Edoardo De Angelis trasforma “Natale in casa Cupiello” in un film

“Te piace ‘o presepe?” lo chiede ripetutamente Lucariello al figlio Nennillo in quella che è la più celebre e amata delle commedie di Eduardo De Filippo, “Natale in Casa Cupiello”. Un’opera che generazioni e generazioni di telespettatori hanno avuto modo di vedere grazie alla Rai, che l’ha trasmessa per due volte, la prima nel 1962, la seconda nel 1977 , con regia e interpretazione dello stesso Eduardo.

 

La commedia torna sugli schermi in una versione nuovissima prodotta da Rai Fiction e Picomedia e andrà in un onda su Rai 1 in prima serata martedì 22 dicembre. Un appuntamento da non perdere. Dopo 120 anni dalla nascita del celebre drammaturgo e poeta, l’adattamento cinematografico della sua opera porterà tanto divertimento nelle case dei telespettatori italiani, offrendo anche importante spunto di riflessione. Un approdo “naturale”, ha dichiarato il regista, desideroso di restituire la propria visione del testo con il garbo che gli è consueto. Un recupero d’amore, da napoletano a napoletano, come quello che recentemente ha fatto Mario Martone con “Il Sindaco del Rione Sanità” del 2019 (trasmesso recentemente su RaiTre e disponibile su RaiPlay), che mantiene lo stretto impianto teatrale del testo del 1960, lo trasporta in una confezione contemporanea e centra perfettamente l’obiettivo, costruendo un film di grande impatto narrativo e di altissima recitazione che è stato accolto benissimo dalla critica.

 

Come spiega Edoardo De Angelis, «Don Luca ha un’idea presepiale della famiglia. Quella in cui tutti hanno un ruolo e una posizione precisa. Cioè quello che succede nel presepio, dove ad esempio il pastore Benino, che è in cima quando serve a introdurre il mondo del sogno (perché dorme) poi diventa il pastore della meraviglia quando si trova vicino alla grotta». Ogni spostamento è un segno, all’interno di un regno dove domina l’ordine e la prevedibilità. E non a caso è di cartapesta. Nessuno è fedele al proprio ruolo. La figlia litiga con il marito, ha un’amante e vuole lasciarlo. Il figlio ruba, lo zio anche. I piatti volano e si frantumano per terra. Tutti «si appiccicano sempre». Don Luca c’è, ma è come se non ci fosse: non vede nulla, se non il presepe, appunto, la realtà immaginaria cui rimane aggrappato. Ci sono poi scelte tecniche: l’unità di spazio e tempo, l’espressioni teatrali e borghesi, nel mondo televisivo vengono trasformati. I fuoriscena di De Filippo sono diventati fuoricampo televisivi. Ma l’ambientazione fissa nella casa, ovvia nel teatro, diventa per la telecamera occasione di esplorare le stanze, i corridoi, i luoghi. De Angelis ha voluto ambientarla negli anni ’50 per fare un parallelismo tra passato e presente: mentre in quel periodo la gente cercava la rinascita dopo la distruzione della Seconda Guerra Mondiale, oggi le persone desiderano la stessa rinascita dopo il difficile periodo di pandemia. “Eduardo mi appartiene come appartiene a tutta l’umanità – ha spiegato Edoardo De Angelis – in una modalità che sta sotto il ricordo, è una modalità viscerale. Eduardo non è soltanto un punto di riferimento in termini letterari e teatrali ma ha rappresentato il mondo così come oggi noi lo conosciamo, Eduardo ha modificato il mio sguardo sul mondo attraverso la lingua che ha reinventato e attraverso una definizione dei rapporti sociali e familiari che hanno reso un paradigma interpretativo che si può applicare a tutto ciò che nel mondo è disgregato , sparso, invece la sua opera ha rappresentato una sintesi che può essere un punto di riferimento che non è solo legato all’arte ma alla vita.”

 

De Angelis ha preso questo testo, ne ha rispettato la tradizione e ci ha nascosto dentro una novità assoluta che è quella dell’introspezione, della nevrosi, della psiche, per cui questi personaggi sono anche più aggressivi di quanto non lo siano nella rappresentazione tradizionale e in questo senso il cinema dentro quest’opera è esploso, era il linguaggio ideale per raccontare questa interiorità.