservati i ceri simbolo della città: 3 strutture lignee alte fino a 4 metri, sulle quali vengono montate statue del patrono, Sant’Ubaldo appunto, e di altri santi. Così composti, i ceri arrivano a pesare fino a 287 kg.
Ogni anno, la prima domenica di maggio, i ceri sono trasferiti nel Palazzo dei Consoli. Il 15 maggio, durante una festa grandiosa, vengono quindi portati in processione e poi lanciati in una corsa sfrenata su per il Monte Ingino, fino alla basilica.
Parlare della storia della Festa dei Ceri non è facile. È tra le più antiche, se non in assoluto la più remota, manifestazione folcloristica italiana.
La Festa ebbe e ha tuttora un ruolo fondamentale per la comunità eugubina. Sono due le ipotesi essenziali sulla sua nascita: una religiosa e l’altra pagana.
La prima ipotesi, largamente documentata, presenta la Festa come solenne atto ispirato a devozione degli eugubini al loro Vescovo Ubaldo Baldassini, dal maggio 1160, anno della sua morte.
Da allora, ogni 15 maggio, giorno della vigilia del lutto, l’offerta devozionale al Santo Patrono divenne un appuntamento fisso per il popolo eugubino, che avrebbe partecipato, in mistica processione, ad una grande “Luminaria” di candelotti di cera, percorrendo le vie della città fino al Monte Ingino, dove dall’11 settembre 1194 riposa il corpo di S. Ubaldo nell’omonima Basilica.
I candelotti di cera, offerti dalle corporazioni di Arti e Mestieri, probabilmente divennero nel tempo tanto consistenti da renderne difficoltoso il trasporto e furono sostituiti verso la fine del ‘500 con tre strutture di legno, agili e moderne, che – più volte ricostruite – sono, nella loro forma originaria, arrivate fino ai nostri giorni. Sono rimasti invariati nel tempo anche la data e quasi la totalità del percorso della festa.
La seconda ipotesi, poco documentata, propende per la rievocazione antichissima della festa pagana in onore di Cerere, dea delle messi.
I protagonisti della Festa sono i ceraioli e ceraiolo può essere ogni cittadino di Gubbio di nascita o di diritto diventato. Per un eugubino, nella propria vita, è molto importante portare il Cero, un motivo d’orgoglio. Oggi la scelta del Cero è libera ma in realtà molto condizionata dalle tradizioni di famiglia, specialmente di quelle paterne sui figli maschi, futuri ceraioli. Le donne, pur avendo compiti d’incitamento e di tifoseria accanita, non prendono il Cero. Quanti siano i ceraioli in ogni corsa è difficile dirlo, perché molto è legato all’improvvisazione e alle necessità della corsa.
Dopo la benedizione del Vescovo inizia la tanto attesa corsa, fremente, impetuosa, drammatica come poche al mondo. Ceraioli e popolo sono tutt’uno nell’esaltazione di quei primi momenti in cui Capitani, Alfiere e Trombettiere a cavallo precedono al galoppo i Ceri. Si apre la marea colorata come per incanto per consentire il passaggio dei Ceri in corsa, ben piantati sulle robuste spalle dei ceraioli. La corsa si snoda per le strette vie medievali, i Ceri oscillano paurosamente, sfiorando e spesso toccando mura e finestre. Con grande abilità e anni di esperienza i ceraioli si danno il cambio in corsa; riescono a prevenire incidenti gravi, pur scivolando e spesso cadendo soprattutto in caso di pioggia. È una prova di grande forza e abilità quella di far correre il Cero il più possibile in verticale evitando “cadute” e “pendute”. Questa è la vittoria, tenendo conto che non esiste il sorpasso e che i Ceri arrivano in cima al monte nello stesso ordine con cui sono partiti. Il percorso che coprono i Ceri in corsa è di circa 4 chilometri e 300 metri, partendo dall’Alzatella fino alla Basilica in cima al Monte.
Fare una bella figura, evitare pendute, cadute e distacchi, avere una corsa spedita, superare le possibili difficoltà, sono i punti fermi della “filosofia del ceraiolo”.
Certamente a Gubbio non mancano le atmosfere suggestive e se lo si visita nel periodo natalizio, è d’obbligo fermarsi in contemplazione, magari nel momento dell’accensione, del suo famoso albero di Natale, il più grande al mondo.
Interamente costruito lungo il Monte Ingino con circa 500 luci colorate, l’albero ha una base di circa 450 metri di base e quasi 700 di altezza. Si accende al tramonto ogni giorno dal 7 dicembre al 10 gennaio di ogni anno.
Infine una curiosità: la chiesa di San Giovanni che per molti anni ha ospitato Terence Hill che qui girava le scene di Don Matteo. A Natale la chiesa viene illuminata con un bel gioco di luci colorate.
Mi rimetto in gioco sempre. Cerco ogni giorno il meglio da me e per me. Curiosa, leggo e scrivo per passione. Imparo dal confronto, dalle critiche costruttive e rinasco cercando di superare i miei limiti. È così che approdo a nuove mete dopo scelte di studio e lavoro completamente diverse, quali la contabilità e un impiego in amministrazione in un’azienda privata e mi dedico a ciò che avrei dovuto fare fin dall’inizio.