Oltre Dafne Fonte foto: personale

“Oltre Dafne”: giornalisti e medici per il contrasto alla violenza di genere

Si parte dal mito, quello di Apollo e Dafne, che Gian Lorenzo Bernini ha meravigliosamente scolpito alla Galleria Borghese di Roma, ma che incarna l’ideale dell’uomo violento che vuole imporre il suo potere, la sua volontà, il suo senso di dominio e di possesso alla ninfa, che riesce a scappare e preferisce la metamorfosi nella pianta di alloro pur di sfuggire al suo carnefice.

Per questo motivo andare “Oltre Dafne”  è stato scelto come  titolo di un’ interessante tavola rotonda che si è svolta il 24 novembre scorso presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Umberto I, nell’aula di patologia generale, e che ha realizzato  un’ottima sinergia tra Ordine dei Giornalisti di Roma e Policlinico, tra stampa, informazione e ordine dei medici. L’ha spiegato Vittoria Tola, Presidente dell’ Unione Italiana Donna, che ha ribadito la necessità di una necessaria evoluzione culturale a favore del rispetto delle donne che deve toccare tutti gli aspetti della vita sociale: dall’equiparazione dello stipendio tra uomini e donne al modello di uomo violento, evidente nella parte patriarcale delle famiglie italiane e nel loro esempio per i figli maschi, dalla legge in cui manca l’aspetto della prevenzione alla scuola, in cui i libri di testo dovrebbero suggerire tematiche “di genere” agli insegnanti.

L’Amore erroneamente detto “criminale”

A presentare le tematiche e gli ospiti c’era Maria D’Amico, portavoce del Direttore Generale del Policlinico,  e Manuela Astrologo, responsabile dell’ufficio stampa dell’ospedale stesso, in dialogo con gli ospiti intervenuti. Tra gli interventi più interessanti c’è stato quello di Matilde D’Errico e di Andrea Leoni, rispettivamente autrice, regista l’una  e produttore l’altro del programma televisivo Amore criminale”. Nato nel 2007, è un programma di cui gli autori vanno orgogliosi  perché permette di sensibilizzare l’opinione pubblica sui fenomeni di femminicidio, ma spesso consente alle spettatrici di immedesimarsi nelle vittime interpretate dagli attori del programma, riconoscendo i primi segnali d’allarme in un eccesso di controllo, di gelosia, di possesso nell’uomo che in quel momento è vicino alla donna e dice di amarla: “non è un caso che durante il programma arrivino in redazione migliaia di mail di donne che chiedono aiuto”, esclama Matilde D’Errico che sottolinea sia il lavoro di indagine sugli atti giudiziari per dare notizie certe durante la trasmissione, sia la collaborazione con i Centri Antiviolenza per assicurare a chi denuncia assistenza pratica, aiuto psicologico e una buona dose di empatia e solidarietà femminile.

Il linguaggio “di genere”

Il dibattito si è poi incentrato sul problema del “linguaggio di genere”: Manuela Astrologo, presentando il lavoro svolto dall’Associazione G.i.U.L.I.A (Giornaliste Unite Libere Autonome), ha sottolineato come i media spesso utilizzino un linguaggio fuorviante, tendenzioso e manipolatore, sminuendo il ruolo della donna e cercando degli alibi agli omicidi commessi dagli uomini con violenza contro le donne. Titoli di giornali come “Strangola una prostituta” si potrebbero sostituire con “Strangola una donna”; “Vittima di un amore criminale” con “Vittima di un criminale” – del resto o c’è amore o c’è crimine: l’ossimoro è un paradosso inconciliabile nella realtà dei fatti! Ancora: “Lui pensava solo al lavoro e lei aveva deciso di lasciarlo” – dove l’alibi del bravo lavoratore non rende giustizia all’assassino in cui si sarebbe trasformato! – e “Lei l’aveva portato all’esasperazione” – dove sembra quasi che si ribalta il ruolo di vittima in quello di carnefice!.

Le forze dell’ordine e il “Progetto Zeus”

Dopo l’excursus di Carlo Felice Corsetti sulla legislazione del “Testo Unico  dei doveri” dei giornalisti in materia di norme in particolare per la stampa, arrivano i casi reali: è Pamela Franconieri, Dirigente della IV sezione della Squadra Mobile di Roma del Dipartimento di P.S., a parlarcene insieme con il “Progetto Zeus” – altra divinità che abusava delle dee, delle ninfe o delle donne – che, oltre alla denuncia, spesso poco efficace poiché “le pene non sono dei deterrenti per questo genere di criminali”, come afferma, permette di intraprendere un percorso psicologico per le persone maltrattanti in cui si possa arrivare a tenere a bada le emozioni negative, la rabbia, la violenza e le recidive che conducono l’uomo violento a ossessione , prevaricazione e aberrazione del possesso inteso come mania anche nelle manifestazioni di vittimismo secondario.

Dirigente IV Squadra Mobile Roma di P.S.Fonte foto: personale

Pamela Franconieri, Dir, IV Squadra Mobile  Dip. P.S. di Roma

L’intervento più coinvolgente

L’intervento più impressionante è stato però quello di Antonella Minieri, Avvocato del MIDA Academy e criminologa che ha parlato di come queste violenza possano talora indurre le vittime al suicidio tramite il “Gaslighting” – ossia una subdola manipolazione della donna che la fa dubitare di tutto ciò che dice o che fa – in frasi come “sei pazza! Io non l’ho mai detto, stai delirando o stai esagerando” oppure come “ti ricordi male, sei troppo sensibile, non essere drammatica”-  o con violenze psicologiche. Il caso poi riferito direttamente dalle parole di una vittima presente al dibattito ha coinvolto emotivamente tutto l’uditorio, femminile ma anche in gran parte maschile, che ha applaudito e incoraggiato chi ha dimostrato nella pratica una grande forza e un grande coraggio non solo nel denunciare ma anche nel testimoniare perché altre non ripetano lo stesso errore.

L’apporto del Policlinico alla violenza di genere

Infine la sinergia dei medici del Policlinico è stata narrata da Paola Cacciatori Vice direttore sanitario dell’ospedale: esiste infatti un vero e proprio team e un’equipe specializzata per gli interventi antiviolenza: ci sono infatti un pronto soccorso ginecologico e pediatrico, ad affiancare il comune pronto soccorso,  le consulenze specialistiche, un servizio sociale ospedaliero e un servizio centralizzato di psicologia ospedaliera, oltre a un progetto di mediatori e mediatrici culturali per le donne straniere vittime di violenza. Così come il 70% di chi subisce violenza  sono proprio le dottoresse e le operatrici sanitarie donne del pronto soccorso sanitario. Inoltre nel protocollo a favore delle vittime sono compresi una serie di esami e visite anche per evitare le malattie sessualmente trasmissibili e il rischio della gravidanza.

Conclusioni

In sintesi occorre che ci sia un vero e propria rete di emergenza: quando si sente una donna gridare è necessario che tutti si sentano coinvolti e tentino di fare qualcosa per evitare la violenza,  sia  donne che uomini. Inoltre occorre che si attivino tutte le procedure necessarie per accogliere e aiutare le donne, ma anche  per recuperare gli uomini in un percorso non solo punitivo ma soprattutto riabilitativo e di ricostruzione della propria emotività e affettività. Perché se è amore, di certo non può essere un atto  criminale.