Baby la vera storia di cronaca della famosa serie

Baby: la vera storia di cronaca della famosa serie


Baby“, La prima serie tv italiana che è stata prodotta da Netflix (il colosso dello streaming mondiale) si appresta a condividere con i propri abbonati gli episodi inediti della storia fuori dal comune di Chiara e Ludovica.

Il fatto di prendere due ragazze adolescenti, la loro scelta di fare sesso per denaro, e, tra questi due punti di partenza e di arrivo metterci dentro la loro vita, i loro problemi, le loro paure, e una serie di tratti comuni in cui molte adolescenti potessero ritrovarsi, ha creato umanità ed empatia con le protagoniste. Tanto che le fan di Baby si tatuano “Chiara e Ludovica” sulla pelle, le due sono dei simboli.

In realtà, quello che è successo è probabilmente molto più crudo e squallido.

«È iniziato come un gioco. No, non è un bel gioco. Sì, lo so non è normale».

Così durante un interrogatorio una due squillo dei Parioli raccontava quello che succedeva in via Parioli 190, in un hotel e a casa di un cliente in piazza Fiume. Siamo a fine del 2013, a ottobre era esploso il caso delle squillo.

Un giro di prostituzione minorile che vede coinvolte due ragazzine della Roma bene che si concedevano a uomini d’affari che in alcuni casi le pagavano in cocaina.

Quello che le è successo è molto di più: c’è una storia di solitudine e di disagio, di servizi sociali “distratti”, di famiglie complicate. A gestire gli incontri era Mirko Ieni, condannato a nove anni e quattro mesi di carcere. Gli appuntamenti avvenivano nella famosa casa  messa a disposizione da Nunzio Pizzacalla, caporal maggiore dell’esercito. La prima aveva iniziato nel maggio del 2013, mentre la seconda a luglio.

All’inizio si trattava di incontri sporadici che avvenivano in auto, poi il giro aveva iniziato ad allargarsi. Almeno 500 i clienti individuati poi dalle indagini. Tra loro anche il marito dell’allora senatrice Mussolini: Floriani, ex capitano della Guardia di finanza, la quale aveva inizialmente negato il suo coinvolgimento per poi affermare di non sapere che le ragazze fossero minorenni. Ha patteggiato una pena di un anno di reclusione e una multa di 1.800 euro.

«Svuotavo la testa e dicevo ‘vabbe’, tanto è un’ora, poi è finito»

ha raccontato la quattordicenne agli inquirenti per tentare di spiegare come affrontava quello che ormai era diventato un vero e proprio “lavoro”. Insomma non c’era poi molta autodeterminazione o voglia di ribellione, almeno non più, le due ragazze erano letteralmente sfruttate dai loro aguzzini.

«Queste due me fanno guadagnà 600 euro al giorno» diceva Ieni in un’intercettazione telefonica commentando il suo giro di prostitute minorenni. Non è chiaro se nella serie televisiva emergeranno le gravi responsabilità di una delle due mamme che nel caso reale è stata condannata a sei anni e quattro mesi perché era a conoscenza del fatto che la figlia si prostituisse e l’aveva sfruttata chiedendo una percentuale dei guadagni.

«Mamma mi obbligava per soldi, io volevo solo tornare a scuola»

confessò tra le lacrime la più piccola delle due. La ragazzina nell’intercettazione infatti lamentava di non “avere tempo per fare i compiti” considerato che doveva frequentare la casa ai Parioli e incontrare i clienti. La madre la spronava “ad organizzarsi”. Questa è la dura realtà di un fatto di cronaca famosissimo a suo tempo, ma per sfortuna non conosciuto dalla nuove generazioni, che guardano la serie con un occhio di disincanto. Totalmente assente nella serie la figura di una giudice donna che condannò uno dei clienti non solo ad un risarcimento economico, ma anche morale, costringendolo ad acquistare libri e film sull’emancipazione femminile da regalare alla ragazza.

In sintesi era un caso di prostituzione minorile, si trattava di una ragazzina di 14 anni che aveva avuto rapporti sessuali con uomini, clienti di venti, trent’anni più grandi che facevano la fila per avere un posto, un’ora, mezz’ora con quelle ragazzine.

I giornali hanno intitolato “Baby squillo”, “Lolite prostitute”, insomma adolescenti adescatrici. Ebbene, questa narrazione è la narrazione che giustifica la violenza, che giustifica la pedofilia, perché così si chiama un uomo che va con una ragazzina di 13 anni.

Il fatto è che noi gli uomini clienti non li guardiamo, nei processi sono sempre nell’ombra, nei giornali non si vedono, nella serie Baby al massimo sono belli, potenti, affascinanti. Si parla solo e soltanto delle donne che ne sono vittime. E tutto questo serve a giustificare.