L’editoria contemporanea da un po’ di anni sembra essere incastrata in un gioco-forza che la vede ostaggio di due forze che vengono spesso percepite come opposte: la cultura e l’algoritmo.

La convivenza di questi due aspetti in ambito editoriale crea una dicotomia che da una parte ha l’obiettivo primario della trasmissione del sapere, della bellezza della scrittura, della libertà intellettuale; ma dall’altra, è costretta ad l’imprescindibile realtà del mercato editoriale, dominata sempre più da metriche, dati e algoritmi di profilazione. 

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Fonte foto: salottoitinerante.com

Il mondo dei libri è, quindi, oggi chiamato a decidere quanto cedere al marketing per sopravvivere, e quanto preservare per non perdere la propria anima.

L’algoritmo che decide cosa leggere

Attualmente, la visibilità di un libro è purtroppo spesso decisa da logiche algoritmiche. Le piattaforme di vendita online, come Amazon, e quelle di promozione della lettura, come Goodreads, utilizzano sofisticati sistemi di raccomandazione che influenzano le scelte dei lettori. 

Non solo, la SEO, le recensioni automatizzate, i trend sui social network letterari: tutto concorre a costruire un “profilo” del libro ideale. 

Effettivamente, un’opera che si adatti a queste logiche ha maggiori possibilità di emergere, a prescindere dal valore letterario e a discapito di manoscritti meglio scritti ma decisamente poco compatibili con il paradigma del marketing letterario attuale.

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Fonte foto: terenziconcept.com

Il ruolo (ridimensionato) dell’editore come mediatore culturale

Un tempo l’editore era il custode della qualità di un’opera letteraria. Non solo, era colui che scopriva scrittori in erba e accompagnava il lettore alla scoperta di nuovi generi e nuove storie grazie alla sua capacità di intercettare talenti

Oggi tutto è cambiato e quel ruolo è stato in parte assorbito da numeri, conversioni, KPI e strategie di marketing digitale

Le case editrici, soprattutto le più grandi, selezionano i testi spesso tenendo conto di vari discrimen tra cui il  “potenziale algoritmico”. 

La qualità della scrittura o lo stile hanno lasciato spazio al seguito sui social, alle parole chiave di tendenza contenute nel titolo e al contenuto “indicizzabile” del libro. 

In quest’ottica, il rischio è la standardizzazione dell’offerta culturale, un rischio che in effetti sta divenendo realtà.

Marketing culturale: contraddizione o necessità?

Non si tratta di demonizzare il marketing, anzi. Comunicare bene un libro, renderlo accessibile e desiderabile, è fondamentale. Il problema sorge quando il marketing non accompagna la cultura, ma la sostituisce

Quando un libro viene scritto già pensando al suo “piano di comunicazione”, quando l’autore diventa prima un brand e poi uno scrittore, il confine tra opera culturale e prodotto si assottiglia pericolosamente.

Casi virtuosi e nuove possibilità

Esistono tuttavia esempi virtuosi. Alcuni editori indipendenti riescono a coniugare selezione editoriale rigorosa e utilizzo intelligente dei nuovi strumenti digitali. 

Book influencer, community di lettura, newsletter personalizzate: il marketing non è più solo pubblicità, ma può diventare strumento di scoperta, inclusione e diffusione culturale

La chiave è l’equilibrio: usare l’algoritmo come mezzo, non come fine.

Un equilibrio da costruire

Cultura e algoritmo non devono per forza essere in conflitto. L’editoria può e deve trovare un nuovo equilibrio tra qualità e visibilità, tra libertà creativa e necessità di vendere. 

La sfida è grande: non lasciarsi dominare dai numeri, ma usarli per far emergere ciò che davvero merita di essere letto.

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