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Ripercorriamo insieme la storia della Galleria Umberto I di Napoli, per ricordarci l’origine di un monumento iconico della città nato per fermare quella che era l’epidemia dell’epoca: il colera.
L’origine della Galleria Umberto I di Napoli
Prima che la Galleria Umberto I esistesse, si estendeva su tutto il perimetro il quartiere di Santa Brigida. Un quartiere che si è sviluppato intorno al 1600 e che da allora si popolò sempre di più. Complice la sua posizione, compreso tra il porto e il Palazzo Reale. Qui vi erano abitazioni, ma soprattutto taverne e case di malaffare che facevano accordi con i navigatori che sbarcavano a Napoli. Tra tutte le locande presenti nella zona, ancora si ricorda, in una lapide presente proprio nel braccio della Galleria che va verso via Verdi, la locanda Moriconi che nel 1787 aveva ospitato Goethe. Nel 1800 erano diversi i palazzi sorti nel quartiere, alcuni alti anche 6 piani, in cui il popolo viveva in condizioni di degrado.
Furono proprio queste condizioni a far scoppiare ben 9 epidemie di colera, tra il 1835 e il 1884, l’ultima davvero devastante. Fu proprio quest’ultima epidemia che catturò l’attenzione del Re Umberto I, che decise prima di venire a Napoli per fare visita ai malati, e dopo di sollecitare un rapido intervento affinché potesse trovarsi una soluzione definitiva al problema. Era chiaro che si dovesse intervenire affinché il quartiere di Santa Brigida, così come altre zone degradate di Napoli, potessero essere rapidamente riqualificate.
Il Risanamento e la costruzione della Galleria
Dopo la visita del Re Umberto I fu l’allora Sindaco di Napoli, Nicola Amore, ad occuparsi della riqualifica di Napoli. Un processo di risanamento che il primo ministro dell’epoca, Agostino De Pretis, definì come “uno sventramento di Napoli” che, dopo i lavori di risanamento, avrebbe completamente cambiato volto.
Nel 1885 il Sindaco di Napoli, Nicola Amore, firma la Legge per il risanamento della città di Napoli. Subito dopo si procede alla selezione dei nuovi progetti per la riqualificazione del quartiere Santa Brigida e il sindaco accetta il progetto dell’ingegnere Emanuele Rocco, che presenta appunto l’idea di una Galleria a 4 braccia, che si intersecavano in una crociera ottagonale coperta da una cupola in vetro. Nel maggio del 1887 si proseguì con l’abbattimento di tutti gli edifici esistenti nella zona, ad eccezione di Palazzo Capone, ancora oggi esistente, e a novembre dello stesso anno si posò la prima pietra dell’ambizioso progetto.
I costruttori della Galleria Umberto I
Emanuele Rocco però non fu l’unico a dare vita alla Galleria Umberto I. Lui fu sicuramente l’ideatore e anche il costruttore dell’ingresso su via San Carlo, posto proprio di fronte al famoso Teatro San Carlo e considerato l’ingresso principale della Galleria. Ma non fu il solo.
Con lui vi fu anche Antonio Curri, che invece si occupò delle decorazioni. Curri, originario della Puglia, si trasferì a Napoli dove s’iscrisse all’Accademia delle Belle Arti. A lui dobbiamo le decorazioni della Galleria, in particolare le Neiadi e Ninfe sul portale di ingresso alla Galleria latovia Santa Brigida, e la sistemazione dell’esedra davanti all’ingresso lato teatro San Carlo. Successivamente lavorò alle decorazioni anche Ernesto Mauro, mentre la cupola in vetro fu realizzata da Paolo Boubée. I volti degli ideatori sono ancora presenti nella Galleria, con delle lapidi in loro memoria, come fossero dei Lari a custodire il loro prezioso progetto, ormai diventato un bene di tutti.
Il progetto della Galleria Umberto I, iniziato nel 1887, fu inaugurato nel 1892. Per la sua inaugurazione venne appositamente realizzato il Comitato per l’Inaugurazione della Galleria Umberto I, che si occupò dei festeggiamenti e di un’esposizione di prodotti artistici, industriali ed artigianali. Anche il Sindaco intervenne con un discorso inaugurale.
Spettacolo al Salone Margherita
Con l’inaugurazione della Galleria Umberto I, venne inaugurato anche il Salone Margherita, il Caffè Chantante che nacque proprio nella parte sottostante della Galleria. Il Salone Margherita nacque da un’idea dei fratelli Marino di Napoli, che volevano ricreare a Napoli dei cafè-chantant come quelli parigini: i famosi Moulin Rouge e Folies Bergère. Infatti fu qui che per la prima volta si videro delle ballerine ballare il ballo osè dell’epoca: il can can.
Alla sua inaugurazione, avvenuta nel 1890 vi parteciparono le personalità di spicco della Napoli del tempo: principesse, contesse, uomini politici e giornalisti come Matilde Serao. Personalità che non mancarono mai all’interno di quello che ben presto diventò il simbolo della Belle époque, non senza avere delle caratteristiche peculiari. Fu proprio qui, all’interno del Salone Margherita, che nacque l’idea della sciantosa, la ballerina che conquistava il proprio pubblico con i suoi modi affascinanti e provocatori, non senza pericoli. La storia della sciantosa infatti nasce dopo che la ballerina Lucy Nanon subì un attentato alla vita mentre si esibiva davanti al pubblico. La ballerina fu fortunatamente salvata dal repentino intervento di un uomo in sala. Si scoprì poi che a spararle era stato un camorrista che non aveva accettato un rifiuto da parte della donna. Da qui l’idea che il destino della sciantosa fosse ricco di amori passionali, canto, ballo e anche dal destino costantemente in pericolo.
Nel 1896 proprio qui nacque anche la prima sala cinematografica della città, nonché una delle prime in Italia, voluta dal padovano Mario Recanati, dove furono proiettati i primi film dei fratelli Lumière. Come avviene sempre per il mondo dello spettacolo, il Salone Margherita subì un primo declino con l’arrivo della prima guerra mondiale, che poi diventò un vero e proprio tramonto con l’arrivo della seconda guerra mondiale. Tuttavia resta ancora oggi un simbolo della cultura musicale napoletana.
La vita nella Galleria Umberto I
Se dovessimo dunque immaginarci una giornata nella Galleria Umberto I di Napoli ai tempi in cui fu inaugurata, dobbiamo immaginarci la Galleria un po’ come oggi, un centro nevralgico della città, ma allo stesso tempo percorsa da quelli che erano i personaggi dell’epoca.
Ecco che allora ai tavolini dei bar era possibile scorgere qualche cantante o qualche ballerina del Salone Margherita. Oppure teatranti e musicisti d’orchestra in cerca di lavoro. Tra i tanti visitatori di tanto in tanto anche intellettuali dell’epoca: Matilde Serao, Salvatore Di Giacomo, Gabriele D’Annunzio, Roberto Bracco, Ferdinando Russo, Eduardo Scarfoglio e Francesco Crispi. Insomma la Galleria Umberto I era riuscita nell’intento di trasformare un quartiere degradato in un vero e proprio salotto dove tutti i protagonisti della vita cittadina s’incontravano.
Con l’avvento della seconda guerra mondiale la Galleria subisce il penultimo cambio estetico: distrutta dai bombardamenti viene rifatta la sua pavimentazione. A completare da allora la Galleria Umberto I ci sono i mosaici firmati dalla ditta Padoan di Venezia, che li realizzò nel 1952.
A partire dagli anni ’50 in Galleria sparsi qua e là, comparirono anche i lustrascarpe, o meglio gli sciuscià, riprendendo in napoletano il termine shone-shine utilizzato dagli americani. A quei tempi era consuetudine, per gli uomini chic della città, farsi lustrare le scarpe dai numerosi ragazzini che s’improvvisavano lustrascarpe. Una tradizione arrivava fino ai giorni nostri, o meglio fino all’epoca pre-covid, dove resisteva l’ultimo lustrascarpe esistente in città.
La Galleria Umberto I oggi
Oggi la Galleria Umberto I ha subito un importante e necessario lavoro di restauro. Un lavoro arrivato solo dopo la tragica morte di Salvatore Giordano, un ragazzino di 14 anni che morì lo scorso 2014 a causa di un pezzo di cornicione staccatosi dal rosone della Galleria. Un episodio che colpì tantissimo la popolazione, che ancora oggi lo ricorda con una foto messa proprio nei pressi del tragico incidente.
Da allora la Galleria ha subito dei lavori di restauro che ancora oggi non si sono completati. Inoltre la popolazione residente ha più volte dichiarato che all’interno della Galleria ci sono situazioni di abusivismo, degrado ed abbandono. Insomma sembrerebbe che questa storia stia finendo proprio come è cominciata. Ma considerato che siamo già arrivati alla fase della storia in cui arriva l’epidemia, speriamo che, come allora, si possa passare presto al capitolo successivo e dare nuova luce a uno dei luoghi simbolo della città.
Laureata in lingue, sono approdata nel bellissimo mondo della comunicazione e marketing. La mia storia preferita da piccola era L’isola del Tesoro e da grande porto ancora dentro di me quella smania di scoprire mondi nuovi e di percorrere strade poco battute, qualità che trasferisco anche nel mio lavoro. Da maggio 2020 sono sbarcata in Hermes Magazine, dove in qualità di editor ho l’occasione di poter condividere le mie scoperte ed interessi. Siete pronti a venire con me nella mia prossima avventura?