L'Affare Morandi, la mostra a Bologna

L’Affare Morandi, la mostra a Bologna

Casa Morandi, in collaborazione con MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e Museo Morandi del Settore Musei Civici Bologna,presenta la mostra L’Affare Morandi di Vittoria Chierici e a cura di Maura Pozzati, visitabile dal 19 ottobre 2024 al 6 gennaio 2025.

La mostra

L’esposizione delle opere di Vittoria Chierici a Casa Morandi rappresenta la seconda fase di un più ampio progetto corale che ha preso il via il 4 e 5 giugno scorsi presso il Dipartimento educativo del MAMbo con un laboratorio indirizzato alle studentesse e agli studenti del Biennio di Pittura Arti Visive e di Didattica dell’Arte e Mediazione del Patrimonio Artistico del Corso di Storia e Metodologia della Critica d’arte tenuto dalla Prof.ssa Maura Pozzati dell’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il workshop è stato condotto da Vittoria Chierici, artista e ideatrice del progetto, coadiuvata dalla curatrice dell’iniziativa, Maura Pozzati. L’artista ha guidato le allieve e gli allievi presenti in un percorso alla scoperta del metodo di lavoro adoperato da Giorgio Morandi per realizzare le sue tele. La novità di questo progetto, infatti, non è nella riflessione sulle nature morte di Morandi dal punto di vista formale ma piuttosto sulla sua maniera di dipingerle. L’approccio adottato è pertanto tecnico e concettuale e testimonia che l’universo in cui Morandi operava era costruito intorno alla pittura. Un omaggio, dunque, non solo a Morandi ma alla pittura stessa: per Vittoria Chierici, artista contemporanea che si è già confrontata con l’arte dei maestri del passato, da Leonardo, Raffaello, Paolo Uccello fino a Boccioni, Picasso e Warhol, confrontarsi con il grande artista bolognese ha significato lavorare più sul suo metodo che non sulla forma, per poterlo raccontare al pubblico come se fosse una sorta di “officina” della pittura.

Nel periodo che ha preceduto il laboratorio, Vittoria Chierici ha visitato Casa Morandi e la residenza estiva del pittore a Grizzana Morandi per poi stilare l’elenco degli strumenti usati dall’artista e approfondire le sue abitudini di lavoro. Ne ha dedotto che ogni oggetto che circondava il pittore era lo specchio di una sua ben precisa idea; il cannocchiale ritrovato nello studio di Grizzana è riconducibile, ad esempio, al principio di copia dal vero e al rapporto della pittura con la realtà. Anche le consuetudini della sua pratica, come quella di colorare sia l’interno che l’esterno dei vasi, delle bottiglie e dei piccoli oggetti che avrebbe poi dipinto o quella di porre un velario sulla finestra per arginare lo sfolgorio della luce, rivelano per Chierici il rapporto dell’artista con lo spazio circostante. La composizione degli oggetti per i suoi lavori era il prodotto di un rituale ben consolidato che lo vedeva disporli su dei ripiani d’appoggio di fronte alla tela e ricalcarne le sagome su una carta da pacco per immortalarne la posizione. Operazioni compositive di questo genere per Chierici sono vicine a quelle di un astrattista che semplifica la rappresentazione degli oggetti per ridurne il loro potenziale narrativo.

A Casa Morandi, accanto all’atelier del pittore, trovano spazio le 19 opere esposte che Vittoria Chierici ha realizzato nel suo studio a Eastport, nel Maine, e a New York. I lavori, di piccolo formato ad acrilico, olio e gessetti su tavola, non sono soltanto da osservare ma anche da leggere: alla parte pittorica è infatti spesso associata un’area occupata da alcuni aforismi morandiani e di altri autori, fonte d’ispirazione per Chierici, i quali vengono puntualmente menzionati nel retro delle tele.

Ho preso a prestito alcuni personaggi della mia conoscenza di artista e di storica dell’arte per spiegare alcuni concetti visivi che sono alla base della nostra conoscenza del grande artista bolognese. Ho iniziato nel dividere su alcuni pannelli di masonite e su carta pressata a freddo due aree dove una è fissa perché lavorata con colori vinilici e olio e l’altra è mutevole perché lavorata a lavagna. I miei studi sono dunque dei dittici e contemplano la possibilità di cambiare, cancellando il testo o il disegno fatto alla lavagna. Mentre è immutabile la pittura. Questo accorgimento tecnico è nato dalla possibilità di realizzare con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Bologna un laboratorio sul metodo di lavoro di Giorgio Morandi. La lavagna vuole essere anche una citazione dell’artista tedesco Joseph Beuys, mentre il modello operativo morandiano, la ripetizione dello stesso oggetto, la composizione compatta detta a fascia – ossia cogliere attraverso l’esperienza l’essenza – è un concetto che proviene dalla filosofia di Edmund Husserl. C’è poi un passaggio dei Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese che ho trovato molto appropriato: «Sappiamo che il più sicuro – e il più rapido – modo di stupirci è di fissare imperterriti sempre lo stesso oggetto»”, racconta Vittoria Chierici.

A completare l’esposizione, nella sala conferenze di Casa Morandi, vi è il dittico di grandi dimensioni l’Esperienza sensibile #1, opera, prodotta grazie alla collaborazione con gli studenti e con le studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Bologna che hanno partecipato al laboratorio, composta da una lavagna contenente pensieri e schizzi, realizzati con gessetti colorati, i quali interpretano il modus operandi morandiano nel dare forma ai suoi oggetti, e da una tela dipinta da Chierici con la tecnica dello stencil.

Un altro lavoro realizzato con la stessa tecnica e nato dal momento di incontro con allieve e allievi è l’Esperienza sensibile #2, un polittico composto da 5 pezzi, visibile presso il Dipartimento educativo MAMbo dal 16 al 20 ottobre 2024.

Il terzo tassello del progetto a Casa Morandi è un filmato di 12 minuti, realizzato dalla film maker Livia Campanini, che racconta e riassume l’esperienza laboratoriale condotta da Chierici al MAMbo.

La curatrice del progetto, Maura Pozzati, nel suo saggio Lasciateci lavorare in pace scrive: “In un’intervista uscita sulla rivista «Tempo» nel maggio del 1958 Giorgio Morandi disse: «Ognuno deve fare quel che può e sa di poter fare. Lasciateci lavorare in pace. L’importante è entrare nella casa della pittura, non restare alla porta di essa».  Questo invito a entrare nella casa della pittura, nell’officina morandiana vera e propria, Vittoria Chierici l’ha accolto e per ideare il progetto L’Affare Morandi e la mostra per Casa Morandi ha «inseguito» il pittore nei luoghi in cui ha lavorato, ha fotografato i suoi oggetti, ha parlato con chi l’ha conosciuto, ha chiesto suggerimenti con discrezione, curiosità e meraviglia. Perché il cammino che ha intrapreso Vittoria sulle orme di Morandi è stato lungo e pieno di insidie, difficilmente argomentabile come è in fondo la pittura stessa, perché «Non si conosce la strada per arrivare alla poesia. Si cammina senza sapere dove si va», altro aforisma di Morandi a cui segue: «L’arte è causa ed effetto di contemplazione. Dio può esser chiuso in un tubetto di colore». Questa intuizione geniale di Morandi di rinchiudere il divino, che per sua natura è una entità spirituale, in un tubetto di colore, che è il mezzo attraverso cui il pittore esprime la vita segreta delle cose, resta talmente fissata nella memoria di Vittoria Chierici da diventare il punto di partenza per produrre le opere di piccolo formato appese nella sala di fianco allo studio di Morandi, dove gli oggetti dipinti con la tecnica dello stencil dialogano con i suoi aforismi più illuminanti, scritti a mano da Vittoria in modo rapido e veloce, come se si trattasse di annotazioni sulla lavagna.  «Il segreto dell’arte è un enigma» e «L’arte non ha funzione: è arte quando è arte, e basta» sono altre frasi che incontriamo nelle opere di Chierici, tese a visualizzare il pensiero di Morandi, focalizzandosi sull’aspetto mentale del suo lavoro e non su quello formale, e avvicinare l’enigma attraverso la pittura e la parola. È importante infatti sottolineare quanto sia forte il legame che esiste tra gli scrittori e il pittore bolognese: non a caso i primi a scrivere dell’arte di Morandi sono gli amici Giuseppe Raimondi e Riccardo Bacchelli e assidue sono le sue frequentazioni con i poeti, da Cardarelli a Bassani, passando per Campana”.