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Udine ridisegna il Regno di Micene

Maschera di Agamennone, ca 1500 a.C., Museo Archeologico Nazionale di Atene

Micene, Grecia, nord-est della regione del Peloponneso. 120 km a sud-ovest di Atene. Attiva sin dal Neolitico (ca 5000 a.C.), nel secondo millennio a.C. fu una delle polis più importanti nell’Antica Grecia e una roccaforte militare che governò gran parte della Grecia meridionale, oltre a Creta, le Cicladi e il sud-ovest dell’Anatolia, l’odierna Turchia. Ma le ricerche dell’Università di Udine potrebbero riscrivere la storia del grande Regno di Micene.

Il Regno di Micene e Re Agamennone

Centro politico, economico e militare, culla della civiltà micenea, Micene fu protagonista essenziale anche della stessa mitologia greca.

I miti classici narrano, difatti, che Micene fu fondata da Perseo, nipote del re Acrisio della celebre Argo, e figlio di Danae e Zeus. Dopo aver accidentalmente ucciso il nonno, Perseo si rifiutò di ereditare il trono di Argo. Decise, invece, di organizzare uno scambio di regni con suo cugino Megapente: questi divenne dunque re di Argo, mentre Perseo fu incoronato re di Tirinto. Dopodiché, Perseo fondò Micene e governò entrambi i regni contemporaneamente.

Esistono due versioni relative alla fondazione di Micene. Nella prima, Perseo smarrì l’estremità della guaina della spada, chiamata in greco mykes, e in quel momento avrebbe deciso di fondare Micene. Nella seconda versione, invece, Perseo avrebbe strappato un fungo dal nome greco di mykes, dal quale sarebbe scaturita una sorgente che lo avrebbe portato alla decisione sopra citata. 

Ma se non c’è alcun dubbio che Micene fu una città realmente esistita, la stessa cosa non si può dire invece per Agamennone, uno dei suoi re.

Nella mitologia, Agamennone è considerato il figlio di Atreo, il re di Micene scelto tra i Pelopidi, e fu inoltre colui che guidò la decennale guerra degli Achei contro Troia, battaglia di cui non si è mai rinvenuta conferma definitiva. La celebre lotta è narrata da Omero nel corso dei XXIV canti del suo Iliade, un poema epico e certamente non una fonte storica – tanto che persino l’esistenza dello scrittore stesso è messa in dubbio.

Basti pensare che la preziosa maschera di Agamennone, di cui l’immagine in copertina, scovata nel 1876 a Micene dall’archeologo tedesco Heinrich Schliemann e oggi custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Atene, potrebbe non avere nulla di autentico. Non solo, inizialmente, la si ritenne databile tra il 1550 e il 1500 a.C., dunque almeno 300 anni prima della presunta Guerra di Troia, forse avvenuta tra il 1250 e 1184 a.C.; ma alcuni studiosi la reputano addirittura un falso commissionato dallo stesso Schliemann.

Il progetto di scavo

Gli studi svolti dagli archeologi dell’Università di Udine, coordinati dalla Prof.ssa Elisabetta Borgna, sono parte di una campagna di scavo della necropoli della Trapezà di Eghion (o Aigio), un ex-comune dell’Acaia, nel Peloponneso occidentale, dove il gruppo udinese collabora dal 2010.

Il progetto nacque all’epoca da un invito di Andreas Vordos, direttore del Museo di Eghion, nell’ambito di un programma di ricerche organizzato dal Servizio Archeologico greco per il Ministero Greco della Cultura, all’interno dell’area archeologica dell’antica città di Rhypes. Le campagne furono avviate nel 2010 e dal 2012 si sono concentrate sui contesti funerari, un nucleo di tombe a camera scavate nella sabbia coesa del substrato di un pendio collinare, e sono supportate anche dal Ministero Italiano degli Affari Esteri e dall’Institute for Aegean Prehistory di Philadelphia (USA).

Ma i ritrovamenti avvenuti quest’anno, durante la decima campagna annuale, potrebbero cambiare molte cose.

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Lavori di scavo dell'Università di Udine in Acaia, Fonte dell'immagine: qui.uniud.it

Le nuove scoperte

Durante le indagini funerarie delle scorse campagne, dalla tomba numero 6 erano emersi ricchi corredi di ceramica e gioielli, nonché un deposito di oggetti in bronzo che comprendeva inoltre una monumentale cuspide di lancia da parata, presumibilmente in dotazione ad una figura forse legata all’autorità centrale di Micene, come un ufficiale, un sovrintendente o un governatore locale.

Quest’anno, invece, è riaffiorato alla luce qualcosa di inaspettato: tre spade.

E ciò potrebbe sembrare in realtà del tutto normale, antiche armi che praticamente tutti i musei del mondo sfoggiano tra le loro collezioni. Ma queste tre lame hanno qualcosa di particolare: si tratta di fogge tipiche delle produzioni micenee palaziali e databili al XIV secolo a.C., ossia nel periodo di pieno splendore e attività dei palazzi di Micene, Tirinto e Pilo.

Non solo: all’interno di un antico villaggio individuato nel 2015, situato a qualche centinaia di metri più a sud della necropoli e fondato in età pre-micenea verso l’inizio del II millennio a.C., è riemerso poche settimane fa un imponente edificio con focolare centrale del tipo megaron, caratteristico dell’architettura micenea, databile a circa il XVII secolo a.C.

Nel periodo iniziale dell’epoca Micenea, il megaron era un grande salone rettangolare circondato da quattro colonne, preceduto da un portico a due colonne, e con un focolare centrale aperto che areava attraverso un oculo nel tetto. Un tipo di architettura molto comune nei palazzi dell’epoca in cui si svolgeva la vita di corte, e che ospitava la sala del trono.

Il focolare ritrovato quest’anno fu costruito su imponenti fondazioni in grosse pietre, delimitato da grandi ciottoli e allestito con una contorta serie di stesure di ghiaia e ciottoli, su cui poggiavano piastre di argilla da cottura. Secondo la Prof.ssa Borgna, “Una complessità che sembra la premessa del fiorente sviluppo dei secoli successivi, così ben documentato dalla necropoli. Le dinamiche di crescita, evoluzione ed estensione dell’abitato e il rapporto tra questo e la vicina necropoli sono tra gli affascinanti aspetti ancora da chiarire».

Cosa significa tutto ciò?

“Ma ben cento son quelle a cui comanda il regnatore Agamennóne Atride.
Sua seguace è la gente che gl’invìa la regale Micene e l’opulenta Corinto, e quella della ben costrutta Cleone e quella che d’Ornee discende, e dall’amena Aretirèa. Né scarsa fu de’ suoi Sicion, seggio primiero d’Adrasto. Anco Iperesia, anco l’eccelsa Gonoessa e Pellene ed Egio e tutte le marittime prode, e tutta intorno d’Elice la campagna impoverirsi d’abitatori”.

Iliade, Libro Secondo

Sebbene il ritrovamento di elementi micenei possa sembrare emozionante, ma non straordinario, la grandiosità della scoperta sta proprio in questo. Perché il sistema politico, sociale ed economico dei regni micenei era severamente centralizzato e la circolazione di determinati beni strategici, come le armi, era rigidamente controllata e ad accesso limitato.

Come spiega la Prof.ssa Borgna, le armi erano “prodotte nelle officine centrali e conservate nei magazzini palaziali. Erano per lo più distribuite all’occorrenza agli uomini chiamati alle armi oppure erano detenute da guerrieri e ufficiali con ruoli specifici nell’ambito dell’amministrazione palatina. È quindi raro che durante la piena età palaziale, ossia quando era più efficiente e rigoroso il sistema di controllo dei palazzi, venissero deposte delle armi nelle tombe, in particolare in quelle appartenenti a necropoli periferiche. Quando avveniva, questo denotava l’importanza dello status e del ruolo del defunto“.

Ma cosa c’entrano Omero e Agamennone?

L’individuazione di un gruppo di guerrieri micenei nella necropoli achea è un avvenimento estremamente importante per la ricostruzione storica dei confini politici del regno miceneo nella tarda età del bronzo, che non si pensava raggiungesse anche la zona di Eghion.

Seguendo sempre le parole di Borgna, “Questa presenza sembra costituire una conferma a quanto racconta Omero nel secondo libro dell’Iliade, quando, nel celebre Catalogo delle Navi, quantifica la potenza militare degli Achei impegnati nella spedizione a Troia elencando i comandanti e la provenienza dei contingenti“.

Perché, come riportato nel passo sopra citato, “il poeta greco riferisce che Agamennone in persona, re di Micene, avrebbe guidato da condottiero cento navi di guerrieri, reclutati, oltre che nei territori immediatamente circostanti al palazzo di Micene, in Argolide e Corinzia, anche nella periferica Eghialia, ossia la porzione orientale dell’Acaia intorno ad Eghion, sede di vari insediamenti di cui più tardi ci avrebbe parlato Pausania (militare spartano fratello minore del celebre Leonida I, n.d.r.».

Le parole di Omero“, conclude la docente, “fanno riferimento a comunità in grado di fornire risorse in termini di seguito e forza militare per grandi iniziative come quella della leggendaria guerra di Troia che il poeta si apprestava a celebrare. Le tracce ora rinvenute di quei guerrieri micenei che nel vasto Peloponneso servirono la potente organizzazione militare dei palazzi rappresentano dunque forse il nucleo storico di una realtà trasposta in leggenda ed evocata dal racconto epico“.

Tutto ciò sembra dunque confermare una certa verità storica nelle parole di Omero, da sempre considerate per lo più leggende, commistioni di tradizionali orali e forse finzione. E chissà se il tempo farà riemergere nuove realtà.