L’italiano è la nostra lingua. Difficile e meravigliosa allo stesso tempo. Croce e delizia di chi lo studia, lo usa, lo perfeziona, lo insegna.
Fin dalla preistoria la comunicazione tra gli uomini si è rivelata una necessità. I disegni preistorici riuscivano solo in parte a veicolare sentimenti, sensazioni e idee al prossimo, per cui era necessario un salto di qualità: è da qui che nasce la scrittura, nasce il concetto di lingua.
La globalizzazione e l’identità nazionale
Da sempre la lingua è anche il simbolo per eccellenza dell’identità nazionale. Tale identità però è l’ostacolo principale alla globalizzazione. Sarebbe auspicabile l’uso globale di una preferenza linguistica, poiché scegliere una lingua universalmente parlata renderebbe estremamente più semplici i contatti con il resto del mondo.
Tra le lingue più conosciute ci sono vari gradi di complessità. Le lingue neolatine, come l’italiano e il francese per esempio, hanno un alto grado di complessità e sono dunque difficili da imparare perché ricche di sfumature e articolate nella sintassi e nella grammatica. Una componente essenziale per definire la complessità di una lingua rispetto a un’altra è anche la similitudine alla propria lingua madre.
La similitudine alla lingua natale è ciò che rende alcune lingue più semplici da comprendere di altre; per esempio una lingua come lo spagnolo è assai più semplice da imparare se si parla già una lingua come l’italiano per via proprio della comune radice latina. Se pure non si può definire una lingua come l’esempio effettivo dell’uso globale, senza paura di essere smentiti possiamo affermare che l’inglese è la lingua più parlata al mondo: è una lingua semplice, ricca di onomatopee e parole assonanti, viene usata come lingua-tramite da una maggioranza sostanziale di Paesi ed è relativamente intuitiva.
Può una lingua influenzare il nostro pensiero?
L’atto del parlare in sé non influenza i nostri pensieri, è soltanto uno dei tanti mezzi che abbiamo per rivelarci al prossimo e diffondere il nostro essere. È importante sottolineare però che usare una diversa lingua può cambiare non solo il modo in cui i pensieri vengono veicolati, ma anche l’orientamento generale della nostra mente. Capita spesso che ci si senta più a nostro agio a comunicare usando una lingua piuttosto che un’altra.
Giacomo Leopardi nello Zibaldone asseriva:
“Il posseder più lingue dona una certa maggior facilità e chiarezza di pensare seco stesso, perché noi pensiamo parlando. Ora nessuna lingua ha forse tante parole e modi da corrispondere ed esprimere tutti gl’infiniti particolari del pensiero. Il posseder più lingue e il potere perciò esprimere in una quello che non si può in un’altra, o almeno così acconciamente o brevemente, o che non ci viene così tosto trovato da esprimere in un’altra lingua, ci dà una maggior facilità di spiegarci seco noi e d’intenderci noi medesimi, applicando la parola all’idea, che senza questa applicazione rimarrebbe molto confusa nella nostra mente”.
È una ricchezza dunque la conoscenza di più lingue perché dà la possibilità di scegliere la soluzione più calzante per esprimere un concetto secondo ciò che siamo.
Ma l’italiano?
Senza guardare però a questa qualifica, non accessibile a tutti, soffermiamoci a riflettere sulla bellezza e ricchezza della nostra lingua: l’italiano. Ha mille e più sfaccettature di significati per una sola parola. Abbiamo una miriade, impossibile da studiare e conoscere bene, di sinonimi per dire uno stesso concetto, per dare un’inclinazione diversa al messaggio da trasmettere.
I dizionari dei sinonimi
Personalmente amo leggere e consultare i dizionari dei sinonimi, forse perché sono testi generativi: insistono sulla sostituzione, sulle parole anziché sulla parola. Prendiamo per esempio quello di Niccolò Tommaseo, che è il più importante dizionario della lingua italiana prodotto durante il Risorgimento italiano. Prendiamo a caso la voce lingua, che si trova subito dopo libro e appena prima di luce. Viene divisa in otto sezioni che contengono, ciascuna, una serie di citazioni e accezioni. Nella prima sezione, per distinguere lingua dal linguaggio, l’autore dice:
“Lingua è la serie di quelle parole che sono adoperate nel medesimo senso da una società di uomini, e al medesimo modo costrutte”. Continua: “Lingua, dunque, è meno generico di linguaggio; ma stavolta usasi nel senso generale che è dato a linguaggio”.
Se si scorrono le pagine del dizionario di Tommaseo si trovano tante parole sotto l’ombrello di lingua fra cui favella, locuzione, parlata, pronunzia, idioma, dialetto, gergo, vocabolario, dizionario, glossario, nome, vocabolo, voce, significato, senso.
La lingua del “delectare“
Se poi volessimo citare Cicerone potremmo asserire che l’italiano è la lingua del “delectare” per antonomasia; dal latino, ovviamente, “l’arte del dilettare” era per Cicerone una componente cardine dell’oratoria, ambito che, nonostante i cambiamenti che ha subito nel corso degli anni, rimane ancora il palcoscenico della nostra lingua mediterranea.
L’italiano “da vocabolario” è così deliziosamente complicato e ricco di differenti sfumature, che parrebbe quasi fosse stato creato solo per acconciare la parola, per renderla presentabile, dignitosa, regale; per descrivere al meglio un concetto, per descriverlo completamente. La versatilità dell’italiano non conosce pari: non solo la lingua di per sé ha un ampissimo vocabolario, ma questo viene arricchito grazie ad un aiuto, se si può definire involontario, dei suoi variegatissimi dialetti regionali che narrano ad uno ad uno – a loro modo – un pezzo di storia dell’Italia, rivelando l’animo di ciascun uomo, donna o bambino di ogni epoca.
La vastità di vocaboli a nostra disposizione per comporre testi, poesie, discorsi, tesi e interloquire nel modo corretto con il prossimo, dunque, rende l’italiano una lingua viva e bellissima. Lo studio deve essere continuo, approfondito, corredato da confronti e letture di ogni genere per esercitare la mente ed educare la nostra personale espressione ad essere generativa, così come la lingua italiana è.
Per concludere il nostro articolo vi offriamo un video che diventa poesia. Giudicate da soli.
Mi rimetto in gioco sempre. Cerco ogni giorno il meglio da me e per me. Curiosa, leggo e scrivo per passione. Imparo dal confronto, dalle critiche costruttive e rinasco cercando di superare i miei limiti. È così che approdo a nuove mete dopo scelte di studio e lavoro completamente diverse, quali la contabilità e un impiego in amministrazione in un’azienda privata e mi dedico a ciò che avrei dovuto fare fin dall’inizio.