calza dei morti

L’antica tradizione della ‘calza dei morti’

L’antica tradizione della “calza dei morti” trova le sue origini in Puglia. Infatti, diversamente dalle altre zone d’Italia, per l’Apulia la calza è il dono tradizionale della festa dei morti. Di solito il giorno della Commemorazione dei defunti viene visto come un evento associato al ricordo e al lutto, ma ciò non avviene nella provincia di Foggia in cui questa usanza assume l’aspetto di una vera e propria “Festa dei Morti”, rivolta soprattutto ai bambini. Questa ricorrenza si svolge nella notte tra il 1° e il 2 novembre, unico momento in cui, secondo la tradizione, le anime dei defunti possono tornare per far visita ai propri cari.

calza dei morti

Fonte immagine: blog.rigato.net

Le origini della Festa dei Morti

L’origine della Festa dei Morti risale a tempi antichissimi e no, non è un surrogato della festa di Halloween. Più nello specifico, il nome anglosassone Halloween deriva dall’ inglese arcaico “All Hallows’ Eve”,  che significava proprio “vigilia di Ognissanti”. Ma tornando a noi, ben prima che Halloween divenisse una festa americana, già in epoca precristiana, le popolazioni celtiche del nord Europa celebravano “Samhain”, letteralmente “passaggio”, che potremmo identificare come il  Capodanno Celtico e che nell’effettivo si andava a configurare come una festività che segnava il “passaggio” tra la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno.

Al tempo esistevano solo due stagioni e, quindi, il 31 ottobre segnava proprio la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno. Non solo, per le popolazioni antiche il tempo non aveva una connotazione lineare, bensì circolare così va da sé che questa data rappresentava contemporaneamente sia il concetto di “fine” che di “inizio” tanto da far maturare la convinzione che durante la vigilia di Ognissanti i confini tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliassero permettendo agli spiriti di attraversare liberamente i due regni. Questa transizione stagionale era anche simbolica: il 31 ottobre rappresentava la conclusione di un ciclo e l’inizio di uno nuovo.

Da festa pagana a festa cristiana

Nel tentativo di integrare le tradizioni pagane nella cultura cristiana, Papa Gregorio II, nell’835, spostò la festa di “Tutti i Santi” dal 13 maggio al 1° novembre, con l’intento di dare un nuovo significato a questi antichi rituali, un po’ come è capitato storicamente per la maggior parte dei riti pagani. Tuttavia, il tentativo non bastò a sradicare le usanze pagane. Così, nel X secolo, la Chiesa istituì anche la “Festa dei Morti” il 2 novembre, come momento per ricordare le anime dei defunti. Mascheramenti, falò e offerte di cibo, secondo lo stile pagano da cui derivavano, non tardarono ad arrivare, contribuendo ad imbastire l’alone di mistero intorno a questo periodo dell’anno e al diffondersi della biodiversità di tradizioni che ruotano intorno al culto dei morti e che interessano principalmente il meridione.

A ‘cavzett de l’anème’i mùrte’

Simbolo indiscusso di questa festa è a “cavzett de l’anème’i mùrte”. La traduzione letterale sarebbe “calza dell’anima dei morti”, ed effettivamente andrebbe a racchiudere il significato ultimo della festa e delle sue rappresentazioni. Nonostante ciò, al di fuori dei confini pugliesi è più conosciuta come “calza dei morti” e non mancano i confronti con la ben più nota calza della befana. In Puglia, precisamente nel foggiano e sul Gargano, non è la Befana a riempire le calze ma le Anime dei Morti che, in visita nella notte a cavallo tra l’1 e il 2 novembre per ricongiungersi con i loro cari, lasciano ai bambini dei doni in una calza: la natura dei doni è commisurata alla qualità della condotta che il bambino avrà osservato tutto l’anno.

Ma come è possibile tutto questo? È proprio durante il giorno dedicato alla Commemorazione dei Defunti che il confine tra il visibile e l’invisibile si assottiglia, permettendo a chi non c’è più di poter avvicinarsi, seppur solo con un  dono, ai propri cari. Per accogliere le loro anime la tradizione prevede che si lasci socchiusa la porta di entrata, si accendano delle candele o dei lumini e si lasci la tavola imbandita per tutta la notte. I bambini, invece, hanno il compito di lasciare una calza vuota nella parte più visibile della casa, generalmente il camino, nella quale gli spiriti lasceranno doni, dolci e caramelle.

La scelta della calza 

La scelta della calza non è per niente casuale, basti pensare alla somiglianza che ha con le cornucopie, da sempre simbolo per eccellenza di fortuna e abbondanza. C’è, però, anche un’altra spiegazione: la calza avvolge e protegge i piedi, parte del corpo più prossima alla terra, che per questo motivo risulta strettamente legata alla sepoltura.

Fonte foto: flomarket.com

Anticamente la calza, di lana e fatta a mano, veniva riempita con frutta di stagione  come melograni, noci, mandorle, castagne, fichi secchi, mandarini, considerati i dolci di un tempo. Con l’avvento dell’era moderna, complici le più agiate condizioni economiche,  la frutta ha lasciato spazio ai dolci e ai giocattoli che riempiono le calze dei bimbi più buoni.

‘L’anèma dè li mortè’, un antico ‘Dolcetto o scherzetto’

In alcune zone del Gargano, come Manfredonia o Mattinata, vi è un’altra tradizione legata alla vigilia di Ognissanti: la “caccia al tesoro” del 1º novembre”, un antico “Dolcetto o scherzetto.

La sera del 31 ottobre i ragazzi vagavano per il paese bussando alle porte delle case, per ricevere “l’anèma dè li mortè” (l’anima dei morti), ovvero chiedeva una “piccola tangente dolce” ai malcapitati: dolciumi, frutta secca, leccornie di ogni genere, frutta di stazione. La richiesta generalmente venina effettuata sotto “gentile minaccia”, che consisteva nella recitazione insistente di una filastrocca che recitava più o meno così: Dammè l’anèma dè li mortè cà se no tè sfascè la porta!” – ovvero – “ Dammi l’anima dei morti se no ti rompo la porta”.

Nonostante oggi questa tradizione sia stata sostituita dalla più commerciale festa di Halloween, tra le strade dei paesini del Gargano, dove il tempo sembra si sia fermato, la sera del 31 ottobre non è difficile incorrere in gruppi di ragazzi che recitano ancora la filastrocca del “l’anèma dè li mortè” e non “Dolcetto o scherzetto”.

Grazie a questa meravigliosa tradizione i bambini e i ragazzi imparano ad onorare e ricordare i propri cari defunti in modo gioioso. Il perpetrarsi di tradizioni del genere permette ai più piccoli di vivere la Morte, argomento ostico per gli adulti figuriamoci per i più piccoli, in un modo diverso, che non contempla la paura. Effettivamente, solo chi ti vuol bene ti lascia un dono nell’impossibilità di darti un abbraccio.