Ci sono gli artisti che rimangono tali, e magari diventano grandi artisti, anche geni. Poi ci sono gli artisti che diventano maestri. Sono quelli che vanno oltre l’affermazione di sé stessi, e si dedicano completamente al Sapere.
Pensando a quale artista possa corrispondere a questa seconda categoria mi viene in mente Leonardo da Vinci. Certo chiamarlo solo artista sarebbe riduttivo. Un uomo così eclettico. Anche filosofo, scienziato, scenografo, ingegnere etc. Oggi che viviamo nell’era della tuttologia, l’eclettismo è visto un po’ con sospetto. E a ragione, perché spesso si tratta di un sapere superficiale, che la scuola oggi sembra voler certe volte incoraggiare. Continua a essere difficile quel sapere austero, lento, severo, in fuga dalla performatività.
Leonardo si sa era molto lento nel produrre le sue opere. Un esempio è L’Ultima cena che impiegò tre anni per completare (e arrivato alla fine si rese conto di aver sbagliato muro). Forse perché effettivamente il suo bisogno non era tanto quello di affermarsi nell’opera, quanto più trovare una risposta a una precisa domanda. Essendo lui maestro, non poteva dirsi soddisfatto fino a che non lo fosse prima per sé. Così di tante opere che iniziò, molte non le terminò nemmeno (uno dei motivi per cui Michelangelo lo derideva).
Il Cavallo di Leonardo
Un esempio è il cavallo: progetto di scultura durato dal 1482 al 1493. Undici anni di progettazione e la scultura non fu mai nemmeno realizzata. Si trattava di una commissione, come spesso piacevolmente avveniva in quei tempi, assegnatagli da Ludovico il Moro, lo stesso che gli commissionò L’Ultima Cena. Il desiderio del duca era quello di una statua equestre che fosse la più grande del mondo. Uno degli elementi che trovo affascinanti di questa storia, è quel che successe quando Ludovico il Moro iniziò a confrontarsi con Lorenzo il Magnifico sull’effettiva capacità di Leonardo nel realizzare l’opera, dato che si dimostrava essere molto lento. In quegli stessi anni Lorenzo il Magnifico aveva fondato la Scuola del Giardino di San Marco.
Proprio in quegli anni in cui i governanti chiedevano opere agli scultori, quell’arte era in crisi. Fino al punto da rendere necessaria la costruzione di nuove scuole. Nuove ragioni per lo studio. Ed ecco che nel mentre Leonardo effettuava studi andando a osservare minuziosamente l’anatomia dei cavalli, all’interno del ducato, associando anche la figura umana cavalcante. Lo stesso concetto di monumentalità fu approfondito fino a trasformare il progetto, con un ingrandimento dell’opera di quattro volte. Arrivò a progettare un’altezza pari a sette metri, fino successivamente a superarli.
Era arrivato dopo tanti anni a realizzare un modello e procurarsi 100 tonnellate di bronzo per realizzare l’opera. Il triste destino volle che in quel periodo stava per scoppiare una guerra con i francesi e quel bronzo fu utilizzato per realizzare cannoni. Successivamente le truppe francesi distrussero il modello che si trovava al Castello Sforzesco. E il destino fu infausto anche per chi tentò il secolo scorso di realizzare l’opera, perché morì prima che l’opera fosse terminata. Ci pensarono altri dopo a finirla, e venne posizionata all’Ippodromo di Milano.
È chiaro che in questa faccenda, la cosa più interessante non è certo il risultato ma il processo. Infatti quel che è restato sono i progetti, conservati nel Castello di Windsor. Sembra che quest’opera se mai si fosse realizzata secondo i programmi, avrebbe perso di valore. Possiamo sorridere e pensare che qualcuno l’abbia deciso apposta per insegnarci che cos’è un maestro. Qualcosa che va oltre l’opera, oltre l’uomo. Un sapere che necessita di tempo per realizzarsi, perché ci appartiene. I nostri limiti che quando diventano visibili ci mostrano il sapere possibile. Un po’ come oggi, che costantemente ci muoviamo nella nostra limitatezza e che grazie a questa faticosa passeggiata impariamo quel poco che possiamo sapere, qualcosa di così vasto anche quando è povera cosa.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).