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Venezia, Ischia e Roma: le nuove scoperte

Poche volte fanno notizia, ma la verità è che le nuove scoperte archeologiche nel nostro paese non vanno mai in vacanza. È sufficiente qualche ricerca più mirata per rendersi conto di quanti ritrovamenti passino in realtà in sordina.

L’ultima settimana non è da meno: in Piazza San Marco a Venezia, nella tomba della Coppa di Nestore a Ischia e nella Villa di Sette Bassi a Roma Vecchia sono riaffiorati alla luce nuovi elementi del passato. Elementi che, come sempre in archeologia, aiutano a scrivere o riscrivere la storia di tutti noi; e che per questo motivo meritano l’importanza che intrinsecamente già hanno.

Dai cantieri in Piazza San Marco (VE) riemergono teschi e ossa

La Basilica di San Marco, chiesa palatina del Palazzo Ducale fino alla caduta della Repubblica di Venezia, la cui struttura attuale risale addirittura al 1063 d.C.. Un simbolo di storia, in Italia e nel mondo; e un simbolo che va protetto.

Viste le eccezionali maree che hanno interessato Venezia negli ultimi anni, e i conseguenti danni, il Comune sta ora lavorando ad una maggior protezione della città. Attorno alla Basilica sono dunque in fase di realizzazione, da circa un mese, delle particolari lastre di vetro che impediranno all’acqua di entrare nell’edificio.

Tuttavia, i lavori non stanno procedendo tanto velocemente quanto si sperava. Sia perché i cantieri sono stati aperti proprio in prossimità della stagione delle alte maree, sia per i frequenti rinvenimenti archeologici, per i quali si devono naturalmente bloccare le operazione fintantoché l’archeologo di cantiere non decida il da farsi.

E proprio qualche giorno fa, nell’area  circostante le statue dei Leoncini, hanno fatto capolino un’incredibile quantità di ossa e cinque teschi, di cui uno dai denti eccezionalmente bianchi – presumibilmente conservati dal fango di oltre sei secoli.

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Fonte foto: Il Corriere del Veneto

La verità è che tutta la zona attorno alla Basilica di San Marco era un tempo un vero e proprio cimitero per le persone più benestanti, le quali solevano farsi seppellire nella parte più prestigiosa della città. Tre anni fa, ad esempio, furono ritrovati altri due scheletri nel lato opposto della Basilica, verso Palazzo Ducale.

Dalle prime indagini, i resti appena ritrovati dovrebbero risalire ad un periodo tra il 1300 e il 1400 e, successivamente alla rimozione, verranno posti in un magazzino apposito. Ma dagli scavi stanno riaffiorando anche gli antichi pavimenti, risalenti anch’essi approssimativamente al 1300, e chiamati “altinelle” proprio perché prodotti ad Altino. Dai tre mesi inizialmente previsti per il completamento dei lavori potrebbero dunque servirne molti di più.

Ischia, nuove scoperte sulle ossa di San Montano

Pithekoussai, zona dell’Isola di Ischia. Situata nella parte nord di Lacco Ameno, protetta su tre lati dal Monte Vico, dalle insenatura “Sotto Varule” e da San Montano, è il più antico stanziamento greco finora ritrovato in Italia, risalente all’incirca al VIII secolo a.C.

Fu lì, nella cosiddetta Necropoli di San Montano, che negli anni Cinquanta l’archeologo tedesco Giorgio Buchner rinvenne oltre duemila tombe, datate tra l’VIII e il III secolo a.C. In un’area di oltre millecinquecento metri quadri, riaffiorarono vasi, suppellettili, monili, monete, fibule e sigilli orientali. E una coppa, la celebre Coppa di Nestore.

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Coppa di Nestore, Museo Archeologico di Pithecusae (Ischia)

Ritrovata nel 1955, si tratta di una kotyle, ovvero una tazza piccola di uso quotidiano, larga circa 10 cm, decorata con motivi geometrici. Non solo: databile al 725 a.C., è una dei più antichi esemplari di scrittura in alfabeto greco arcaico, l’alfabeto euboico. Incisa in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra come nella consuetudine fenicia, vi è riportato un epigramma formato da tre versi, i quali alludono alla famosa coppa di Nestore descritta nell’Iliade di Omero.

La coppa faceva parte del ricco corredo funebre di una tomba appartenente ad un bambino tra i dieci e i quattordici anni; o, perlomeno, così si credeva fino a pochi giorni fa. I risultati di un recente studio dell’Università di Padova, pubblicati nella rivista scientifica Plos One, dimostrano invece come vi fossero seppelliti ben più di un singolo individuo.

I ricercatori hanno condotto approfondite analisi microscopiche e macroscopiche sulla morfologia e sui tessuti delle 195 ossa cremate ritrovate nella tomba e hanno concluso che 130 sono umane, mentre almeno 45 appartengono ad animali come capre e cani. E le ossa umane mostrano differenze morfologiche e istologiche che indicano la presenza di almeno tre adulti di età diverse, e non dunque di un giovane ragazzo.

Gli studi stanno naturalmente proseguendo, ma questo potrebbe intanto risolvere un enigma portato avanti per oltre settant’anni; ossia, perché una coppa con una simile iscrizione si trovasse sepolta assieme ai resti di un bambino.

Roma, riemerge l’antica Via Latina

Villa dei Sette Bassi, una vasta area archeologica compresa tra la via Tuscolana e la via di Capannelle, appartenente al Parco Archeologico dell’Appia Antica. Risalente al II secolo d.C., fu al tempo una delle più grandi e magnifiche ville della campagna romana, di cui oggi rimangono solo alcune mura.

La scoperta è avvenuta nel corso di alcune ricerche che si stanno conducendo su un nucleo edilizio denominato “Dépandance“, in quanto nettamente distaccato dal settore più monumentale dei resti e dislocato nella zona meridionale dell’area archeologica. E forse, come indicato da alcuni recenti studi, un edificio termale risalente al II secolo d.C.

La Via Latina era una strada romana che da Roma proseguiva a sud est per circa 200 km, nell’area orientale del Latium, attraversando i monti Lepini, Ausoni, Aurunci e le valli fluviali del Sacco e del Liri-Garigliano, per terminare poi a Casilinum, la moderna Capua. Al contrario di molte strade romane, non porta il nome del costruttore e per questo motivo si suppone sia una delle strade più antiche. Ed effettivamente, anche se fu tracciato in modo definitivo tra il IV e III secolo a.C., il percorso pare venisse già utilizzato persino in età preistorica e dagli Etruschi.

E proprio pochi giorni fa un tratto della Via Latina è riemerso nel settore più meridionale della Villa di Sette Bassi, rintracciato ad una profondità di circa 50 cm. Nella porzione riaffiorata la carreggiata stradale è larga approssimativamente 3.80 metri e il basolato si presenta ben definito lungo i margini. In realtà il passaggio della strada nella zona era ipotizzato già da tempo, ma la mancanza di evidenze effettive non aveva finora consentito di ricostruire con certezza l’andamento della strada e la sua eventuale vicinanza alla Villa.

Le attività di scavo si sono basate sulle ricerche in corso sulle strutture della Dépendance coordinate dalla Prof. Carla Maria Amici  del Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento e dalla Prof. Alessandra Ten  del Dipartimento di Scienze dell’Antichità di Sapienza Università di Roma, in convenzione con lo stesso Parco Archeologico dell’Appia Antica.

Le indagini si sono inoltre avvalse della collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Roma Tre, sotto coordinamento scientifico del Prof. Andrea Benedetto, il quale ha messo a disposizione gli strumenti tecnologici e le competenze scientifiche per il rilevamento di elementi interrati.

Simone Quilici, Direttore del Parco Archeologico dell’Appia Antica, commenta come

L’intervento sulla Via Latina avvia la riscoperta della villa di Sette Bassi attraverso una serie di progetti che verranno realizzati nei prossimi mesi per la conservazione del patrimonio, il miglioramento dell’accessibilità e della fruizione, e la riqualificazione e rifunzionalizzazione degli immobili. L’ampliamento della conoscenza consentirà inoltre, dopo anni di chiusura, di riconsegnare alla cittadinanza un bene straordinario per tutti e fortemente identitario per la comunità locale”.