san casciano dei bagni

La ricchezza degli scavi di San Casciano


Ritrovamento nello scavo di San Casciano
Fonte dell'immagine: Fasti Online

San Casciano dei Bagni è un piccolo comune in provincia di Siena, incluso nella lista dei borghi più belli d’Italia. Situato vicino alla Val D’Orcia, e al confine tra Lazio e Umbria, San Casciano deve il suo sviluppo principalmente alla presenza di 42 sorgenti di acqua termale, le quali lo rendono il terzo comune in tutta Europa per portata.

I suoi bagni era largamente apprezzati già in epoca romana e persino dall’imperatore Ottaviano Augusto. Dopo una serie di vicissitudini storiche, che ne compromisero popolarità e dimensioni, il piccolo borgo riprese vita dal 1200, grazie anche alla vicinanza della Via Francigena, un fascio di percorsi che collegavano l’Europa occidentale con il sud Europa, passando anche per Roma.

Le campagne di scavo

Nell’estate di 2020, durante una campagna di scavo a San Cascione, le indagini che dovevano riportare alla luce strutture termali di età romana hanno invece riscovato un vasto santuario attivo fra il I sec. a.C. e II sec. d.C., con pre-esistenze etrusche e riusi tardo-antichi. Scoperta a cui si è aggiunto il ritrovamento di un basamento e di un’iscrizione di età imperiale, che inizia proprio con «Apollini sacrum pro salute…», a conferma dunque della presenza di un altare dedicato ad Apollo.

san cascione scavi

Fonte dell'immagine: archeologiaviva.it

Nel giugno 2021 ha preso il via la quarta campagna di scavi, volta a studiare più approfonditamente il meraviglioso santuario.

Il progetto di ricerca è condotto dal Comune di San Casciano dei Bagni e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Siena, Grosseto e Arezzo. In collaborazione, il team dello scavo diretto da Jacopo Tabolli, funzionario archeologo della Soprintendenza, e da Emanuele Mariotti, archeologo professionista esperto di topografia e geofisica applicata all’archeologia, assieme agli studenti delle università di Pisa, Siena, Firenze, Roma La Sapienza e Sassari.

Gli inesauribili ritrovamenti

E le sorprese non si sono fatte attendere. Al di sotto delle colonne del santuario è riemerso il muso di un toro, scolpito in bassorilievo su un blocco della vasca. Ancora più in basso, a oltre due metri di profondità, sepolte dal fango, hanno invece rivisto la luce le offerte degli antichi fedeli in visita alla sacra sorgente. Oltre 2500 monete  d’oro, argento, oricalco e bronzo, e una serie di cinque bronzetti sacri, tra cui si riconosce Pan. Ma anche simulacri di bambini in fasce, un seno e cinture in lamina di bronzo, fiaccole miniaturistiche, clave di Ercole e molto altro ancora.

Come uno splendido putto in bronzo lungo 36 cm, datato al II secolo a.C., commissionato senza dubbio da una famiglia molto benestante. Jacopo Tabolli ed Emanuele Mariotti hanno raccontato il momento esatto in cui è stato rinvenuto:

Sono stati attimi di assoluta felicità. Il bambino in bronzo era stato deposto a testa in giù e ad un certo punto sono spuntati i piedini, perfetti così come il resto del corpo“.

Il bimbo porta nella mano sinistra una mela e nella destra doveva probabilmente reggere una colomba. Al collo, presenta una cosiddetta “bulla”, un gioiello circolare, amuleto di protezione e ornamento caratteristico dei riti di passaggio dell’infanzia. All’epoca, difatti, la mortalità infantile era molto alta.

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Fonti dell'immagine: quotidiano.net, Fasti Online

A dimostrazione dell’enorme ricchezza dello scavo, accanto agli altari sono inoltre apparse una serie di orme scolpite nel travertino, ricolme di piombo e tracce d’argento. Stando alle prime analisi in XRF, si tratta di piedi di adulti, giovani e bambini, zoccoli di toro e addirittura impronte di orecchie posate sulla vasca.

L’importanza del santuario

Le ipotesi sull’importanza del santuario sono diverse. L’opinione generale è che fosse il fulcro delle antiche Aquae Clusinae, le fonti di Chiusi, meta di frequentazione internazionale almeno fino al regno di Marco Aurelio e rimaste poi in funzione fino al V secolo d.C. Ma i ritrovamenti dimostrano che le sue origini erano in realtà ancora più antiche, dell’epoca etrusca e forse ancora prima.

Un culto molto forte legato in particolar modo alla maternità e all’infanzia, di cui si trovano testimonianze anche nelle grotte, nelle campagne e nei borghi circostanti.

Quello che stiamo scavando è un deposito votivo incredibile“, spiega Tabolli, “una scoperta di quelle che si potevano fare nel Settecento o nell’Ottocento, soprattutto per lo stato di conservazione dei reperti. La speranza è che scendendo riusciremo a ricostruire la storia ancora precedente“.

La Soprintendenza di Siena Grosseto e Arezzo sta parallelamente predisponendo un ampio progetto di paesaggio archeologico dedicato alla tutela, valorizzazione e fruizione del sito, con l’obiettivo di aprire il santuario al pubblico. Da giugno 2021 è inoltre attivo il progetto “Art Bonus”, dedicato al restauro e alla conservazione delle architetture sacre del Bagno Grande.