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Unguento, Unguento
portami al Noce di Benevento
supra acqua et supra vento
et supre ad omne malo tempo
Il 28 giugno 1424, in Campo dei Fiori a Roma, viene arsa sul rogo, per infanticidio, Finnicella. Tra i documenti processuali viene riportato che la donna ha bevuto il sangue del figlio. Quattro anni più tardi, nel mese di marzo, sarà Matteuccia da Todi a subire la medesima sorte. Questa volta la donna, originaria di Ripabianca, in provincia di Perugia, viene accusata di aver usato un unguento malefico che le avrebbe permesso di fare cose terribili.
Questo processo diventerà famoso perché in esso sarà adoperato per la prima volta il termine “strega”. Siamo nel 1428 e da questo momento in poi avrà inizio la famigerata persecuzione chiamata Caccia alle streghe.
Possiamo parlare di genocidio?
Il fenomeno appena citato, che tutti soliamo amabilmente ricondurre ad antiche forme di grette usanze del passato, ha portato alla morte ben 8 milioni di donne nel corso dei secoli. Potremmo definirlo un Genocidio? Be’, lasciamo ai lettori l’ardua sentenza; sta di fatto che la Chiesa, dopo tutto questo tempo, non ha ancora riconosciuto queste violenze, non ha mai chiesto scusa.
Le origini della leggenda del Sabba
Per rispondere a questa domanda bisogna andare indietro nel tempo, fino alle origini dei riti che poi hanno condotto alla nascita della leggenda sulle streghe. Bolla è il dio bambino che veniva venerato in antichità a Maloenton, l’originario nome di Benevento. Ai piedi del grande albero di Noce, sulle rive del fiume Sabato, venivano compiuti in onore del dio riti misteriosi da parte di sacerdoti e sacerdotesse intenti in danze frenetiche e promiscue.
Nel corso dei secoli, tali riti riuscirono a resistere alle invasioni romane e barbariche, incontrandosi e mescolandosi con i nuovi culti. È però con l’arrivo dei Longobardi che si ebbe un’evoluzione cruciale. Questi infatti si insediarono in un luogo chiamato “stretto di Balba”, divenuto poi “Barba”, un’ampia e rigogliosa zona pianeggiante attraversata da un corso d’acqua – proprio il Sabato – e dominata da un’alta rupe rocciosa. Questi guerrieri erano soliti cimentarsi in gare equestri e tiri al bersaglio con spade e lance su carcasse di animali, generalmente caproni, appese ai rami di un grande e maestoso albero di noce.
Con il tempo gli incontri assunsero la forma religiosa di riti celebrativi della natura, a cui si univano donne in cerca di riparo. Fuochi, grida, esibizioni, musiche tribali e rapporti promiscui potevano sollecitare la suggestione negli occhi di un osservatore di passaggio. È qui che probabilmente ha avuto origine la leggenda italiana del Sabba, il ritrovo di streghe e stregoni dove si celebravano feste magiche e orgiastiche in onore del Diavolo. Il richiamo demoniaco avveniva attraverso la pronuncia della formula magica che allude all’unguento, al Noce e a Benevento, che le streghe pronunziavano prima di prendere il volo e recarsi al luogo dove le attendeva avido Lucifero in persona nelle sembianze di un caprone, insieme a uno stuolo di demoni.
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La cristianizzazione e la proibizione dei culti pagani
L’elemento fondamentale che in seguito comportò la repressione di tali culti fu il processo di cristianizzazione che venne esacerbato dopo la caduta dell’Impero romano. Era il 697 d.C. e il vescovo di Benevento Barbato riuscì in poco tempo a conseguire il suo obiettivo: la proibizione dei culti notturni pagani ai piedi del Noce. A tale scopo face sradicare l’albero, non senza incontrare una solida resistenza.
Infatti, la leggenda narra che il Noce ricrescesse nuovamente, ancora più vigoroso di prima. Vera o non vera, questa storia dice molto sul legame che il popolo aveva con i suoi culti antichi, e quello legato alla natura era forse il più importante, in quanto rappresentava la venerazione che la gente aveva per i cicli della terra affinché questa donasse fecondità e prosperità. Tale resistenza però non fermò il vescovo, che inasprì la repressione.
La violenza adoperata diede i suoi frutti, qualcosa si era ormai rotto nella continuità tradizionale di un popolo, la riconversione era in atto. Successivamente Barbato divenne santo e i culti pressoché abbandonati. Una meravigliosa iconografia di origine medievale rappresenta il momento in cui San Barbato, con il suo ampio seguito, colpisce l’albero demoniaco con un’ascia.
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L’origine del male
Arriviamo così al XV secolo, quando già vari processi avverso le famigerate streghe erano stati promossi. Le leggende erano ormai sfuggite al controllo dei governanti, il panico stava imperversando in tutta la penisola, grida e violenze si levavano contro una minaccia demoniaca incombente.
Nel 1427 si recò a Roma un tal Bernardino da Siena, francescano e teologo italiano, profondo conoscitore dei riti e delle leggende beneventane poiché egli stesso era vissuto per qualche tempo in quelle terre. Non dimenticate questo nome, segnerà l’inizio di qualcosa di mostruoso che attraverserà molti secoli fino ad arrivare all’epoca odierna, lasciando qualche traccia indelebile nella nostra cultura. Ebbene Bernardino aveva delle idee strane e inquietanti verso alcuni tipi di donne: egli le considerava una minaccia, un male capace di infettare e annientare l’umanità allora conosciuta.
Parlava di quelle donne che oggi noi chiameremmo illuminate, conoscitrici della medicina naturale, le levatrici, le erboriste, le indovine, le erudite. Esse erano nemiche della chiesa e alleate del demonio, portatrici di carestie e pestilenze. I suoi sermoni deliranti si diffusero rapidamente e la caccia alle streghe fu aperta. Il suo inizio venne dato ufficialmente nel 1428, proprio con il processo ai danni di Matteuccia da Todi.
Il metodo processuale e la tortura
Al processo aveva preso parte lo stesso Bernardino, appositamente citato nelle carte processuali. Sotto una crudele tortura, la donna confessò di essersi recata al Noce di Benevento a cavallo di una scopa, nelle sembianze di una gatta. In effetti, la tortura era lo strumento adoperato diligentemente per estorcere la confessione alle presunte streghe, e seguiva poi il rogo per purificare la loro anima. L’interrogatorio a Matteuccia fu fatto dallo stesso Bernardino, il quale poneva domande che richiedevano una sola risposta: “cosa faceva durante le notti di certi periodi dell’anno?”, “Dove si recava?”, “Come e sotto quali sembianze?”, “Era una strega?” Una litania che andava avanti senza tregua, fino allo sfinimento, fino alla confessione.
Chi erano in realtà queste donne?
Ma chi era la povera Matteuccia? Era una donna che sapeva fare molte cose, aveva una profonda conoscenza delle erbe naturali ed era in grado di far guarire le persone. Da lei si recavano anche per abortire, non soltanto le donne dei ceti più bassi, ma anche persone di un certo rango sociale. Dopo di lei, tante altre donne incontrarono la medesima sorte, quali Mariana di San Sisto, Bellezza Orsini, Faustina Orsi e potremmo continuare ancora per molto, senza tener conto delle vittime di altri paesi. Certo, tra queste c’erano anche donne che avevano commesso dei crimini, ma si trattava di una percentuale molto bassa. Le altre furono vittime di una follia genocida.
La verità che nessuno dice: l’origine della misoginia
Il 1400, dunque, rappresenta un punto di passaggio fondamentale nella storia dell’umanità. Da qui nasce il fenomeno della misoginia, ciò che prima era considerata una semplice superstizione, ora veniva equiparata all’eresia. Anzi, da questo momento in poi la stregoneria venne considerata l’eresia per eccellenza. La distinzione tra questa e la magia fu annullata dalla bolla di Papa Giovanni XXII Super Illius Specula. Tali decisioni ebbero delle ripercussioni dolorose in tutta Europa. Il 30 maggio 1431, a Place du Vieux Marché di Rouen, sarà Giovanna D’Arco a finire sul rogo.
Cosa lega il cappello da strega a tutto ciò?
Vedere oggi una donna indossare un cappello da strega, generalmente a una festa di Halloween, può sembrare un’idea carina, ancora di più se abbinato a un vestito caratteristico che richiama la figura misteriosa. In realtà, durante il medioevo, finanche nelle epoche successive, indossare quel capo d’abbigliamento non era una circostanza molto felice. Infatti il cappello indicava lo status attribuito alle donne processate e condannate per stregoneria, a cui però non veniva inflitta la pena capitale.
Era una vera e propria maledizione, un marchio che di fatto le isolava dalla società, un simbolo che le indentificava come un morbo malefico che poteva infettare il genere umano. Questo cappello aveva la forma di un cono e sopra riportava per iscritto in modo ben visibile la sentenza pronunciata sulla condannata; tutti si guardavano bene dall’avvicinarla, considerata portatrice di idee eretiche, in grado di turbare l’animo dei buoni cristiani.
Immaginate (uomini e donne) di subire questa grave onta e di dover camminare per strada con un tal cappello sul capo, ben sapendo di avere addosso gli occhi pregiudiziosi altrui. Nessuno si avvicinerebbe a voi, nessuno vi saluterebbe. Sareste considerati l’ultimo gradino della scala sociale, un rifiuto umano prossimo alle viscere dell’inferno. Cosa ne dite? Vi piacerebbe?
Fonte foto: il riciclaggio della memoria
La verità che resta: l’etimologia del termine “strega”
Il termine strega deriva da “strix”, un mostro mitologico metà donna metà uccello, qualcosa di simile a un’arpia e un vampiro. Il suo seno pieno di veleno serviva a uccidere i bambini e a succhiarne il sangue. Attualmente tale termina viene utilizzato per indicare un tipo di uccello appartenente alla specie degli allocchi.
Il mito delle streghe di Benevento è stato il pretesto attraverso cui la Santa Inquisizione ha potuto massacrare milioni di persone, al solo scopo di arginare un fenomeno ancora più inquietante: la libertà e le virtù di quelle donne dotate di ampia cultura nei vari campi della conoscenza.
Fra qualche giorno sarà Halloween; forse dopo questo articolo qualcosa dentro le persone sarà cambiato, in molti non vedranno più un costume da strega allo stesso modo di prima. L’intento non era quello di rovinare nell’immaginario collettivo una figura che, durante l’infanzia di molte persone, ha assunto un significato affettuoso, simpatico.
Ma il passato è ciò che siamo stati, che abbiamo subito ed è qualcosa che rimane ancora radicato nel presente. Conoscere è un diritto e un dovere di tutti, per capire la ragione che si nasconde dietro le cose.
Materiale tratto dagli studi di: il Dott. Paolo Scalise, la Dott.ssa Laura Miriello, il Dott. Claudio Gargano, il gruppo beneventano del CISP.
Mi sono laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Napoli \”Federico II\” e in seguito ho realizzato varie esperienze di studio e di lavoro all’estero (Egitto, Francia, Spagna). Tornato in italia, ho inizato a specializzarmi nel settore della scrittura e dell’editoria. Dopo aver collaborato per un breve periodo con la casa editrice Einaudi, mi sono trasferito a Parigi, dove vivo tutt’ora. Al momento collaboro con la casa Editrice Italo Svevo Edizioni in qualità di Responsabile di progetti di coedizione internazionale, occupandomi di curare i rapporti con alcune case editrici francesi e di altri paesi europei ed extraeuropei. A partire dal mese di settembre 2020 scrivo per Hermes Magazine, di cui sono anche responsabile della sezione libri.