François Auguste René Rodin (1840-1917) è stato uno dei più grandi ed eclettici artisti del periodo Impressionista.
La sua verve scultorea lo ha portato a scontrarsi con la visione stereotipata e classica del concetto di statuaria del suo tempo. La predilezione verso il naturalismo lo ha spinto ad allontanarsi dalle manifestazioni monumentali della scultura per privilegiarne l’emozionalità e la creazione plastica. Le critiche che accompagnarono i suoi primi lavori non scoraggiarono l’artista dal proseguire nei suoi intenti e nella sua innovazione tecnica, riuscendo già agli inizi del novecento a essere uno degli scultori più ricercati in Francia e fra i più noti in tutto il mondo.
Il suo più grande capolavoro è “La porta dell’inferno” un enorme portale (più di quattro metri d’altezza) in bronzo che gli fu commissionato nel 1880 per il Musée des Arts Décoratifs di Parigi (oggi presso il Museo D’Orsay). L’autore lavorò per quasi quarant’anni, sino alla sua morte al progetto, rimaneggiandolo e rielaborandolo continuamente, ma fu definitivamente realizzato in bronzo solo dopo il decesso dell’artista.
Fonte foto : MUDEC
L’atto del plasmare la creta in giochi di luci e ombre, e come la creta il bronzo, il gesso, il marmo e di lasciare che i corpi abbozzati, non finiti, trasmettessero ugualmente, anzi proprio in funzione di tale incompiutezza, le emozioni e gli stati d’animo che l’autore voleva portare in primo piano, ha caratterizzato tutta la scultura di Rodin, facendolo definire a ragion veduta il “Padre della scultura moderna”
“Rodin e la danza”
Fonte foto: MUDEC
La mostra allestita presso il MUDEC di
François Auguste René Rodin (1840-1917) è stato uno dei più grandi ed eclettici artisti del periodo Impressionista. La sua verve scultorea lo ha portato a scontrarsi con la visione stereotipata e classica del concetto di statuaria del suo tempo. La predilezione verso il naturalismo lo ha spinto ad allontanarsi dalle manifestazioni monumentali della scultura per privilegiarne l’emozionalità e la creazione plastica. Le critiche che accompagnarono i suoi primi lavori non scoraggiarono l’artista dal proseguire nei suoi intenti e nella sua innovazione tecnica, riuscendo già agli inizi del novecento a essere uno degli scultori più ricercati in Francia e fra i più noti in tutto il mondo.
Il suo più grande capolavoro è “La porta dell’inferno” un enorme portale (più di quattro metri d’altezza) in bronzo che gli fu commissionato nel 1880 per il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. L’autore lavorò per quasi quarant’anni, sino alla sua morte al progetto, rimaneggiandolo e rielaborandolo continuamente, ma fu definitivamente realizzato in bronzo solo dopo il decesso dell’artista.
L’atto del plasmare la creta in giochi di luci e ombre, e come la creta il bronzo, il gesso, il marmo e di lasciare che i corpi abbozzati, non finiti, trasmettessero ugualmente, anzi proprio in funzione di tale incompiutezza, le emozioni e gli stati d’animo che l’autore voleva portare in primo piano, ha caratterizzato tutta la scultura di Rodin, facendolo definire a ragion veduta il “Padre della scultura moderna”
“Rodin e la danza”
La mostra allestita presso il MUDEC di Milano sino al 10 marzo prossimo: “Rodin e la danza”, vuole raccontare come la danza abbia avuto una forte attrattiva per la creatività e il genio artistico di Rodin. Realizzata in collaborazione con il Museo Rodin di Parigi, dal provengono 53 delle opere esposte, testimonia il grande fascino che il tema del movimento e delle capacità espressive del corpo umano danzante, esercitò sull’immaginario dell’artista.
Gli incontri che ebbe con Loie Fuller, celebre per la sua “danza serpentina” e più tardi con Isadora Duncan, autodidatta ma capace di rivoluzionare la concezione della danza del suo tempo, nonché la scoperta dei balli cambogiani in occasione della grande esposizione di Marsiglia nel 1906 (ai quali dedicò più di 150 disegni in una sola settimana), portarono alla realizzazione dei “Movimenti di danza” una serie di statuine e studi in gesso e terracotta rimasti pressoché inediti durante la sua vita.
L’esposizione è allestita in modalità scenografica e multimediale e presenta anche una selezione di video realizzati da artisti coreografi che si sono ispirati al lavoro di Rodin. È inoltre divisa in tre sezioni curate rispettivamente da Aude Chevalier, assistente conservatrice del dipartimento di sculture del Museo Rodin, Cristiana Natali, docente di Antropologia dell’Asia meridionale ed Elena Cervellati, professoressa associata di Storia della danza e Teorie e pratiche della danza presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.
sino al 10 marzo prossimo: “Rodin e la danza”, vuole raccontare come la danza abbia avuto una forte attrattiva per la creatività e il genio artistico di Rodin. Realizzata in collaborazione con il Museo Rodin di Parigi, dal provengono 53 delle opere esposte, testimonia il grande fascino che il tema del movimento e delle capacità espressive del corpo umano danzante, esercitò sull’immaginario dell’artista.
Gli incontri che ebbe con Loie Fuller, celebre per la sua “danza serpentina” e più tardi con Isadora Duncan, autodidatta ma capace di rivoluzionare la concezione della danza del suo tempo, nonché la scoperta dei balli cambogiani in occasione della grande esposizione di Marsiglia nel 1906 (ai quali dedicò più di 150 disegni in una sola settimana), portarono alla realizzazione dei “Movimenti di danza” una serie di statuine e studi in gesso e terracotta rimasti pressoché inediti durante la sua vita.
Fonte foto: MUDEC
L’esposizione è allestita in modalità scenografica e multimediale e presenta anche una selezione di video realizzati da artisti coreografi che si sono ispirati al lavoro di Rodin. È inoltre divisa in tre sezioni curate rispettivamente da Aude Chevalier, assistente conservatrice del dipartimento di sculture del Museo Rodin, Cristiana Natali, docente di Antropologia dell’Asia meridionale ed Elena Cervellati, professoressa associata di Storia della danza e Teorie e pratiche della danza presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.