Durante la seconda metà dell’Ottocento in Europa fiorì una grande passione per il mondo Orientale, in particolar modo l’impero del Sol Levante destava la curiosità di molti, vista la sua rinomata riservatezza, rimasta tale fino al 1852, quando gli Stati Uniti riuscirono a forzare il blocco commerciale imposto loro dai nipponici, divenendo i primi ad entrare in contatto con le meravigliose opere d’arte giapponesi.
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A seguito della loro impresa, anche gli europei cominciarono ad entrare in contatto con la cultura nipponica, rendendo Parigi il fulcro di questa nuova e fervente passione per l’Oriente. Questa si trasformò ben presto in un’ondata di collezionismo che investì il vecchio continente a tal punto da riferirvisi con un termine a sé stante, coniato dal critico Philippe Burty (1830-1890): Japonisme. Tra gli oggetti più ambiti da queste new entry, perlopiù artisti, nel mondo del Giapponismo si rintracciano le famose stampe Ukiyo-e, o corrente della Pittura del Mondo Fluttuante. In queste opere venivano rappresentate immagini legate alla vita quotidiana, paesaggi e geishe. A quest’ultime era riservata anche una categoria specifica di stampe nota come shunga, le quali raffiguravano in maniera più o meno esplicita il mondo del piacere e del godimento tipici delle case delle prostitute.
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Ma l’interesse per il Giappone non si limitava alle stampe; infatti, molto interesse venne provato verso la loro letteratura, soprattutto di matrice spirituale o filosofica, la quale seppe affascinare alcuni fra i più grandi artisti dell’epoca quali Manet, Degas, Monet e, successivamente, anche Van Gogh e Gauguin.
L’artista che forse più di tutti risentì dell’influenza giapponese fu Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901), il quale era e tuttora è noto universalmente per la sua ricca produzione di manifesti pubblicitari, nei quali spesso possono essere colti numerosi riferimenti alle stampe Ukiyo-e. Alcuni esempi potrebbero essere primi piani ravvicinati, la decostruzione di un’immagine che altrimenti comparirebbe intera, oppure ancora l’evidente fantasia nell’utilizzo delle inquadrature.
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I due pilastri dell’Ukiyo-e: Hiroshige e Hokusai
Utagawa Hiroshige (1797-1848), particolarmente noto per i suoi paesaggi suggestivi e la sua maestria nella raffigurazione delle figure umane, nonché molto stimato da Van Gogh, soleva raffigurare allegoricamente il rapporto uomo-natura, costantemente perpetrato in armonia. Lo scorrere del tempo e delle scene nelle sue stampe è scandito dal susseguirsi delle stagioni e dalle raffigurazioni seriali di figure intente in azioni che, evidentemente, si svolgono l’una di seguito all’altra.
Una curiosità che colpisce della sua biografia è il fatto ch’egli rifiutò il proprio dovere ereditario da samurai per dedicarsi pienamente all’arte, riuscendo così a regalare ai suoi contemporanei e ai posteri delle opere dal fascino immortale.
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Katsushika Hokusai (1760-1849), forse il più noto fra gli artisti dell’Ukiyo-e in quanto autore de La grande onda (1830-1), può vantare di un’immensa carriera artistica nella quale si possono annoverare quindici volumi intitolati Manga (Schizzi), pubblicati fra il 1814 ed il 1849, e circa trentamila stampe.
Nel suo masterpiece, il Monte Fuji domina il paesaggio da lontano, mentre dalla costa s’intravedono due barche che vengono gradualmente travolte da un immenso muro d’acqua, il quale si abbatte su di loro in modo tanto distruttivo, quanto in un certo senso solenne.
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