Il 20 novembre è la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che celebra la data in cui la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia venne approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. Era il 20 novembre 1989; la data coincide con un duplice anniversario: la dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1789) e la Dichiarazione dei Diritti del Bambino (1959) Unicef.
Questa data rappresenta un punto di svolta nella legislazione sui minori perchè il documento approvato riconosce per la prima volta bambini, bambine e adolescenti come titolari di diritti civili, sociali, politici, culturali ed economici. Una vera e propria rivoluzione culturale: il bambino non è più visto come soggetto passivo, mero ricettore di cura e protezione, ma viene considerato titolare di diritti e reale protagonista della sua vita.
Hanno aderito alla convenzione 196 paesi, diventando così il trattato internazionale più ratificato al mondo. L’Italia ha aderito con la Legge n. 176 del 27 maggio 1991. Nonostante siano trascorsi più di 30 anni dall’approvazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia le condizioni di vita di milioni di bambini e adolescenti sono ancora oggi inaccettabili. Diritti fondamentali come quello alla vita, alla famiglia, alla salute, alla protezione da ogni forma di abuso e sfruttamento, sono continuamente violati. Ci sono ancora bambini schiavi, costretti a lavorare, vittime di guerre civili, di abusi familiari, di malattie.
La Giornata Mondiale dell’infanzia è un’occasione importante per riflettere su come garantire l’applicazione della Convenzione nella vita di tutti i minori. Quest’anno in particolare la pandemia da COVID-19 sta avendo un impatto enorme sui diritti dei bambini di tutto il mondo. Senza confini, il virus sta minando al futuro dei più piccoli mettendo in difficoltà in primis quelle famiglie che stanno già lottando per sopravvivere.
Le previsioni sono allarmanti; il numero totale di bambini che vive sotto la soglia di povertà potrebbe superare i 700 milioni entro la fine del 2020. Molte famiglie hanno subìto infatti gli effetti economici della pandemia e non possono permettersi quindi le cose più basilari come cibo, acqua e cure. Oltre ciò l’accesso all’istruzione viene sempre più messo in secondo piano andando a negare uno dei diritti dei bambini.
Nella Giornata universale dell’infanzia si rinnova anche l’impegno per i bambini e i ragazzi che vivono nel nostro Paese. Anche in Italia la povertà aumenta e la mancanza di adeguate opportunità educative minaccia le fondamenta del nostro Paese. In Italia, più di un minore su dieci vive in condizioni di povertà assoluta. Gli adolescenti sono sempre più a rischio a causa del facile accesso ad alcool e droghe, ai crescenti fenomeni di bullismo e cyberbullismo, alla mancanza di un’adeguata educazione sessuale.
In italia il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, in sigla UNICEF, si mobilita per favorire il cambiamento sociale e migliorare la vita dei bambini più svantaggiati ed emarginati. Si impegna affinchè i diritti di ogni bambino e adolescente che vive in Italia, vengano rispettati, e lavora su tutto il territorio nazionale, con città, ospedali, scuola e mondo sportivo, per costruire comunità migliori a misura di bambino. Ma non basta.
Da un’indagine stilata dall’associazione Save the Children nel 2019, appare che negli ultimi dieci anni il numero dei minori in Italia, che vivono in povertà assoluta è più che triplicato, passando dal 3,7% del 2008 al 12.5% del 2018. Fino all’anno scorso, dunque, erano 1,2 milioni i bambini privi dei beni indispensabili per condurre una vita accettabile. La crisi economica, tra il 2011 e il 2014, ha contribuito al peggioramento della situazione di questi minori: in questo periodo la percentuale di minori in condizioni di povertà è salita dal 5% al 10% trasformandosi in una vera e propria emergenza.
Da questa analisi, relativa all’anno passato, in termini assoluti , i numeri appaiono ancora più impressionanti: nel 2008 i minori in questa condizione erano circa 375mila, nel 2014 già sfioravano 1.200.000. Nel 2019 arrivano a 1,26 milioni (563mila nel mezzogiorno, 508mila a nord e 192mila al Centro).
Una povertà che si manifesta nella mancanza di beni essenziali, lo stretto indispensabile per una vita dignitosa: un’alimentazione e un’abitazione adeguata. Sono stati stimati, nel 2018, in circa 500.000 i bambini e ragazzi sotto i 15 anni (il 6% della popolazione di riferimento) cresciuti in famiglie dove non si consumano regolarmente pasti proteici e 280.000 quelli costretti ad un’alimentazione povera sia di proteine che di verdure. Nel 2018, 453.000 bambini di età inferiore ai 15 anni hanno beneficiato di pacchi alimentari. La povertà dei minori si riflette anche sulle difficili condizioni abitative in cui molti di loro sono costretti: in un paese in cui circa 2 milioni di appartamenti rimangono sfitti e inutilizzati, negli anni della crisi il 14% dei minori ha patito condizione di grave disagio abitativo.
Povertà economica e povertà educativa sono due fenomeni strettamente correlati, che si autoalimentano in un circolo vizioso trasmettendosi di generazione in generazione. In un paese in cui si è disinvestito sulle politiche sociali e sull’infanzia, anche la povertà educativa è una piaga in crescita. Quasi un minore su 2 non legge un libro oltre a quelli scolastici durante l’anno, con profondi divari regionali, che vedono Campania , Calabria e Sicilia agli ultimi posti . La deprivazione culturale di bambini e adolescenti in Italia è una vera e propria emergenza e i minori che non svolgono sufficienti attività culturali sono ancora 7 su 10, con i consueti divari tra le regioni. Anche lo sport resta per molti un privilegio: in Italia circa un minore su 5, tra i 6 e i 17 anni, non pratica sport e il 15% svolge solo qualche attività fisica.
Questa indagine dettagliata e impietosa fa un bilancio della condizione dei bambini e adolescenti in Italia. Ne emerge un aumento delle disuguaglianze intergenerazionali, geografiche, sociali, economiche, tra bambini del sud, del centro e del nord, tra bambini delle aree centrali e delle periferie, tra italiani e stranieri, tra figli delle scuole bene e delle classi ghetto.
La crisi economica ha avuto un impatto anche sull’aumento della denatalità. Nel 2008, in Italia i minori rappresentavano il 17.1% della popolazione residente, mentre nel 2018 sono ridotti al 16.2%. Un fenomeno che si è sviluppato in maniera non uniforme, ma che si è concentrato in particolare nel sud e nelle isole – che hanno perso 1 minore ogni 10 – e che al centro e al nord è stato meno incisivo per la presenza delle famiglie straniere. In Italia nascono pochi bambini e hanno in media genitori più anziani rispetto al passato: il percorso che consente di diventare genitori è sempre più lungo e complesso, anche in considerazione delle difficoltà per i più giovani di raggiungere l’autonomia necessaria per sostenere un nuovo nucleo familiare.
Serve dunque ricordare i 10 principi della Convenzione sui diritti dell’infanzia nell’anniversario della sua costituzione? Forse sì.
Principio primo: il fanciullo deve godere di tutti i diritti enunciati nella presente Dichiarazione. Questi diritti debbono essere riconosciuti a tutti i fanciulli senza eccezione alcuna, e senza distinzione e discriminazione fondata sulla razza, il colore, il sesso, la lingua, la religione o opinioni politiche o di altro genere, l’origine nazionale o sociale, le condizioni economiche, la nascita, o ogni altra condizione, sia che si riferisca al fanciullo stesso o alla sua famiglia.
Principio secondo: il fanciullo deve beneficiare di una speciale protezione e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, in modo da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico intellettuale morale spirituale e sociale in condizioni di libertà e di dignità. Nell’adozione delle leggi rivolte a tal fine la considerazione determinante deve essere del fanciullo.
Principio terzo: il fanciullo ha diritto, sin dalla nascita, a un nome e una nazionalità.
Principio quarto: il fanciullo deve beneficiare della sicurezza sociale. Deve poter crescere e svilupparsi in modo sano. A tal fine devono essere assicurate, a lui e alla madre, le cure mediche e le protezioni sociali adeguate, specialmente nel periodo precedente e seguente alla nascita. Il fanciullo ha diritto ad una alimentazione, ad un alloggio, a svaghi e a cure mediche adeguate.
Principio quinto: il fanciullo che si trova in una situazione di minoranza fisica, mentale o sociale ha diritto a ricevere il trattamento, l’educazione e le cure speciali di cui esso abbisogna per il suo stato o la sua condizione.
Principio sesto: il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. La società e i poteri pubblici hanno il dovere di aver cura particolare dei fanciulli senza famiglia o di quelli che non hanno sufficienti mezzi di sussistenza. È desiderabile che alle famiglie numerose siano concessi sussidi statali o altre provvidenze per il mantenimento dei figli.
Principio settimo: il fanciullo ha diritto a una educazione che, almeno a livello elementare, deve essere gratuita e obbligatoria. Egli ha diritto a godere di un educazione che contribuisca alla sua cultura generale e gli consenta, in una situazione di eguaglianza di possibilità, di sviluppare le sue facoltà, il suo giudizio personale e il suo senso di responsabilità morale e sociale, e di divenire un membro utile alla società. Il superiore interesse del fanciullo deve essere la guida di coloro che hanno la responsabilità della sua educazione e del suo orientamento; tale responsabilità incombe in primo luogo sui propri genitori. Il fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto.
Principio ottavo: in tutte le circostanze, il fanciullo deve essere fra i primi a ricevere protezione e soccorso.
Principio nono: il fanciullo deve essere protetto contro ogni forma di negligenza, di crudeltà o di sfruttamento. Egli non deve essere sottoposto a nessuna forma di tratta. Il fanciullo non deve essere inserito nell’attività produttiva prima di aver raggiunto un’età minima adatta. In nessun caso deve essere costretto o autorizzato ad assumere un occupazione o un impiego che nuocciano alla sua salute o che ostacolino il suo sviluppo fisico, mentale, o morale.
Principio decimo: il fanciullo deve essere protetto contro le pratiche che possono portare alla discriminazione razziale, alla discriminazione religiosa e ad ogni altra forma di discriminazione Deve essere educato in uno spirito di comprensione, di tolleranza, di amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza universale, e nella consapevolezza che deve consacrare le sue energie e la sua intelligenza al servizio dei propri simili.
In conclusione ribadiamo che questa giornata, questa memoria mondiale, è dedicata a tutti quei bambini che in modi differenti, per cause diverse e in luoghi diversi si trovano ad avere in comune l’impossibilità di vivere la loro “infanzia”. Infanzia che vogliamo simbolicamenrte riassumere con questa poesia scritta da un piccolo ometto e pubblicata sul sito web della maestra Mary:
Solo per gioco
Fammi giocare solo per gioco
Senza nient’altro, solo per poco
Senza capire, senza imparare
Senza bisogno di socializzare
Solo un bambino con altri bambini
Senza gli adulti sempre vicini
Senza progetto, senza giudizio
Con una fine ma senza l’inizio
Con una coda ma senza la testa
Solo per finta, solo per festa
Solo per fiamma che brucia per fuoco
Fammi giocare per gioco
Bruno Tognolini
Mi rimetto in gioco sempre. Cerco ogni giorno il meglio da me e per me. Curiosa, leggo e scrivo per passione. Imparo dal confronto, dalle critiche costruttive e rinasco cercando di superare i miei limiti. È così che approdo a nuove mete dopo scelte di studio e lavoro completamente diverse, quali la contabilità e un impiego in amministrazione in un’azienda privata e mi dedico a ciò che avrei dovuto fare fin dall’inizio.