Alessandro De Roma picnic a kenwood house intervista casa editrice tetra

De Roma ad ottobre in libreria per Tetra


Ad ottobre è tornata in libreria la casa editrice Tetra, con la sua nuova quartina di racconti. In questa sesta uscita potremo leggere le storie di Demetrio Paolin, Dario Voltolin, Marta Cai e Alessandro De Roma. Partiamo da quest’ultimo per saperne di più sul testo e sull’autore che lo ha realizzato.

La trama e i dettagli

Picnic a Kenwood House - Alessandro De Roma - copertina

Picnic a Kenwood House narra le vicende di Clarissa, una donna elegante, mai fuori posto, perfettamente comoda nella sua vita patinata. La donna è sposata con quello che ai tempi era il ragazzo più bello di tutta la scuola, ha due figli, ama cucinare e sforna continuamente squisite torte. Una famiglia da pubblicità, insomma.

Le cose cambiano con la terza gravidanza: l’ultimo figlio nato sembra discostarsi dai canoni estetici a cui era abituata e rompe l’incantesimo di perfezione. Una storia di normalità, ma anche di crepe, di fragilità e ostacoli.

Picnic a Kenwood House di Alessandro De Roma è in vendita in tutte le librerie fisiche e online al prezzo di 4 euro.

Alessandro de Roma

Alessandro De Roma vive in Sardegna ed insegna storia e filosofia. Ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Quando tutto tace (Bompiani 2011), La mia maledizione (Einaudi 2014), Nessuno resta solo (Einaudi 2021), Grande terra sommersa (Fandango, 2023). È inoltre tra gli autori dell’antologia Sei per la Sardegna (Einaudi 2014) con Francesco Abate, Marcello Fois, Salvatore Mannuzzu, Michela Murgia e Paola Soriga.

L’intervista 

Qual è libro a cui sei più attaccato emotivamente o che ti ricorda l’infanzia?

Ce ne sono tanti, ma direi Alice nel paese delle meraviglie. E subito dopo mi viene in mente I ragazzi della via Pal, e ancora Pinocchio. Il libro Cuore. Qualche anno dopo Canne al vento di Grazia Deledda. Non avevo molti libri in casa e leggevo e rileggevo quelli che trovavo, inclusi i gialli Mondadori e la serie Harmony. Adoravo i fumetti di Diabolik.”

Qual è, invece, il titolo imperdibile per comprendere la società attuale?

Questa domanda è davvero troppo difficile. Io credo che si debba intanto studiare la storia, non c’è nulla di più importante da leggere per capire la realtà. Però direi che un romanzo come Storia di Shuggie Bain di Douglas Stuart racconta molto bene la fragilità delle periferie dimenticate, dei giovani marginali esclusi dal mondo luccicante e che vivono di sogni impossibili. La frattura tra i luoghi del benessere e le tante periferie che cerchiamo di escludere dal nostro occhio deve essere risolta al più presto. Il nostro è un mondo di grandissime possibilità di dialogo e scambio e invece gran parte delle nostre forze sono concentrate nei tentativi di escludere qualcuno. Di allontanare. Isolare.”

Parliamo del rapporto con i lettori: come gestisci le critiche?

Mentirei se dicessi che non mi toccano. Temo soprattutto di annoiare i lettori o di lasciarli indifferenti. Un libro esiste se ti tocca, ti entra dentro e fa un bel pezzo di strada con te. Amo moltissimo invece le critiche che precedono la pubblicazione. Sono un pungolo fondamentale senza il quale i libri non possono crescere.”

 

E i complimenti, invece?

Sono un po’ narcisista, come tutti credo. Non solo gli scrittori. E quindi sono felice di riceverne. Lì detesto invece quando percepisco che sono falsi o mirano a raggiungere uno scopo. I complimenti sono un peso che gli altri ti mettono addosso: se ne ricevi troppi rischi di smettere di fare quel che devi, per concentrarti soltanto sul desiderio di compiacere. Bisogna non prenderci troppo gusto: lasciar parlare una vocina che dice: tu lo sai che in fondo in fondo non te li meriti tutti.”

 

A proposito del racconto realizzato per Tetra: chi dovrebbe assolutamente leggerlo?

“Le persone che cercano ad ogni costo di essere perfette e nel frattempo dimenticano di vivere. E le persone che parlano con le proprie torte appena sfornate. Se ce ne sono. E poi quelli che amano l’Inghilterra ma un po’ la odiano anche. Quelli che leggono Carol Joyce Oates e le sue storie avvelenate. E che da piccoli, come me, sognavano di perdersi in un parco attorno a un castello, un po’ fatato, un po’ maledetto.”