Bova superiore: tra rocce d’Aspromonte e tintinnii pastorali

Il viaggio tra i Comuni della provincia di Reggio Calabria continua nella Capitale (detta Chora) della lingua greca antica, Bova. L’area grecanica porta infatti il nome di Bovesia. Le stesse contrade del borgo hanno assunto nomi di derivazione greca. La storia del borgo ha origini antichissime: resti archeologici testimoniano la presenza dell’uomo sin dal Neolitico. Dopo varie dominazioni succedutesi nei secoli (in primis per importanza quella Normanna) Bova mantenne fino alle fine del 1500 il rito liturgico greco- bizantino, per poi subire una latinizzazione.

 

Morfologicamente, il borgo mantiene il suo assetto urbano intatto del periodo medievale. In vari punti dell’agglomerato urbano sorgono palazzi nobiliari barocchi e del Settecento. Il piccolo comune nel ‘900 diede i natali a Bruno Casile, agricoltore e poeta, che fu definito da Pier Paolo Pasolini come “il poeta contadino”. Casile si spese per la valorizzazione del grecanico fondando un’associazione in sua difesa, scrivendo le proprie poesie in lingua greca. Ciò rappresenta un’assoluta novità poiché tradizionalmente la lingua ellenofona calabrese si trasmetteva in forma orale.

 

La popolarità del poeta si deve proprio a Pasolini poiché Casile incarnava in pieno l’idea tipo del cittadino bovese: montanaro, schivo, attaccato alla terra e visceralmente legato al suo luogo natìo ma con estrema riservatezza. Il poeta Casile voleva proteggere la lingua e il borgo dal nemico più grande con cui Bova si è confrontato: l’emigrazione. Essa è simboleggiata da una locomotiva a vapore posta nel 1987 in uno dei luoghi più frequentati del centro storico. In molti sostenevano che fosse stata posta lì per rendere omaggio ai cittadini bovesi ferrovieri, ma la realtà è purtroppo più cruda. Isolamento, mancanza di borghi vicini, lontananza dalla costa, collegamenti scarsi.

 

Tutto ciò che rende affascinante il borgo per il turista lo rende inospitale per i suoi abitanti per l’assenza di servizi essenziali. Attualmente il piccolo borgo ospita poco più di 400 abitanti. Il mondo rurale a Bova è ancora intatto, e il visitatore può cogliere tutto ciò che di più autentico ci si possa augurare di trovare esplorando: vecchie botteghe, scritte in greco su alcuni edifici, signori che raccontano la storia della loro vita ad un passante curioso. E poi campanelli ovunque: il suono dei pastori che fuori dal borgo pascolano i loro animali.

 

L’immagine più suggestiva da visitatore è proprio questa: percorrere la strada che porta all’antico castello normanno, salire sulla sommità in un giorno d’agosto, sul quale è posta una croce. Sedersi e volgere lo sguardo verso la costa, a 915 metri sul livello del mare. Scorgere l’Etna se il cielo è terso. Il tutto accompagnato da un sottofondo di dolci campanelli che fanno eco tra le rocce brulle e bianche d’Aspromonte.

 

L’intento di Casile è racchiuso in qualche verso di Barlume nel buio / Strafonghia sto scotidi pubblicato nel 1991 pubblicato per Jaca Book.

 

Che non si perda la bella lingua

È la lingua della stirpe,

sono tanti e tanti anni che è arrivata in questi paesi.

Il lievito noi lo abbiamo

ora spetta a voi ragazzi che avete la farina

e la vecchiaia è lontana.

 

Se anche voi credete di avere la farina, andate a visitare un pezzo di Magna Grecia.