‘Bruciare la vecchia’, una tradizione antichissima

‘Bruciare la vecchia’, una tradizione antichissima

Condividi su

Quella di bruciare la vecchia è una tradizione antichissima, diffusa in tutto il nord Italia. Consiste nell’ardere su un rogo, in determinati periodi dell’anno, un fantoccio, a simboleggiare l’addio all’inverno e alla negatività. Vediamo insieme le origini di questa tradizione così particolare, talmente radicata nella memoria delle popolazioni di origine contadina da essere praticata ancora ai giorni nostri.

Le origini di una tradizione così antica

Le origini di questo rito possono essere fatte risalire addirittura ai tempi dei greci e dei romani, quando in occasione di certe festività si effettuavano libagioni in onore degli dei e si bruciava del bestiame per propiziare una buona stagione del raccolto. A questa tipologia di rito si attribuiva grande importanza, visto che agli eroi che si erano distinti in guerra si concedeva l’onore di ardere il suo corpo su una pira funeraria dopo la sua morte in battaglia.

‘Bruciare la vecchia’, una tradizione antichissima

Fonte foto: memagazine.it

Tra le popolazioni celtiche e, di conseguenza, in buona parte del nord Italia, questo rituale ha assunto i connotati di un rito apotropaico, atto cioè ad allontanare la negatività bruciando un simbolo che la rappresenta. Ardere allora un fantoccio che incarna il passato diventa l’occasione per liberarsi dal male e sperimentare l’avvento di una rinascita; è per questo motivo che il rito di bruciare la vecchia viene effettuato in coincidenza dell’anno nuovo, o dell’inizio di una nuova stagione ricca di prosperità come la primavera.

Paese che vai, usanze che trovi

Il rito di bruciare la vecchia si tiene in numerose città del nord Italia, ma a seconda della zona cambia il periodo in cui si celebra il rito, il nome con cui si identifica la pratica e perfino la modalità con cui si tiene la rappresentazione.

Sarà curioso allora indagare sui tanti nomi con cui può essere denominato questo rituale, come per esempio pignarûl in Friuli, panevìn nelle province di Treviso, Pordenone e Venezia, Fasagna in quelle di Parma e Reggio Emilia e brüsa ul vécc sul lago Maggiore.

Altrettanto interessante sarà studiare le differenti interpretazioni di questo rito a seconda del periodo in cui viene celebrato: in Veneto e in Friuli si tiene di solito in occasione dell’Epifania, ed è quindi legato alla conclusione dell’anno vecchio per accogliere con entusiasmo quello nuovo, in Emilia durante la notte di San Giuseppe, in Alto Adige il giovedì di metà Quaresima e a Brescia dopo il digiuno quaresimale, costituendo quindi un’opportunità per interrompere i fioretti che ci si propone di seguire nel periodo pasquale e concedersi qualche stravizio e un po’ di allegria.

‘Bruciare la vecchia’, una tradizione antichissima

Fonte foto: modenatoday.it

In certi paesi, infine, il rito si colora di ricordi dolorosi e mai sopiti: per ricordare i processi alle streghe, infatti, a Ospitaletto, Borgo San Giacomo, Castrezzato e Manerbio, cittadine della provincia di Brescia, la vecchia viene addirittura processata, prima di essere arsa sul rogo.

Ultima curiosità legata a questo rito: in certe zone, come in Veneto, vige l’usanza di presagire come sarà il nuovo anno osservando da che direzione spira il vento che spegne il fuoco. Se da sud-ovest, presto ci sarà pioggia; se da nord-est, al contrario, tempo asciutto, e quindi, probabilmente, siccità.


Condividi su