La magnifica scultura raffigura un pugile seduto, che riposa dopo un incontro. Un pregevole manufatto in bronzo alto circa 128 centimetri, risalente al IV secolo a.C. e attribuito allo scultore greco Lisippo o alla sua scuola.
È stata trovata nel 1885 insieme ad un altro bronzo denominato “Principe ellenistico”, in un’area nei pressi del Quirinale dove presumibilmente si trovavano le Terme di Costantino, durante gli scavi per la costruzione del Teatro Drammatico di Roma.
Rinvenuto a una profondità di circa sei metri, seduto su un capitello dorico a modo di sgabello, non sembrava gettato o seppellito lì per caso, ma nascosto già in antichità, con cura, come un tesoro da custodire, e ricoperto da un terriccio setacciato, quasi a voler preservare il metallo con cui è stato forgiato dalle intemperie e dal tempo.
Un combattente battuto
Fonte foto: iltermopolio.com
Il soggetto è un uomo non più giovanissimo, forse un barbaro, con una folta barba e il petto villoso. Indossa gli “Himantes Oxeis”, una complessa tipologia di “guantoni” da combattimento tipica degli atleti dell’epoca, realizzati con strisce di cuoio e parti in metallo. Il realismo della figura mostra un corpo muscoloso avvezzo agli scontri fisici, con i tratti alterati dai numerosi scontri, mentre l’accuratezza nei dettagli rivela molteplici ferite e tumefazioni rese vivide dagli inserti di rame che riproducono il sangue che ancora fuoriesce dalle lesioni. È ritratto in una posa di quiete, ma l’espressione del volto è ancora di allerta. Non è un vincitore: la postura riflette la stanchezza delle membra per la fatica dell’incontro, senza però l’enfasi e gli slanci che riferirebbero di una vittoria.
La tecnica
La statua bronzea è stata creata con la tecnica della fusione a cera persa ed è costituita da otto parti che sono state successivamente assemblate. La barba e i capelli sono stati lavorati a freddo e i vari inserti delle labbra, delle cicatrici e delle ferite sono in rame e di una lega più scura per evidenziarne i segni. Il viso era perfezionato da occhi policromi, oggi andati perduti, realizzati con altri materiali, marmi o resine, per rendere più vera l’espressione.
Attualmente si può ammirare in tutta la sua bellezza presso il Museo Nazionale di Roma.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.