“Se non ci fosse stato Bernini, Roma non sarebbe stata la stessa. Di sicuro avrebbe conservato il suo fascino, quello di una città millenaria che ha scritto la storia, ma le sarebbe mancato qualcosa. Bernini è stato per Roma quello che Gaudì è stato per Barcellona, in un certo senso.”
Autoritratto, Bernini
Tempo fa, in uno scorcio di articolo pubblicato sui social, lessi queste parole e per me, che amo Roma, sono diventate verità di fede. Roma non sarebbe Roma senza la potenza artistica che le ha dato lo scultore, architetto, pittore, urbanista, Gian Lorenzo Bernini nato a Napoli nel 1598 e deceduto a Roma, città alla quale aveva donato una magia stupenda nell’anno 1680.
Considerato uno dei massimi esponenti del barocco, in grado d’influenzare anche i massimi pittori, scultori e artisti dell’epoca. Spesso ci si dimentica che il nostro amato Gian Lorenzo era figlio d’arte. Suo padre, di origine toscana, Pietro Bernini era anch’egli un eccelso pittore e scultore nell’Italia del XVII secolo. Fu lui, attraverso la sua arte, a perfezionare il talento innato del giovane figlio, coinvolgendolo nei suoi lavori e guidandolo come solo un padre sapeva fare nelle sue primissime opere, come il San Lorenzo sulla graticola (1614), una delle opere giovanili dell’artista, che reca la sua firma e l’ausilio dell’amato padre. Quest’opera è conservata agli Uffizi di Firenze.
Chi diede una possibilità a questo grandissimo artista di emergere, fu il cardinale Scipione Caffarelli-Borghese il quale notò la bravura del giovane Bernini poco più che ventenne, affidandogli la realizzazione di quelle che sarebbero diventate le opere più conosciute dell’artista. Tra il 1618 e il 1625, Bernini realizzò per la famiglia Borghese opere molto importanti e fondamentali della sua carriera come Enea, Anchise e Ascanio fuggitivi di Troia (1618-1619), il Ratto di Proserpina (1621-1622), il David (1623-1624) e l’Apollo e Dafne (1622-25, in fondo all’articolo). Tutte opere che ancora oggi, a distanza di piu’ di 400 anni, potete ammirare nel museo della splendida Villa Borghese a Roma.
Le sculture di Lorenzo Bernini stupirono e affascinarono fin da subito gli osservatori, che ancora oggi rimangono estasiati di fronte alle opere di questo grande talento all’italiana. Esse colpivano e colpiscono gli occhi che si posano sui loro marmi per l’apparente facilità con cui l’artista modellava tutto ciò che stava al di sotto il suo scalpello. Le opere hanno in sè una tale morbidezza, da rendere i corpi e le vesti dei soggetti leggeri e i movimenti quasi vivi, fluidi e dinamici. Un tratto che ritroviamo anche nei dettagli della bellissima e scenografica opera di Apollo e Dafne.
Dettaglio Apollo e Dafne
Il pathos narrativo della scena è enfatizzato non solo dal dinamismo fisico, ma anche e sopratutto da quello psicologico di Apollo e Dafne, e dall’alternanza di pieni e vuoti, dai giochi di luce e di ombra e all’attenzione prestata dall’artista alle superfici diversamente trattate, così da poter imitare nella stessa materia marmorea la scabrosità e la ruvidità della corteccia di un albero, la consistenza rocciosa del terreno, la morbidezza del volto di Dafne e l’aspra freschezza del fogliame della pianta in cui la ninfa si sta trasformando, nella grande opera raccontata da Ovidio \”La Metamorfosi\”.
Notevole anche il perfetto incrocio di dettagli delle parti di cui è composta l’opera, che si estendono nello spazio senza compromettere l’equilibrio l’uno dell’altra, secondo un gioco di avvicinamenti e distacchi. Come d’altro canto ci suggeriscono le più grandi storie d’amore. Ovviamente in questa scultura ritroviamo tanto anche della cultura classica ed ellenistica.
Bernini realizzò anche numerosi “ritratti di teste con busto” in cui appare in modo molto evidente la sua grande maestria e capacità nel ritrarre sotto scalpello, non solo il corpo umano ma anche il volto, riproducendone un’espressività unica e soprattutto molto \”umana\”.
La Svolta del Maestro
Baldacchino di San Pietro, Basilica di San Pietro
Il tutto avvenne nel 1623 grazie all’incontro tra il Bernini e Maffeo Barberini, uno dei primi mecenati dell’artista, il quale divenne Papa con il nome di Urbano VIII. Barberini amava l’arte e riponeva grande fiducia nel maestro Bernini, così gli affidò importanti progetti, soprattutto nel campo dell’architettura e dell’urbanistica della città. Ovvero la direzione dei lavori a San Pietro in Vaticano, per cui realizzò il Sepolcro di Urbano VIII e il Baldacchino di San Pietro, che si trovano ancora oggi all’interno della navata centrale della Basilica più importante del mondo cristiano.
Quando salì al soglio pontificio Innocenzo X era ostile ai canoni del vecchio papa e ai suoi protetti ed adepti. Bernini vide calare bruscamente le sue commissioni artistiche, oltre a subire numerose critiche per i suoi lavori da parte di coloro che volevano entrare nelle grazie del nuovo pontefice. Ciò nonostante l’artista realizzò in questi anni una delle sue opere considerate più belle, L’estasi di santa Teresa, ospitata ancora oggi nella chiesa di Santa Maria della Vittoria.
L'estasi di Santa Teresa, Bernini
Per quanto riguarda l’architettura dell’urban Romana, il Bernini si prese carico negli anni seguenti di costruire un capolavoro in piazza Navona, ovvero la Fontana dei quattro fiumi, dopodichè riprogettò l’accesso a Piazza del Popolo, realizzò l’Obelisco di Minerva nei pressi di un altro grande monumento romano il Pantheon ma, soprattutto, fu precursore del progetto per il Colonnato di piazza San Pietro, creando due semicirconferenze che circondano la piazza in un simbolico abbraccio della Chiesa verso i fedeli di tutto il mondo.
Correva l’anno 1680 quando la salute di Bernini, già declinante, si aggravò a causa di una paralisi al braccio destro; l’artista, non si perse d’animo e cercò tuttavia di vivere la sua condizione in maniera ironica e giocosa, dicendo che era corretto che la sua mano destra si riposasse dopo così tanto lavoro. Purtroppo la malattia degenerò sino a condurlo a morte certa il 28 novembre dello stesso anno. Ma nemmeno la morte riuscì a spegnere l’immortalità di tutto quello che ci ha lasciato. Bernini, respira e vive in ogni angolo di Roma. Ci basta osservare la bellezza delle opere che ci ha lasciato tra cielo e storia.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.