Ci sono voluti 36 anni per dare vita a un sequel di Beetlejuice, e ognuna delle innumerevoli bozze di sceneggiatura scritte nei decenni successivi al primo capitolo si fa sentire nel suo risultato finale, che è un’ esplosione di gioia, divertimento e nostalgia.
Una grande festa per il ritorno di Tim Burton, che con “Beetlejuice Beetlejuice” sembra essersela proprio spassata nel ritrovare la sua verve comica e grottesca, la stessa che ha caratterizzato il suo cinema delle origini. Complice anche la presenza di numerosi attori e collaboratori “feticcio” del regista.
Il tanto atteso seguito esplora i nuovi e i restanti membri dell’albero genealogico dei Deetz, con un ritorno di questi a Winter River. Quando un portale per l’aldilà viene aperto casualmente, Lydia (Winona Rider) e Delia (Catherine O’Hara) vengono nuovamente coinvolte nel caos, e sono costrette ad evocare di nuovo con riluttanza il subdolo spiritello interpretato da Michael Keaton. Intanto, come sottotrama, nel regno dei morti l’ex moglie di quest’ultimo (Monica Bellucci) gli dà la caccia per vendicarsi del suo assassinio, avvenuto secoli prima, e un investigatore –ex star di Hollywood (Willem Dafoe) segue le sue tracce.
Immergendosi ulteriormente nei conflitti personali, nelle dinamiche familiari e nelle lotte della famiglia Deetz, il sequel sembra avere una maggiore profondità emotiva nella trama e negli archi dei personaggi rispetto al film del 1988. Salvo poi lasciare qualche lacuna nelle story-line dei personaggi secondari, che restano più in superficie.
In particolare vengono messe in risalto la relazione tra Lydia e la sua figlia ribelle, la new entry Jenna Ortega che già dalla serie Netflix “Mercoledì” ha dimostrato di incarnare alla perfezione l’ideologia burtoniana, e quella tra Lydia e la sua matrigna, artista egocentrica e un po’ sopra le righe già interpretata nel primo film dalla fantastica Catherine O’Hara.
Dunque, anche se l’esplorazione della trama non funziona alla perfezione per tutti, e forse alcune cose sanno un po’ di “già visto”, il film funziona comunque alla grande. “Beetlejuice Beetlejuice” è un richiamo nostalgico per tutti i fan che hanno sempre amato il vero Tim Burton, quello di “Edward Mani di Forbici” e di “Nightmare Before Christmas” per intenderci. Il film riporta il regista all’approccio cinematografico che tanto lo aveva contraddistinto, definito dall’estetica gotica, dalle sue storie visionarie, oscure e stravaganti. Insomma Burton con il suo nuovo Beetlejuice appare di nuovo nel suo periodo di massima ispirazione, superando del tutto il suo periodo commerciale, caratterizzato da film ada altissimo budget come Alice in Wonderland e Dumbo.
Anche Michael Keaton sembra in gran forma, possiede ancora la stessa frenetica energia, risulta ancora divertente e spaventoso al contempo; insomma, è uno dei più grandi personaggi del cinema degli anni ’80 ed è una gioia rivederlo e farlo rivivere ai giovani delle nuove generazioni.
Nel complesso, “Beetlejuice Beetlejuice” offre ciò che i fan dell’originale speravano: è un bel ritorno di Burton al suo geno creativo. E a noi fa pacere, perché in tutto questo tempo non lo abbiamo mai dimenticato.
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.