La carriera artistica di Gerhard Richter (Dresda 1932), considerato uno dei più grandi artisti tedeschi viventi, ha inizio alla fine degli anni sessanta del secolo scorso. L’incontro all’accademia di Dussendorf con Joseph Beuys (1921-1986) esponente del movimento Fluxus, che fu suo insegnante, ha segnato la sua impostazione artistica anche se dal movimento che promulgava lo slogan: ”Tutto è arte”, il giovane Gerhard raccoglierà una sua interpretazione personale che lo vede attratto nella sua espressione artistica, da prima, agli sviluppi sociologici della collettività, alla comunicazione e alla cultura popolare.
È la fotografia a interessarlo inizialmente; scatti che egli poi rivede sia a colori che in bianco e nero per accentuarne il pathos espressivo come nei ritratti b/n che presenterà alla Biennale di Venezia nel 1972, nella fase del suo lavoro che verrà chiamata “Fotorealismo”.
Fonte foto: Gerhard Richter
Ma è il colore a prendere piede, successivamente agli anni settanta, nella sua pittura. Un cromatismo sonante, ricco di tonalità vibranti e incisive, lavorate a spatola su tele di grandi dimensioni. Le brillanti gradazioni di colore le mutevoli inclinazioni, il susseguirsi di strati materici danno vita a un astrattismo che diventerà la sua personale cifra linguistica, il quale in qualche modo riflette un sentire viscerale che richiama non solo l’antico interesse di Richter per il sentimento sociale, ma anche il retaggio culturale di un certo Espressionismo tedesco che fa parte della sua storia.
Fonte foto: Gerhard Richter
“Sono un materialista per principio“, scrive nel 1986, intendendo che sia la materia stessa del colore, degli strati sovrapposti a spatola, delle combinazioni spaziali che si creano in un quadro a essere gli elementi più importanti nella creazione artistica. Per Richter l’arte astratta produce ancora in chi l’osservi (nonostante le diverse ideologie imposte dalla critica del Postmodernismo), i presupposti, in assenza di forme identificabili, di trovare nelle opere un significato più profondo.

Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.