Isaac Asimov e l’efficacia delle “infodump”

Fonte immagini: per l'immagine di testa, ritratto di Isaac Asimov, dalla rete. 

Cos’è l’infodump

Isaac Asimov era un po’ permaloso. Sappiatelo. Ho sempre pensato che le storie dietro alle storie nascondano a volte delle bellezze intrinseche capaci di rendere la storia principale ancora più bella. Per ben comprendere come questa cosa sia reale per questo incredibile romanzo, è bene fare una premessa: avete mai sentito parlare di infodump? Tecnicamente si tratta di informazioni spazzatura, ma ci sono molti modi per vedere questa cosa.

“Piertalfo era un uomo alto, magro, con i capelli corti, sempre sorridente. Portava sempre la barbetta corta di 5-6 giorni”.

Ecco, queste sono infodump. Informazioni inutili. Che devono starci solo se sono utili alla storia, altrimenti sono solo una sorta di autofanservice tecnico (quindi una cosa assolutamente negativa), ma vanno inserite mostrando, piano piano, non descrivendo. È sbagliato fornirle queste informazioni? No. Anzi, in taluni casi potrebbero anche essere indispensabili, e persino il succo stesso della storia. A volte chiaramente il peso delle info potrebbe essere eccessivo, e un buon scrittore sa come ridurlo allo stretto necessario. Che può essere anche tuttavia molto ampio.

“La macchina funzionava su un principio particolare del plutonio 186. Era costruita in maniera tale che, proprio per il fatto che non si possono ammassare 94 protoni in un nucleo con solo 92 neutroni e pretendere che la coesione resista per più di un trilionesimo di secondo, essa…”.

Per gli amanti della fantascienza le righe sopra sono informazioni fondamentali, impossibili da eliminare dal contesto narrativo; per gli amanti del fantasy (che pur della fantascienza fa parte), viceversa, sono infodump. Tutte le altre categorie si collocano in mezzo, a gradienti. Ovviamente si tratta realmente di infodump o no solo in relazione al genere che l’autore (e solo lui) decide di prendere come principale.

Questa lunga premessa è per farvi capire che se non siete veri amanti della fantascienza (e che Asimov fosse maestro incontrastato di tale disciplina è indiscutibile) probabilmente non sapete nemmeno di cosa stiamo parlando, e quindi vi sarà facile arrivare a sentire discorsi come “questo scritto è un errore dopo l’altro, è infarcito di infodump e dialogue tag” o altre amenità simili. Ma quando non si sa di cosa si parla si farebbe meglio a tacere: perché mentre da un lato c’è chi parla dell’infodump come di un errore, dall’altro c’è chi applica “il gioco”, vale a dire quella particolare ricerca del lettore di ogni minima incongruità o di mancata spiegazione che lo scrittore si sia lasciato scappare. Il gioco consiste nel fare le pulci al testo, insomma. Se una cosa non l’hai spiegata, hai sbagliato. Se non l’hai spiegata bene, hai sbagliato. Se le cose non tornano, hai sbagliato. E allora, voi direte, tutti quei lettori che lamentano questa enorme quantità di informazioni come superflue?

Beh, loro possono tranquillamente saltarle, la storia funzionerà perfettamente anche senza che essi si siano presi la briga di comprendere perché lo fa. Fanno a fidasse. Passano da pagina 12 a pagina 22, dalla 62 alla 68, da 125 a 232. Per loro la storia funzionerà lo stesso (alla mal parata possono anche decidere di non leggere il libro). Non è a loro che lo scrittore deve pensare quando scrive un’opera: loro sono già soddisfatti. È agli altri che egli deve guardare: a quelli che chiedono completezza, a quelli che chiedono rispetto della loro intelligenza e anche della loro voglia di capire. E Asimov, che prima di essere uno scrittore era uno scienziato, e trattava giustamente la fantascienza prima di tutto dal punto di vista della scienza, questo lo sapeva molto bene.

Le opere

Neanche gli dei, scritto da Asimov nel 1972 (riedito proprio in questi giorni per Urania Collezione), è probabilmente il più bel romanzo singolo (non appartenente a saghe o cicli, cioè) dell’autore. Vincitore dei tre più prestigiosi premi della letteratura fantastica (il Premio Nebula nel 1972 e il Premio Hugo ed il Premio Locus nel 1973), prende il titolo da una frase (ormai proverbializzata) di un dramma di Friedrich Schiller: Contro la stupidità neanche gli dei possono nulla.
Diviso a sua volta in 3 libri, originalmente pubblicate sulla storica rivista Galaxy Magazine in maniera indipendente l’una dall’altra sebbene consecutive, nasce principalmente dalla necessità dell’autore di provare al più ampio pubblico possibile che un’affermazione dell’anno precedente di un suo collega (e amico, sia chiaro), il famoso scrittore Robert Silverberg, non aveva senso. Parlando di un ipotetico isotopo, Silverberg aveva nominato (in maniera del tutto casuale) il suddetto Plutonio 186, che non può esistere secondo le nostre leggi fisiche. Asimov l’aveva ripreso subito (scherzosamente), il quale replicò sottolineando la scarsa sensibilità dell’altro verso la plausibilità chimico-fisica dell’oggetto del suo discorso, che poverino, in fondo aveva tutto il diritto di esistere.

Asimov, chimico e amante sostenitore della necessità della plausibilità assoluta della storia (l’ampiezza della sospensione dell’incredulità, detta anche in gergo “indice di cazzata”, per quanto ampia possa essere deve sempre muoversi dentro il rispetto della realtà fisica), molto poco propenso a riconoscere i diritti di chi non rispetta le leggi (della fisica), ci rimase male. Per tutta risposta iniziò elencando le condizioni sotto le quali il Plutonio 186 avrebbe potuto esistere (l’unica possibilità era che appartenesse a un altro universo nel quale poter applicare leggi fisiche diverse dalle nostre), e quali inevitabili conseguenze avrebbe comportato se esso si fosse trovato a interagire con la nostra realtà. In seguito, da tali dati trasse altre caratteristiche che l’universo parallelo avrebbe dovuto per forza avere (e riuscirà a descrivere nel dettaglio anche il funzionamento di una società ipotetica basata su tali caratteristiche. Meraviglioso il fatto, spiegato anch’esso, che gli alieni, incredibilmente evoluti, non siano mai riusciti a inventare gli anticoncezionali), e con tutti questi elementi infine scrisse Neanche gli dei, un intero romanzo concepito per essere proprio un unico infodump (come direbbe qualcuno), solo per spiegare che il Plutonio 186 non può esistere.

Nella nostra realtà. Ma che poteva farlo se applicato all’esistenza congiunta del nostro universo a un altro (un po’ il metodo con cui i fisici teorici oggi sono arrivati a ipotizzare un universo a 11 dimensioni per spiegare come mai la gravità, una delle quattro forze dell’universo, sia così debole. Ma tranquilli!, non starò a spiegarvelo. Non qui). In pratica, più di metà dell’intero romanzo sono informazioni pure (fornite, ovviamente, in maniera narrata e non descritte altrimenti sarebbe stato un altro errore). Forse proprio a causa di tali premesse, dello spirito che muove l’autore, e dell’incredibile lavoro di ricerca che egli compie, qui Asimov mette tutto quello che non c’è in tutta la sua precedente produzione (tra parentesi, è anche l’unica sua opera in cui compaiano gli alieni): riesce a essere riflessivo, appassionante, romantico in un libro che decisamente “non può invecchiare”. Per la prima volta l’autore oltre al funzionamento delle macchine e della psiche descrive l’amore, il sesso e persino la masturbazione, in un modo che non avreste mai potuto immaginare prima e che non vi si cancellerà mai più dalla mente. Senza descrivere nulla di quello cui state pensando ora, egli riesce a catturare la lussuria, l’orgasmo profondo, promiscuo, il piacere sublimato mescolato al proibito, alla vergogna, al desiderio del piacere stesso. La perversione nella naturalezza di tutti i giorni. Di più: il romanzo racconta del rapporto malato tra i potenti e i servi che per essi lavorano, schiavi assoggettati a tale condizione. Parla di anoressia, parla dell’estremo limite dell’avidità, quello capace di portare alla cancellazione di un’intera specie. Anche la propria. E parla di intelligenza e stupidità. Chi lo è di più, noi o gli alieni?

Nel primo libro, Contro la stupidità, in un molto prossimo futuro, un giovane radiochimico trova una bottiglia con una sostanza. Risulta essere il famoso plutonio 186, un isotopo impossibile: avrebbe infatti dovuto decadere velocemente in tungsteno 186, solo che non lo fa. Esiste e continua a esistere come plutonio 186 (la persistenza della materia, a proposito di autori grandiosi che fanno dell’informazione narrazione, è l’elemento centrale anche di Ghiaccio-9 di Kurt Vonnegut). Ed emette radiazioni: “i positroni più carichi di energia che si siano mai visti”. E a ogni misurazione la radioattività è leggermente superiore. Ben presto si comprende di avere a che fare con una sostanza proveniente da un universo parallelo, giunta in circostanze ignote nel nostro (l’aggiunta dell’universo parallelo serve per anche per aggirare il secondo principio della termodinamica senza ignorarlo, dato che non si può). “Adattatasi” alle nostre leggi fisiche, questo l’ha trasformata in una fonte di energia praticamente inesauribile. Viene quindi inventata una pompa in grado di produrre energia pulita e infinita attraverso uno scambio di materia (il plutonio 186 decade in tungsteno 186 nel nostro universo e viceversa nell’altro il tungsteno decade in plutonio).

Un altro fisico, tuttavia, scopre che la “pompa” genera un cambiamento delle leggi della fisica in entrambi gli universi, e in particolar modo della Forza forte. Egli teorizza, infatti, che la velocità con cui viene effettuata la transizione generi un’inflazione dell’uniformazione delle leggi fisiche dei due universi che se effettuata in tempi incredibilmente più lenti avrebbe avuto modo di essere assorbita senza troppi danni. Questa inflazione, invece, mette in pericolo la stabilità del Sole, che imploderà nel nostro universo e si spengerà nell’altro. Qui entra in campo la stupidità e l’avidità: il cambiamento delle leggi viene ritenuto tutto sommato irrilevante, e gli avvisi ignorati (quante volte questa cosa è già accaduta nella realtà?). Il giovane fisico decide quindi di informare gli alieni, ma scopriamo che dall’altra parte non ci sono autorità, ma un altro gruppo di dissidenti che come di qua non ha alcun potere di fermarla. L’ultimo loro messaggio implorerà la Terra di fermare tutto.

Nel secondo libro, Neanche gli dei, esploriamo la società dell’universo parallelo che ha inviato l’isotopo. Una società che funziona secondo leggi fisiche e morali molto diverse da quelle che conosciamo. Inutile tentare di spiegare l’esistenza di Duri e Morbidi, e il fatto che questi ultimi siano suddivisi in tre sessi e soprattutto tre generi molto diversi anche mentalmente, e il fatto che sia necessaria la volontà e la presenza di tutti e tre per procreare: tutto questo va letto. Essendo questo universo parallelo fisicamente diverso dal nostro (abbiamo detto che la forza nucleare forte è molto più elevata), le loro stelle sono molto più piccole (in una condizione simile le nostre esploderebbero immediatamente), e decidono di sfruttare questa differenza con il nostro universo nel modo sopra descritto.

Nel terzo, …possono nulla?, infine, un terzo scienziato riesce a rendere innocua la pompa elettronica con una brillante intuizione che coinvolge un terzo Universo (il tre, il numero che pregna l’intero romanzo: l’infinito. Da segnalare che tale concetto verrà ripreso anche da Tiziano Sclavi nel romanzo Tre, a sua volta però ispirato a Mattatoio n. 5 di Vonnegut). Questo esiste in uno stato pre-big bang, nel quale le leggi fisiche sono all’opposto di quelle dell’universo 2, vale a dire cioè con una forza forte molto più labile. Lo scambio con quest’altro universo produce più energia a costo zero e bilancia i cambiamenti precedentemente, introdotti, sterilizzando l’inflazione.
Se quei lettori che non riescono a godere della bellezza della descrizione della realtà per poter costruire ciò che reale non è (ma non per questo non plausibile) riuscissero a vederla, tale bellezza, si renderebbero conto che non di scienza (per quanto pregno) e nemmeno di fantascienza (per quanto portante) parla tale romanzo, ma di tutto il resto. I non conoscitori del gioco (e della fisica; ma come si più leggere fantascienza senza possederne almeno le più basilari cognizioni?) definiscono difficili da seguire le parti descrittive di fisica. Oh, sapessero cosa si perdono! Che il vero succo della storia sta proprio lì. Deve essere terribile leggere un romanzo e “andare sulla fiducia”. Perché dal capire come funzionino gli isotopi ai neuroni è un attimo; dalle stelle alla psiche è sempre del motore che muove l’universo che stiamo parlando. Di quell’ “amor che move il sole e l’altre stelle”.