La carriera teatrale di Pirandello inizia nel 1892 con un unico atto “L’epilogo”, cui segue nel 1895 “Il nibbio”. La lunga carriera teatrale può essere suddivisa in quattro fasi.
Le quattro fasi
La prima fase è quella del teatro siciliano (1910-1916). Grazie all’amicizia col catanese Nino Martoglio e con il capocomico Angelo Musco, Pirandello mette in scena alcune sue novelle, come “Lumie di Sicilia”, “La giara”, “Pensaci, Giacomino!”, “Liolà”.
La seconda fase è la c.d. fase umoristica (1917-1920) in cui l’autore utilizza l’umorismo come strumento per mettere in evidenza le ipocrisie del mondo borghese. La famiglia è il centro dell’azione drammatica, dove alla base vi sono incomprensioni, bugie ed incomunicabilità. Ricordiamo le seguenti opere: “Così è se vi pare”, “Il piacere dell’onestà”, “Il giuoco delle parti”, “Ma non è una cosa seria”, “La patente”, “Enrico IV”. In queste opere elemento ricorrente è il protagonista che si interroga sulla propria identità e sul modo in cui è visto dagli altri. Inoltre la presenza della ”maschera”, ovvero la presa di coscienza che per vivere bisogna giocare la propria parte. Un cenno a parte merita “Enrico IV”, che Pirandello definisce “tragedia”, la cui prima rappresentazione avvenne al teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922. Il ruolo di eroe tragico moderno era stato affidato all’attore Ruggero Ruggeri.
L’imperatore cinquantenne Enrico IV da circa venti anni vive con questa “maschera” a seguito di una caduta da cavallo durante un Carnevale, circondato da falsi servitori. La rottura dell’equilibrio avviene con l’arrivo dei cinque personaggi: l’amata Matilde con la figlia Frida, il rivale in amore Belcredi, il nipote Carlo e lo psichiatra Genoni, che proveranno a farlo rinsavire con uno stratagemma. Enrico IV già da circa dodici anni aveva recuperato la ragione, ma continuava a fingere di essere folle. L’uccisione del suo rivale Belcredi costringerà Enrico IV al ruolo di folle: una follia prima vera per destino, poi recitata per gioco ed infine subita per costrizione.
La terza fase è quella del metateatro (1921-1930) o quella del teatro nel teatro, con l’abolizione della quarta parete, che divide il palco dalla platea e con l’abolizione della separazione tra realtà e finzione. E’ del 9 maggio 1921 al teatro Valle di Roma la prima rappresentazione de “I sei personaggi in cerca d’autore”, ma fu un autentico fiasco. Il 27 settembre dello stesso anno fu rappresentata dalla compagnia di Dario Niccodemi al teatro Marconi di Milano e fu un trionfo. I sei personaggi in cerca d’autore sono: Padre, Madre, Figlio, Figliastra, Giovinetto, Bambina. Viene scardinato il teatro tradizionale, in quanto non c’è la divisione in atti, ma solo due casuali interruzioni; inoltre vi sono delle scalette che collegano la platea al palco ed in tal modo il capocomico ed i sei personaggi entrano dal fondo del teatro ed arrivano sul palco attraversando la platea. Il dramma che essi rappresentano è il seguente: il Padre, dopo la nascita del Figlio, ha allontanato la Madre. La Madre ha avuto altri tre figli dal segretario del marito: la Figliastra, il Giovinetto e la Bambina.
Morto il segretario, la Figliastra è costretta a prostituirsi nell’atelier di Madama Pace. Il Padre, che frequentava tale bordello, stava per commettere l’incesto quando interviene la Madre. Pieno di rimorsi il Padre accoglie in casa la Madre ed i tre figli, ma tale convivenza sfocerà in tragedia. Ogni personaggio è bloccato da un sentimento dominante: il Padre dal rimorso, la Madre dal dolore, il Figlio dallo sdegno e rifiuto della Madre e dei fratellastri, la Figliastra, invece, nutre sentimenti di vendetta nei confronti del Padre; i più piccoli sono muti durante la scena. Nel tragico epilogo la Bambina muore annegata in una fontana, mentre il Giovinetto si suicida. Nel buio del finale riecheggia la risata della Figliastra che corre verso le scalette e scompare per ultima dalla scena.
Nella quarta fase, quella del teatro dei miti (1928-1933), Pirandello sposta i contenuti della sua riflessione in una dimensione utopica, quella dei miti.
Il “mito sociale” con il sogno del c.d. “uomo nuovo”, il “mito religioso” nel suo eterno conflitto con la scienza ed il “mito dell’arte” vengono rappresentati nella trilogia “La nuova collana”, “Lazzaro” e “I giganti della montagna”.
Carlo Pisani Massamormile, napoletano, classe 1963, è laureato in Economia e Commercio e dottore commercialista.
Nel 2013 scrive una sua biografia dal titolo “Sei volte papà” in occasione della festa dei suoi 50 anni. Nel 2019 pubblica con la casa editrice “Il quaderno” il libro di poesie “Barca a rime”, una raccolta di poesie in rima baciata ed alternata sulle emozioni. Nel 2020 pubblica il libro di racconti “Intrighi di condominio” con la casa editrice “Il quaderno”: 17 racconti ironici e divertenti su condomini “sui generis” della Napoli degli anni 90, Nel 2021 insieme ad altri autori viene pubblicato un suo racconto dal titolo “Oltre il lavoro” nel libro” Grandi speranze”della collana “Gemme, scrittori si diventa” (casa editrice Guida); nel mese di novembre 2021 viene pubblicato il libro di poesie “Frammenti di emozioni”-poesie, fotografie,riflessioni (casa editrice Il quaderno). Appassionato di scrittura, lettura, psicologia, sport.