Difficile che un musicista degno di essere definito tale non si sia mai trovato a riprodurre un brano di Jimi Hendrix nella propria vita.
Musicista ormai relegato a chi si trovi nel periodo iniziale dell’acculturamento musicale, giustificato da un passatempo occasionale di studio della chitarra, nella speranza di poter fare due brani in spiaggia l’estate successiva. Magari non soltando Hey Joe o Foxy Lady, ma anche Little Wing, con quel suo assolo iniziale strappacuori.
La classifica di Rolling Stone del 2003
Nel tempo Jimi Hendrix è diventato anche lui un musicista per bravi ragazzi. E forse quegli stessi sono anche i redattori della rivista Rolling Stone, che tra i 100 chitarristi più bravi del mondo, il 26 agosto del 2003 hanno collocato Jimi Hendrix al primo posto. Il secondo risulta essere Eric Clapton, e il terzo Jimmi Page.
Prima di spiegare le ragioni della rivista, mi viene da fare una riflessione. È normale dire oggi che Hendrix è stato superato di gran lunga. Tutti i più grandi chitarristi lo sono stati. Ma questo è un discorso che può essere associato al rapporto che gli artisti come Leonardo e Raffaello avevano con coloro che poi riprodussero e approfondirono la ricerca da loro iniziata.
Uno come Jimi Hendrix va sempre considerato nel suo ruolo di innovatore, di persona che inventa qualcosa quasi dal niente (anche se molte innovazioni come l’effetto wah wah gli furono consigliate da Frank Zappa, un altro vero numero uno, ma questo è un altro discorso).
I motivi della scelta
Ma arriviamo a Rolling Stone. Il motivo di questa scelta è possibile trovarlo spiegato in un articolo sulla rivista, dove viene intervistato Federico Poggipollini. Un vero bravo ragazzo della chitarra. Grandissimo chitarrista seppure non si sia scollato dal suo ruolo di turnista di Luciano Ligabue.
Le ragioni spiegate da Poggipollini sono giuste. L’innovazione di Hendrix fu quella di aver utilizzato la Fender stratocaster in maniera totalmente innovativa. La chitarra per Hendrix era uno strumento che andava suonato interamente. Infatti Hendrix iniziò a giocare con il feed back che si genera con l’avvicinamento dei sensori della chitarra all’amplificatore.
Da lì la questione sarà poi approfondita negli anni ‘80 da gruppi come i Sonic Youth, lo showgaze, e tutto il rock possibile e immaginabile. l’innovazione di Hendrix è stata soprattutto sonora. Perché Hendrix non era un musicista formato. Era un autodidatta che aveva suonato sin da ragazzino e da sempre aveva mostrato totale naturalezza nel rapporto con questo strumento.
Il gioco di quel rock che diventava psichedelico pur rimanendo nelle potenzialità della chitarra. Perché mentre altri stavano sperimentando con i sintetizzatori e l’elettronica, Hendrix stava riproducendo esattamente le stesse innovazioni ma con l’uso di uno strumento vecchio e obsoleto come la chitarra. Un liuto portato alla sua massima esasperazione.
E poi chiaramente dopo arriveranno quelli che suonano la chitarra in quella maniera, ma saranno sempre persone che hanno imparato la lezione. La lezione l’ha data Hendrix, dunque io mi trovo d’accordo sulla collocazione al primo posto secondo secondo la rivista Rolling Stone. Anche se sono in totale disaccordo con il secondo posto di Clapton. Credo lo meritasse Jimmi Page. Ma sono inezie.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).