Fonte foto: La Frack Magazine
In lingua gaelica è Gráinne Uí Mháille, conosciuta anche come la Regina del mare di Connemara, ha ispirato leggende, libri, musical, canzoni ed è diventata simbolo dell’indipendenza irlandese.
È nata a Louisburgh, nella Baia di Clew nel 1530, il padre Eoghen era il capo del clan degli O’ Malley una famiglia ricca e potente del Connacht: possidenti di molte terre, erano navigatori che si spingevano fino in Francia e in Spagna, che avevano traffici commerciali e che tassavano coloro che pescavano lungo le coste sottoposte al loro controllo.
Fin da bambina era affascinata dalla vita di mare, tant’è che insisteva affinché il padre la portasse con lei per le spedizioni.
Una leggenda narra che alla sua richiesta di partire per una spedizione fino alle coste spagnole, il padre le negò il permesso, dicendole che i suoi lunghi capelli si sarebbero impigliati nel cordame dalla nave. Pur di salpare Grace tagliò i capelli, motivo per cui le fu affibbiato il soprannome di Gráinne Mhaol che in gaelico significa senza capelli.
Il padre dovette cedere alle sue richieste e di navigazione in navigazione, iniziò ad apprendere l’arte della pirateria.
Alla morte del genitore, Grace divenne il capo clan, nonostante avesse un fratellastro: era lei che aveva le qualità da leader.
In quel periodo l’Irlanda era sotto il dominio di Enrico VIII d’Inghilterra, i Signori locali godevano di una certa indipendenza; le cose cambiarono quando andò al potere Elisabetta I.
Ma procediamo con ordine
Appena sedicenne si sposò con Donal an Chogaidh O’Flaherty; dal matrimonio nacquero Eoghan (Owen), Méadhbh (Maeve) e Murchadh (Murrough). Quest’ultimo era una testa calda, che si rivelò in seguito un traditore, dato che passò dalla parte di Bingham, dopo che quest’ultimo gli aveva ucciso Eoghan, il fratello maggiore.
Grace non la prese bene: giurò, infatti, che non gli avrebbe più rivolto la parola, tranne quando lo doveva insultare.
Gli uomini la rispettavano, non solo per il suo carisma, ma anche perché era una forte giocatrice che alzava molto il gomito e che non si risparmiava nelle imprecazioni.
Nel 1565 il marito morì in un’imboscata del clan dei Joyces, a cui tempo prima aveva preso Cock’s Castle. Per vendicarsi e per evitare che il maniero ritornasse nelle mani dei Joyces, Grace organizzò un’armata con la quale sconfisse i nemici e uccise gli assassini del marito. Da quel giorno prese il comando della famiglia O’Flaherty e si stabilì nel castello di Clare Island.
Si dedicò finalmente alla vita che aveva sempre sognato, guadagnandosi da vivere con commerci e scorrerie: con la sua flotta di navi leggere attaccava e saccheggiava le navi mercantili, a meno che non erano disposte a pagare, e intratteneva fitte relazioni commerciali.
Da donna indipendente e soprattutto molto ricca, intrattenne una relazione con un uomo più giovane di 15 anni che venne però assassinato da un altro clan rivale, i Mac Mahon, cosa che provocò la sua vendetta: prima uccise gli assassini del suo amante e poi attaccò il loro castello e lo prese per sé.
Si risposò nel 1566 con Richard-un-Iarainn Burke – padrone del castello di Rockfleet – da cui divorziò un anno dopo; Grace si potè tenere il castello, secondo l’antica Legge di Brehon che garantiva parità tra uomo e donna, e che prevedeva la possibilità di troncare il matrimonio dopo un anno e di tenersi la dote, in questo caso, appunto, il castello.
Sembrerebbe, però, che i due non si siano effettivamente separati, vivendo se non da coniugi almeno da alleati.
Dalla loro unione nasce Tibbot Na Long (Tibbot delle navi), perchè era nato durante uno dei loro viaggi sul mare.
Si dice che a poche dalla sua nascita, la nave fu attaccata dai pirati algerini: Grace si alzò dal letto, infagottò il pargolo in una coperta e saltò sul ponte combattendo e catturando molti nemici.
I rapporti con la Corona
Alla corte inglese, Grace non andava molto a genio, dal momento che oltre alle scorrerie, sosteneva le ribellioni dei clan irlandesi contro la corona. Nel 1579 il castello di Clare Island venne attaccato da una flotta di sua Maestà Elisabetta I, ma Grace riuscì a contrattaccare e a sconfiggerla.
A 56 anni fu imprigionata per mano di sir Richard Bingham, Governatore inglese con l’incarico di sottomettere le terre irlandesi; riuscì a sfuggire per poco alla condanna a morte e perse gran parte delle sue ricchezze.
Ma Grace, in quanto una donna di carattere, non era incline a piegarsi alla avversità. Una volta, di ritorno da un viaggio in Inghilterra e, arrivata nei pressi di Dublino, si fermò al castello dei baroni di Howth per chiedere ospitalità, che le venne negata.
Per ritorsione rapì Christopher figlio ed erede del Barone, e lo restituì al padre dietro promessa di non trovare mai più chiusi i cancelli del castello e che un posto a tavola sarebbe stato sempre pronto per un visitatore improvviso; è una tradizione che a Howth Castle si rispetta tuttora.
Dal canto suo – com’era prevedibile – Grace non sopportava l’ingerenza inglese, così come Sir Richard Bingham che spadroneggiava sul Connacht il territorio degli O’ Malley.
Le cose precipitarono quando, nel 1593, il governatore fece rapire i suoi figli; la nostra protagonista si recò direttamente a Londra, incurante del rischio di venire arrestata o, peggio, uccisa, per chiedere udienza alla Regina Elisabetta I al fine di ottenere il loro rilascio.
Si presentò con un abito elegante e un pugnale celato nelle vesti (per difesa personale, disse quando le guardie se ne accorsero).
Non si inchinò perché non era la sua sovrana e quando si incontrarono nel palazzo di Greenwich comunicarono in latino perché Grace non parlava in inglese ed Elisabetta non conosceva il gaelico.
Il comportamento fiero della piratessa affascinava la regina e allo stesso tempo la infastidiva, come nell’episodio in cui, dopo uno starnuto, una dama di corte le porse un fazzoletto ricamato e Grace lo gettò nel fuoco subito dopo averlo usato, giustificandosi che in Irlanda non era consuetudine portare addosso qualcosa di sporco.
Si rivelò un’abile negoziatrice e trovò un accordo con la Regina: la liberazione dei suoi figli, in cambio della rinuncia a sobillare i clan irlandesi contro la corona.
Ma non tutte le richieste vennero soddisfatte: infatti Bingham venne licenziato, per poi essere reintegrato e le terre confiscate non le vennero restituite; sentendosi ingannata riprese i suoi affari senza riguardi per la corona.
Morì a Rockfeet Castle nel 1603, lo stesso anno della regina Elisabetta I, si dice sia sepolta nel cimitero dell’abbazia cistercense di Clare Island.
Nato in un torrido ferragosto del 1968 a Milano, dove vive tutt’ora.
Si considera vecchio fuori, ma giovane dentro: in realtà è vecchio anche dentro.
La scrittura è per lui un piacere più che una passione, dal momento che – sua opinione – la passione stessa genera sofferenza e lui, quando scrive, non soffre mai, al massimo urla qualche imprecazione davanti al foglio bianco.
Lettore appassionato di generi diversi, come il noir, il thriller, il romanzo umoristico e quello storico, adora Calvino, stravede per Camilleri e si lascia trascinare volentieri dalle storie di Stephen King e di Ken Follett.
Appassionato di musica, ascolta di tutto: dal rock al blues, dal funky al jazz, dalla classica al rap, convinto assertore della musica senza barriere.
Nel 2020 è uscito il suo primo romanzo, dal titolo “L’occasione.”, genere umoristico.
Ha detto di lui Roberto Saviano:”Non so chi sia”.