10 brani da ascoltare in viaggio

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Fonte foto: idressitalian.com

È arrivata l’estate e dopo un anno di impegni lavorativi, responsabilità, pensieri, si deve trovare il momento per la rigenerazione. Lo si fa staccandosi dalla propria routine, creando novità, costruendo nuovi ricordi. Quel momento in cui lo stacco avviene e finalmente si sente l’adrenalina delle aspettative, tanti sogni. In fondo poi le vacanze risultano sempre un po’ più ordinarie di quel che immaginiamo mentre siamo in viaggio.

C’è il viaggio d’andata e quello del ritorno. Se il primo è, appunto, colmo di speranze e aspettative, quello del ritorno spesso è carico di saudade. Ho scelto dieci canzoni che potrebbero essere pensate come adatte al viaggio. Ne ho scelte di diverso tipo: adatte al viaggio in macchina, in nave, in treno, in aereo etc.

Sì, viaggiare – Lucio Battisti

Parto da un brano che è necessario. Una canzone del 1977 tratta dal disco Io tu noi tutti, nel periodo in cui le sonorità di Battisti stavano cambiando. Si sentono infatti quelle tastiere e synth tra 70 e 80. Il testo evoca un viaggio in macchina, dove il cantante compete con un amico che vede come più in gamba di lui. E in questo fa emergere alla coscienza quel senso di inadeguatezza, quegli ostacoli, quei momenti indesiderati che fanno parte del viaggio e che lo arricchiscono. Il viaggio che è spesso un momento si poetico, ma anche prosaico, dove osservandoci ci giudichiamo, e un po’ cresciamo.

Horse with no name – America

Brano del 1971 in cui non siamo in macchina, ma su un cavallo, in mezzo al deserto. Un cavallo che non ha nome. In fondo ha un qualcosa di metaforico. Traspare il senso di solitudine di chi si trova in mezzo al deserto, e si muove sopra un mezzo che non possedendo identità libera il viaggiatore del suo stesso io, in cammino verso una pace. Una canzone simbolica perché il viaggio è esistenziale, umano. È quella vita transitoria che tutti viviamo, nel deserto aspettando che arrivi un’oasi o finalmente una distesa di vegetazione.

Mammagamma – Alan Parsons project

Questo favoloso pezzo del 1982 è puramente strumentale. Non so perché ma ogni volta che lo ascolto immagino autostrade controverse, con cavalcavia, curve, paesaggi urbani. Un’automobile che si muove senza sosta sotto il sole. Un viaggio appunto, fosse anche urbano.

Un giorno dopo l’altro – Luigi Tenco

Questa canzone, dai toni molto tristi come spesso accadeva nelle canzoni di Tenco, in realtà parla proprio di quella quotidianità che si abbandona. Ma la racconta dal punto di vista di chi rimane. Eppure c’è un verso che sempre mi evoca fortemente il viaggio, quando dice “la nave ha già lasciato il porto e dalla riva sembra un punto lontano, ma i sogni sono ancora sogni e l’avvenire ormai quasi passato”, io mi identifico in chi è sulla nave e immagina di essere osservato dal ponte. Perché come spesso accade mentre si viaggia, soprattutto in mare, ci si abbandona all’ignoto, a qualcosa di vasto, e si scopre come la nostra quotidianità è spesso povera cosa.

Born to run – Bruce Springsteen

Quel brano in cui Springsteen esorta a fuggire da una trappola, a sentirsi liberi. Dall’omonimo disco del 1975. C’è sempre quel sogno americano del vagabondare, sfuggire dalla quotidianità e dalle routine della grande città. È interessante come questo sogno, questo desiderio di fuga, sia tipico degli stati uniti dove in effetti era richiesta, soprattutto in quegli anni, una grande attenzione alle regole dello sfrenato capitalismo. Lui parla con una donna e le dice “vagabondi come noi sono nati per correre”.

Tarde in Itapua – Vinicius de Moraes

Questo è un brano che fa venire in mente il viaggio di ritorno. Pieno di saudade. Uscito nel 1977 e cantato da Vinicius de Moraes e Toquino. Itapua è una spiaggia che si trova in Brasile. Nella canzone si parla di quel desiderio di oziare, non far nulla, stare in spiaggia e parlare solo d’amore. Godersi il mare, rigenerarsi. E nient’altro, o come direbbe Vinicius “e bom”.

Year of the cat – Al Stewart

Brano del 1976 di Al Stewart ha qualcosa in comune con Mammagamma. Ovvero dietro c’è Alan Parson. Racconta di una persona che vorrebbe fuggire da questo fantomatico anno del gatto, ma è costretto, per via di un biglietto perso, a rimanerci. Un viaggio forse temporale, perché in effetti tutti noi per quanto vogliamo fuggire fisicamente, rimaniamo sempre ancorati al nostro presente.

Alleria – Pino Daniele

Versione napoletana della saudade, ovvero l’appucundria. Certo c’è proprio un brano di Pino Daniele intitolato appucundria anche se Alleria riesce a superare la canzone intitolata. Quell’alleria che se ne va, ma che si vuole tenere stretta come ricordo, per avere energie che possano aiutare a fronteggiare un nuovo autunno. Questo brano ricordo bene di averlo ascoltato con molta attenzione proprio in seguito a un soggiorno a Napoli e mi ha evocato proprio quella condizione di serenità transitoria che si trova nella città partenopea.

Ripples – Genesis

Si tratta di un brano dei Genesis del 1976 tratto dal disco Trick to the tail. È il primo disco senza Peter Gabriel, sostituito come frontman da Phil Collins. Molti sostengono fosse l’inizio della decadenza del grande gruppo prog rock. In realtà, per quanto sia vero che successivamente sono andati sempre più peggiorando, quello è uno dei dischi più belli del gruppo. La canzone Ripples richiama molto il viaggio, si sviluppa come una ballata prog con uno sviluppo che sfocia in un ritornello per certi versi anche lezioso, ma che ascoltato con il giusto mood emotivo e un po’ di pathos, rende poetico il viaggio con quel suo gridare sail away ripples never come back.

Wouldn’t it be nice – Beach Boys

Un brano perfetto quando si sta andando in spiaggia e si desidera solo leggerezza. È un brano che sempre mi ha ispirato una gioia che quasi agisce con funzione di rivalsa contro le oppressioni della vita urbana fatta di lavoro e responsabilità. Brian Wilson sembra in questo brano usare un umorismo e un’ironia che tagliano qualsiasi dramma e pesantezza.

 


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