Laura Ferraro

Intervista a Laura Ferraro: attrice napoletana e performer burlesque

Laura Ferraro: brillante, volitiva, passionale. Figlia del “Vesuvio” geograficamente ma anche simbolicamente parlando, è una artista nel sangue e nell’anima, una autodidatta nel senso migliore della parola stessa, che non ha mai abbandonato quel suo sogno fanciullesco di calcare la scena ed esibirsi di fronte al pubblico. E la sua performante “Betty Von Dragon” è la quintessenza di un amore che oltre che indiscusso, è diventato oramai indissolubile, indispensabile. Betty è adrenalina pura, per la Donna, mamma ed artista cresciuta all’ombra della napoletanità verace.

Laura, c’è stato un momento della tua vita, un periodo, durante il quale hai guardato in te stessa ed hai scoperto la passione per l’arte?

“Nei primi anni della mia infanzia ho capito che quello che sembrava essere un semplice ed infantile gioco dei ruoli fra amichetti e cuginette, avrebbe avuto un ruolo sempre più importante nella mia vita. Il fuoco dell’arte, “sacro” come lo definiscono alcuni pensatori, ardeva in me fra una merendina a scuola ed i giochi in cortile, ed io ne sono diventata presto consapevole”.

Cosa ti ha spinto in particolare a volerti impadronire sempre di più di questa che sentivi già essere una forte passione?

“Ogni artista a mio avviso può seguire due strade. Una è quella della narcisistica proiezione di sè stessi, il voler rappresentare il proprio essere ma in una prospettiva di distacco dal resto del mondo. La mia natura è sempre stata diversa. Il mio è un “cuore ribelle”: un cuore, dentro al quale se sai leggere bene, ci trovi emotività, passione, creatività. Io sono una amante della esibizione e non solo del linguaggio del mio corpo, ma soprattutto delle pulsioni della mia anima. Posso sembrare estrema talvolta, anche fuori dalle scene, ma la verità è che io cerco con tutta la mia forza, empatia. Empatia con gli altri, comunicazione, riconoscimento reciproco. E non amo essere trattata con superficialità. La mia empatia mi spinge a voler essere sempre un passo avanti, a desiderare di condividere nel profondo i significati ed i significanti dell’arte che mi viene richiesto di mettere in scena”.

Non ti senti di voler essere la marionetta, l’esecutrice acritica…

Assolutamente no. Per interpretare devo vivere. Per vivere devo comprendere in me ogni singolo particolare. Sono esigente, a volte al limite dell’irritante. Ma in questo dimostro tutta la mia spontaneità umana ed artistica. E poi, cosa c’è di meglio per una brava artista che esprimersi in maniera spontanea e non artefatta?”

Ma questa tua ricerca dell’empatia comunicativa nell’espressione artistica, non ti crea a volte dei problemi?

C’è qualcosa che alla fine non crea problemi in ogni aspetto della nostra vita non solo artistica, ma anche quotidiana? Certo che talvolta nascono problemi, malintesi, invidie. Io sono così e sono spontanea nelle mie reazioni. Per questo confido e spero, di trovarmi quanto più possibile a contatto lavorativo ed artistico, con persone che abbiano la capacità di sapere leggere negli altri e non solo in se stessi. Il rispetto intellettuale è molto importante a mio avviso. Alcuni ed alcune ritengono che la mera esibizione del danaro o della potenza professionale, siano strumenti buoni ad appianare ogni situazione nel verso da loro auspicato. E questo è sbagliato a mio avviso”.

Dalle scene teatrali a quelle delle performer come la tua Betty Von Dragon. Cosa cambia?

“Il teatro è un qualcosa di molto impegnativo, oserei dire “aristocratico” e questo lo sanno tutti. Le performance di avanspettacolo e di burlesque, apparentemente – ma solo apparentemente – utilizzano altri e differenti canali semantici e comunicativi. Vuoi sapere se per me il burlesque rappresenta una forma artistica minore? Ti rispondo di “no”. Se non altro perché anche grazie alla sua spontaneità ed immediatezza creativa, si avvicina molto di più al teatro delle origini, di quanto si possa immaginare. Noi artiste di burlesque seguiamo dei canovacci, delle idee sceniche e recitative in continua evoluzione. Occasioni durante le quali ci mettiamo ogni volta nuovamente alla prova. Con il nostro fisico, con la nostra parola, con la nostra fantasia. Personalmente ho stima dell’attore così come del cosiddetto “guitto”. Che non è una figura minore in campo teatrale, così come andava sempre ripetendo una grande del nostro teatro come Dario Fo che amava definirsi “un guitto”. A volte il linguaggio non rende giustizia all’arte. Basti pensare alla parola “pagliaccio” che viene utilizzata per sminuire e denigrare quella che invece racchiude in sè un’arte interpretativa e recitativa a 360 gradi”.

La completezza dell’attrice. Ti capita di rammaricarti per non essere, come tu stessa dici, un’artista a 360 gradi?

“Mi manca la finezza del canto, la capacità musicale, se non altro dal punto di vista vocale. In compenso ho imparato a seguire la musica dell’anima e questo mi aiuta tantissimo. Il ballo poi. Altro elemento assai importante, ma che anche in questo caso riesco a ricreare riconducendo il mio corpo e la mia mente all’anima. Per il resto, ripeto, proprio il Burlesque fornisce all’artista i mezzi per espandere le proprie conoscenze e quindi le proprie capacità in scena. Attraverso il grottesco, l’ironia e quel sottile e quasi infinito giocare a “nasconderello”, si riscopre la gioia per la vera recitazione”

Confessa…quanto di narcisistico e di voglia di “mostrarsi” ti ha portato alle scene del Burlesque? E quanto di introspettivo c’è in esso per te?

Stare sulla scena, regala emozioni in più, questo è innegabile. E non solo per gli attori questo. Pensa ai grandi manager, ai politici, ai calciatori: che cosa stanno provando in quel momento in cui stanno calcando la “loro” di scena? Il Burlesque per quanto ho potuto sperimentare non solo per me stessa, parte dal grande presupposto dell’accettazione della propria natura, non solo emozionale e psicologica, ma anche fisica, del corpo. Non è uno strip tease, dove la bellezza corporea è tutto. E’ una arte che rende in quel momento sensuale ed interessante ciò che in altri contesti non lo sarebbe solo perché la mente umana risponde ad impulsi diversi. Il Burlesque porta lo spettatore a contestualizzare. E poi la dimensione ironica, del gioco: fa sviluppare la creatività, stimola l’erotismo, e provoca la raffinatezza del pensiero”

Un turbinio di sensazioni ed esperienze incredibili dunque a sentire te. Questo nello spettatore, e in te invece? Cosa ti provoca?

“In me? Un senso di completezza innanzitutto. E poi un ulteriore stimolo alla creatività. Pensa che in piena pandemia e con tutti gli spettacoli praticamente fermi, il pensiero positivo e giocoso dell’arte del Burlesque mi ha portato a voler mettere in campo nuove idee ed esperienze. Artistiche in senso stretto certamente, come lavorare sui set di film corti. Ma anche “artistiche” non in senso stretto. Ad un certo punto mi sono messa a produrre liquori artigianali, utilizzando prodotti della mia terra: dagli agrumi alle ciliegie, alle essenze varie. E siccome l’arte non ci può abbandonare in nessun momento, ecco che è nata l’etichetta “Maeva”, dal nome di una divinità celtica femminile, che incarnava la “ubris”, l’inebriamento del bello e del piacevole. E’ stato un esperimento all’inizio che adesso coltivo con grande interesse ed attenzione perché ho avuto la prova che il prodotto è oltre che ottimo, assai accattivante”.

Abbiamo conosciuto la Laura artista? E quella privata invece?

“Beh la Laura privata è una donna che cerca di fare il possibile per allevare al meglio i miei meravigliosi gemelli, Francesco e Federico. E per questo ho accettato sacrifici che spesso diventano anche pesantissimi nella gestione quotidiana. A volte rifletto sul fatto che la presenza di un uomo al mio fianco potrebbe sollevarmi da tante cose che attualmente devo affrontare da sola per me e per i miei figli. Magari questo accadrà pure, quando si verificherà l’occasione giusta. Al momento l’arte, la mia passione per le scene mi aiuta a sostenere meglio le difficoltà della vita”.