What’s the story? Incontri Sonori: OANA

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Eccentrica ed eterea. OANA, cantautrice classe ’92, ci porta in un viaggio introspettivo, tra sogno e catarsi, in una raccolta di emozioni e sensazioni declinate nelle più variegate sfumature della mente. Lo scorso 9 febbraio è uscito il suo primo EP, “I Fiori del Male, 20 minuti di pensieri notturni, dove l’elettronica ed il synth traducono in musica ciò che l’evanescente voce di OANA racconta. Mistero ed immaginazione, come in un sogno, OANA esorcizza i pensieri e le paure evocate nei suoi primi due singoli “Dentro e Fuori” e “Stai con me!”. OANA è contraddizione e dilemmi esistenziali, spiritualità ma anche sensualità. Le abbiamo fatto qualche domanda, alla scoperta del suo mondo.

 

Chi è OANA?

OANA è una ragazza che non ama le etichette, quindi sicuro non posso dirvi chi è. Spero insomma di dimostrarlo attraverso il mio percorso artistico.

Qual è stato l’evento che ha permesso alla ragazza del conservatorio di incontrare l’OANA di oggi?

Avevamo un gruppo whatsapp del conservatorio, come tutti, condividevamo cose, io condividevo spesso con entusiasmo le nuove uscite che mi rubavano il cuore e puntualmente ricevevo risposte tiepide o addirittura nulla. Inutile dire che sono solita catalogare le persone in base ai gusti musicali, (lo so ho appena detto che non amo le etichette, ma come tutti ho bisogno del mio personalissimo schema mentale) quindi ad un certo punto ho dedotto che non era più il mio posto. Il senso di inadeguatezza mi perseguita da quando son nata. Così ho congelato l’anno per prendere fiato nuovo, è solo un arrivederci, riprenderò. Ma credo di aver fatto la scelta più giusta, concentrare le energie in una sola direzione.

Lo scorso 9 febbraio finalmente il debutto del tuo EP, “I fiori del male”: un viaggio, una catarsi di elettronica, synth e voce. Da dove nasce l’associazione con Baudelaire?

È stato tutto molto naturale, i Fiori del Male è uno dei brani a cui sono più legata, gli altri sono arrivati di conseguenza. Diciamo che I fiori del male è un’espressione poetica molto forte, molto concentrata dalla quale possono “sbocciare” mille riflessioni. Funziona così no? Tutte le cose nascono da un’idea, il nucleo che si sviluppa.

 

Si inizia con “Liberati” e si finisce con “Trattienimi”, sembra quasi un percorso contraddittorio quello che proponi. Qual è il messaggio?

Che bella domanda! Grazie! Sono belle le contraddizioni, invitano alla riflessione. Ma in questo caso la chiave è la voce narrante: in “Liberati” sono due le voci, la mia e la mia “dolce compagnia” che mi sussurra “liberati”, è una parte di me che esiste e che tendo a censurare. “Trattienimi” invece è una preghiera, alimentata da questo desiderio, quest’ansia di essere accettata, come già detto.

È difficile chiudere la tua musica in un genere vero e proprio e forse questo è il tuo obiettivo. Ascoltando i tuoi 5 pezzi intravedo una Meg dei primi duemila, ma anche Björk e Tori Amos. Quali sono le tue reali influenze?

È vero lo dicono molti, sono artisti che stimo molto, ma non ho consumato a tal punto da pensare di esserne stata influenzata. Per quanto riguarda la mia vocalità, credo di aver assorbito molto l’influenza di Chet Baker, mi è sempre piaciuto il suo modo così delicato di cantare, fragile e vulnerabile, che viene voglia di abbracciarlo; c’è un filo che collega psicologia e vocalità, che va aldilà delle scelte stilistiche. Per quanto riguarda invece la sonorità complessiva, penso sia la diretta conseguenza del non avere una band, io, i miei synth e Mr Blackstar.

Qual è il tuo momento preferito per comporre?

Lavoravo al bar fino a notte fonda, osservavo le persone, ci parlavo, le assorbivo e le subivo qualche volta, tornavo a casa piena di idee, le scrivevo. Ora è un po’ più ostico, la mancanza di contatti umani autentici ha scombussolato le carte in tavola, sto cercando di sfruttare il momento storico comunque, di fissarlo come sempre. Ma il momento migliore resta il silenzio della notte.

OANA è una, nessuna e centomila. Qual è la frase tratta da “I fiori del male” che più riesca a definirti?

“Colleziono assenze, decorate dai nostri fiori del male”

Citandoti, ti rigiro una domanda: che sapore ha il sogno che vuoi interpretare ora e nel futuro?

Intanto devo ringraziarti per l’attenzione che mi hai dedicato, e per gli spunti interessanti che mi stai offrendo con le tue domande, non è affatto scontato che sia così, ma questo lo sai anche tu…Tornando a noi, il sapore del sogno che voglio interpretare…È un sapore pungente, stimolante, il sapore di qualcosa che deve essere ben dosato, il sapore sorprendente di qualcosa che cambia a seconda degli abbinamenti, un sapore indefinibile ma ben riconoscibile.

 

 

 

 

 

 

 


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