La città di Matera è nota soprattutto per i “Sassi”, i due suggestivi quartieri: Sasso Cavernoso e Sasso Barisano, insediamenti costituiti, sino dal Paleolitico, dalle antiche architetture rupestri che seguono l’andamento di grotte naturali scavate nella roccia calcarea in strutture sempre più articolate. L’UNESCO nel 1993 ha dichiarato i Sassi Patrimonio Mondiale dell’Umanità quale Paesaggio Culturale.
Ma meno conosciuto è l’ampliamento della città, che, seguendo l’andamento morfologico del territorio roccioso, ha visto, nel corso dei secoli, affiancarsi, sovrastare e integrarsi con i primi nuclei abitativi rupestri, altre conformazioni architettoniche sia durante il Medioevo ( XI-XII secolo di formazione normanno-sveva), sia nel periodo rinascimentale (XV-XVII secolo) e un’ultima rivisitazione monumentale della struttura urbana nel periodo Barocco (XVII-XVIII secolo).
Uno degli esempi più caratteristici e particolari degli interventi barocchi che hanno caratterizzato tutta l’area della Basilicata sotto il Regno di Napoli, è senz’altro la Chiesa del Purgatorio Nuovo, ora sconsacrata e aperta alle visite pubbliche, incastonata nel centro cittadino.
Edificata tra il 1725 e il 1747, con i contributi pubblici degli abitanti stessi, delle famiglie nobiliari e sotto l’egida della Confraternita dal Purgatorio (da cui il nome) e di altre congregazioni tra cui la Confraternita della Morte, la chiesa presenta molte particolarità. La facciata tardo-barocca è a forma convessa che può ricordare gli stili seicenteschi del Borromini e del Guarini. Svetta al di sopra degli altri edifici limitrofi culminando con la statua di una Madonna con Bambino che occupa la nicchia sommitale, mentre, tema ricorrente, figure di teschi e scheletri decorano sia la pareti esterne che l’interno per confermare il culto dei defunti, a cui l’edificio è consacrato, e quale monito della caducità della vita terrena.
Fonte foto: isassidimatera.com
La pianta a croce greca è sormontata da una cupola lignea che segna, con le quattro copie di colonne che la sostengono, la circolarità del perimetro interno destinato ai fedeli, mentre le nicchie laterali furono concepite come sedi di tombe gentilizie.
L’interno è inoltre arricchito da numerose tele tra le quali otto grandi dipinti che rappresentano il ciclo della passione di Cristo realizzate da Francesco Oliva (1807-1861) e tre pale d’altare attribuite al materano Vito Antonio Conversi (1713-1756). Il grande e pregevole organo dell’epoca poi, sovrasta ancora dalla cantoria l’ingresso principale.
Fonte foto: visitmatera.it
Un monumento unico nel suo genere, anche riferito alle architetture barocche del contesto lucano.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.