Manifesto mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI fino al 20 ottobre

La mostra “Ambienti 1956-2010”: il MAXXI tutto al femminile

La mostra “Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II”, inaugurata il 10 aprile scorso, resterà aperta al pubblico fino al 20 ottobre prossimo. È una mostra interattiva a cui bisogna partecipare con un coinvolgimento totale, togliendosi le scarpe, girando  in calzini  e soprattutto interpretando nelle varie installazioni dei ruoli particolari per apprezzarli nella loro totalità: di gatto, di elefante, di coniglio o di uccello.

Una mostra per bambini? Anche, ma di sicuro è dedicata agli adulti perché possano riscoprire in modo diretto ed esperienziale il significato profondo della natura, dell’arte, degli ambienti e delle nuove tecnologie!

"Red" di Tsuruko Yamazaki alla mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI

"Red" di Tsuruko Yamazaki alla mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI

Il significato della mostra

Sono le donne le protagoniste di questa mostra, iniziata con il precedente progetto “Inside Other Spacecs. Environments by Women Artists 1956-1976” voluto dalla Haus der Kunst di Monaco di Baviera. L’anno 2010 è quello in cui fu completato il MAXXI, progettato da Zaha Hadid come una struttura continua in cui le forme animano lo spazio. Ne deriva un “living museum”, in continuità con gli ambienti esposti. Qui le artiste hanno riadattato  e allestito direttamente le loro opere, interrogandosi sulla conservazione dei progetti da cui sono derivati. Sono dunque 19 opere ambientali che riguardano diversi luoghi e diverse generazioni per suggerire come si può evolvere  un progetto espositivo.

Passaggio spettrale di Aleksandra Kasuba alla mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI

Passaggio spettrale di Aleksandra Kasuba alla mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI 

Fonte foto: Lucia Mancini

Il percorso e le opere iniziali della mostra

Red” è la prima opera visibile nel percorso museale che appartiene a Tsuruku Yamazaki che con il Gutai in Giappone – gruppo sperimentale del Dopoguerra – studiano i diversi materiali plastici fondendo varie forme espressive in spazi pubblici, diventando anche  estimatori delle opere di Lucio Fontana. Si tratta di una tenda rossa definita “forma di zanzariera” in vinile, di forma cubica, poichè in Giappone appunto le zanzariere  sono collocate di solito sopra i futon. Così anche l’artista argentina Marta Minujin recupera il materasso intrecciando forme tubolari variopinte tra di loro, in cui lo spettatore può entrare, essere accolto dalla morbidezza dei materiali e ascoltare contemporaneamente le canzoni dei Beatles! Il fine è quello di rotolarsi, in tutte le accezioni che il verbo può prevedere, godendo della morbidezza, del colore, percorrendo la superficie a piedi o gattonando, oppure infine fermandosi a contemplarla sdraiati! Il percorso procede poi in una foresta intricata formata da tunnel e palloni più o meno grandi da attraversare, alla luce e al buio, colorati o semplicemente trasparenti: è il concetto di ovulazione e di gravidanza che l’artista polacca, poi vissuta in Argentina, Lea Lublin  ha interpretato attraverso questi gonfiabili. Fa il paio con l’opera successiva di Lygia ClarckLa casa è il corpo” in cui si vuol far rivivere allo spettatore  l’esperienza  vissuta dal concepimento fino alla nascita.

"Rotolarsi" di Marta Minujin nella mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI

"Rotolarsi" di Marta Minujin nella mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI 

Fonte foto: Lucia Mancini

Le opere più rilevanti della parte centrale della mostra

Colpisce nella mostra soprattutto il “Corridoio rosso”, che fu  commissionato a Lucio Fontana per la XIII Triennale di Milano del 1964, incentrata sul Tempo Libero, curata da Umberto Eco e Vittorio Gregotti, finalizzata  ad esporre uno spazio rilassante e contemplativo in cui lo spettatore può sdraiarsi o rilassarsi su una soffice moquette rossa come all’interno di uno spazio onirico senza tempo. Il lungo corridoio successivo che si percorre affacciandosi sullo spazio esterno del MAXXI diventa poi una “pellicola di diffrazione” – realizzata dalla sud-coreana Kimsooja nel progetto “To breathe“, che diffonde nello spazio infiniti riflessi color arcobaleno se viene attraversata dalla luce e riporta l’ambiente esterno (alberi, sentieri, ciottoli) nella stessa dimensione onirica, ovattata e inafferrabile delle installazioni poste all’interno della struttura museale. Così anche le problematiche abitative nei contesti urbani sono esposte per sensibilizzare lo spettatore. E’ quanto accade, ad esempio, nell’opera di Martha Rosler intitolata “If you lived here” ispirata ai pendolari della periferia del Queens che vivevano lontani dal posto di lavoro. Il “Passaggio spettrale” della lituana Aleksandra Kasuba offre invece l’esperienza di poter entrare fisicamente in un arcobaleno attraverso sei strutture tubolari di nylon che hanno colori diversi  e in cui si ascoltano i diversi movimenti della suite orchestrale op.32I Pianeti” del compositore inglese Gustav Holst. Infine è Esther Stocker, nata in Sud Tirolo ma  la cui esperienza è maturata nell’ Art Centre College of Design  a Pasadena in California, che stupisce con l’installazione “Il termine ‘affine’ attrae la nostra attenzione anche se in realtà non significa nulla” (2004). Si tratta di linee ortogonali realizzate con nastro adesivo nero che continuano sul pavimento, sul soffitto e lungo tutte le pareti,   dando alla stanza una struttura evidentemente ortogonale e geometrica di una griglia, in cui l’effetto disorientante altera la percezione delle superfici e porta lo spettatore a smarrirsi in un bosco geometrico in cui non riconosce più i parallelepipedi solidamente presenti da quelli soltanto geometricamente disegnati. E’ qui che sembra che si riesca a passare/oltrepassare/superare o ad essere inghiottiti da fuori e da dentro nella superficie. “Dal punto di visa fisico è impossibile, ma mentalmente possiamo attraversare molti strati”- dichiara l’artista. Ebbene, visitare questa mostra ha esattamente questo stesso significato: forzare i limiti del concretamente realizzabile per liberare la mente e atterrare in una nuova realtà in cui tutto è possibile, se sappiamo viverlo con il contatto diretto e primordiale con la natura, con lo spazio, con la costruzione geometrica, con le architetture che danno senso alla nostra esistenza! Buona visita!

"Affinità" di Esther Stocker nella mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI

Affinità" di Esther Stocker nella mostra "Ambienti 1956-2010: Environments by Women Artists II" al MAXXI 

Fonte foto: Lucia Mancini