Usare o meno le parole inglesi nella lingua italiana, l’Accademia della Crusca si pronuncia

Le origini

Quando si parla della lingua italiana, non si può non fare riferimento alle sue origini antichissime. Essa deriva, infatti, direttamente dal latino volgare, già diffuso ai tempi dell’Impero Romano. Tuttavia, sono molti i cambiamenti subiti nel tempo, dovuti all’influenza delle varie correnti letterarie, alle colonizzazioni e al fenomeno di spostamento che ci ha sempre interessati. Com’è noto, però, gli storici indicano, come antenato più fedele del nostro linguaggio, il volgare fiorentino trecentesco, utilizzato da scrittori del calibro di Dante Alighieri.

Nonostante ciò, il merito della diffusione dell’italiano in tutte le regioni si deve a Manzoni, che per primo suggerì di divulgare il toscano e di introdurre il dizionario come strumento di sostegno per comprenderlo e parlarlo: l’Italia intesa come Patria, infatti, si era formata da pochissimo ed era necessario agevolare il senso di unità attraverso l’utilizzo di una lingua ufficiale che fosse uguale per tutti. Dialetti e regionalismi furono banditi dalle occasioni pubbliche e per molto tempo gli idiomi delle minoranze furono bistrattati e rinnegati. Ma, nonostante le forti imposizioni e la costante pressione, l’italiano si affermò soltanto con il trascorrere del tempo, quando la popolazione iniziò a mescolarsi a causa delle guerre e delle emigrazioni.

Purismo di Stato in passato e oggi

L’ostracismo verso i vocaboli stranieri non è cosa nuova: esso era emerso già durante il Fascismo, quando l’Accademia d’Italia ricevette l’incarico di stilare liste con i forestierismi da eliminare, e attraverso il disegno politico che voleva l’italianizzazione a ogni costo vennero promulgate leggi che prevedevano la modifica di nomi propri, la chiusura delle scuole bilingui e l’adattamento della stampa a una serie di disposizioni per mantenere integra la purezza della lingua.

Attraverso un goffo tentativo di imitazione del periodo più buio per la storia del nostro Paese, attualmente è stata proposta una legge molto simile, che vieta l’utilizzo di parole straniere per indicare attività commerciali, prodotti locali e specialità tipiche. Il documento prevede addirittura multe fino a centomila euro.

La lingua evolve di pari passo alla società

Eppure oggi resta poco del linguaggio ufficiale scelto nell’epoca dantesca, perché nel corso degli anni esso si è evoluto di pari passo alla società, accogliendo termini dialettali e stranieri e perdendo moltissimi richiami al latino. Già nel Settecento, ancora prima dell’Unità d’Italia, si inserirono numerosi termini francesi nel nostro vocabolario e, successivamente, trovarono spazio anche tantissimi anglicismi. Basti pensare anche solo alla parola “bistecca”, che ci sembra italianissima, ma deriva invece dall’inglese beef-steak, oppure ai termini “sport”, “tennis” e “poker”. Ciò dimostra chiaramente che la lingua evolve di pari passo alla società e diviene mescolanza di parole e idee, che sono strettamente connesse tra loro.

Il parere dell’Accademia della Crusca

Ciò non rappresenta, comunque, il via libera per l’uso smodato degli anglicismi. L’Accademia della Crusca si è pronunciata in tal senso, attraverso le parole di Claudio Giovanardi:

“Nella propria cassaforte, una lingua di cultura ricca come l’italiano può sempre trovare le risorse giuste per evitare l’uso dell’inglese; è comprensibile che gli oggetti dell’ambito tecnologico, per esempio, ci arrivino con il nome inglese, ma non significa che l’italiano non possa avere le risorse interne per sostituirlo.”  

L’intenzione, però, non sembra quella di demonizzare l’inglese, ma di restituire all’italiano la sua ufficialità. Questo è, infatti, il compito del gruppo Incipit della stessa Accademia che, dal 2015, monitora i neologismi ed esprime un parere su di essi, rinnegando allo stesso tempo con forza qualsiasi tipo di “autoritarismo linguistico“.

L’italiano è una lingua complessa e fragile, quindi. È un dato di fatto. Ma, in quanto tale, merita di essere tutelata e protetta senza, allo stesso tempo, soffocarne il naturale progresso. L’utilizzo eccessivo di termini forestieri dove non necessario rischia semplicemente di impoverire la vastità di vocaboli e di termini già presenti nel nostro dizionario, con la conseguenza di non riuscire a esprimere a pieno le infinite sfumature di significato possibili. Per salvaguardare la nostra splendida lingua, è necessario promuovere la scolarizzazione e la diffusione della cultura, senza ricadere in vecchie abitudini di dispotismo e tirannia.

Scuole accessibili e gratuite, sostegno agli enti culturali, ai teatri, alle biblioteche: da sempre, questa si rivela la ricetta vincente per custodire il nostro vasto e prezioso Patrimonio.