I fantasmi dell’ovest: una passeggiata fra i castelli infestati uniti dal filo dell’acqua

Di castelli e luoghi da visitare ce ne sono tanti e di fantasmi ce ne sono anche di più, ecco quindi il secondo articolo dedicato ai castelli infestati ma non troppo.

Vediamo in apertura una delle residenze Sabaude più incantevoli, la Venaria Reale, abitata da un altrettanto incantevole fantasma.
Il fantasma in questione è Vittorio Amedeo II di Savoia, conosciuto anche come la volpe savoiarda o il fantasma con il grissino. Pare infatti che Vittorio Amedeo abbia scelto di passare la sua eternità fra queste mura a lui ben note anche in vita e di farsi tenere compagnia dai grissini.

 

Dedicando qualche riga per conoscere la vita di Vittorio Amedeo di Savoia ecco che la scelta del grissino risulta essere assolutamente logica e naturale. Infatti, da bambino è soggetto a mal di pancia fortissimi che gli impediscono di condurre una vita normale, solo grazie alle attenzioni della madre e del medico di corte si riesce a scoprire che il problema è direttamente collegato al pane, non lo digerisce e non può assolutamente mangiarlo. Intorno al 1670, per far fronte al problema, i cuochi di corte inventano per lui un pane friabile e privo di mollica; così in Piemonte nasce il grissino. Ecco perché per visitare il primo castello infestato, se si incontrano delle briciole sul pavimento, si può pensare di intraprendere un percorso alternativo sulle tracce di Vittorio Amedeo II.

 

 

In Alternativa ci si può lasciare rapire, sin dal cancello, dal costante dialogo fra natura e strutture architettoniche e dall’equilibrio fra maschile e femminile, si tratta di un dialogo che inizia con le tre fontane. La prima la si incontra appena si varcano i cancelli per entrare nella corte d’onore, si tratta della Fontana del Cervo (oggi una delle più suggestive d’Europa grazie ai suoi suggestivi giochi d’acqua). Il nome della prima fontana è legato alla nascita della reggia stessa che viene progettata da Amedeo di Castellamonte per soddisfare l’esigenza di Carlo Emanuele II di Savoia che necessita di avere una residenza che gli permetta di dedicarsi alla caccia.

 

Proprio il tema della caccia amplia la possibilità di ricerca e di visita al limitrofo Parco della Mandria all’interno del quale vivono ancora oggi i cervi introdotti proprio da Carlo Emanuele II di Savoia; che era solito dedicarsi alla caccia di questo maestoso animale. Oggi grazie ad un’estensione territoriale di 3000 ettari, il parco ospita anche volpi, svariati volatili sia diurni che notturni, cinghiali, cavalli, piccoli mammiferi e una flora molto variegata.

 

Rimaniamo nel parco per trovare un filo diretto con un passato ben più remoto, infatti la fontana centrale del parco è stata ricavata da quello che in epoca romana era il tempio dedicato alla dea Diana. La scelta non è casuale, il richiamo alla dea viene sottolineato da altri due elementi molto importanti che creano una continuità fluida fra l’interno e l’esterno della reggia.

 

Infatti, la prima sala che accoglie il visitatore è la sala di Diana dedicata al tema della caccia e all’interno della quale Emanuele Tesauro crea, con un ciclo di affreschi, una metafora che mette in relazione ciò che caratterizza la dea e la vita quotidiana della sua contemporaneità. Anche le prime due sale piccole sono dedicate alla dea ma iniziano a vedersi svariati dipinti. Quasi tutte le sale sono rese vive dagli stucchi che comunicano sia con gli affreschi che con l’arredo. Nel corso degli anni anche Filippo Juvarra lavora alla reggia creandovi, durante uno dei suoi interventi, la maestosa Galleria Grande.

 

Oltre a poter visitare la Reggia ed il suo parco, famoso per essere secondo solo a quella della reggia di Versailles, La Venaria Reale ospita al suo interno molte mostre itineranti ed una semi permanente nel parco. Per informazioni e prenotazioni basta consultare il sito sempre aggiornato cliccando qui.

 

La storia e la bellezza del secondo castello mettono in secondo piano il fantasma che lo infesta, si tratta del più che suggestivo Castello Aragonese di Ischia. Infatti, il fantasma di Gioacchino Murat che vaga senza pace in cerca di vendetta fra castello e chiesa, non regge il confronto con la vita e le peripezie della pietra che ancora oggi si erge maestosa sopra le acque del mar Tirreno. Castello dal 474 a.C è a partire dal 1441 che assume le fattezze che oggi conosciamo. Per volontà di Alfonso V d’Aragona viene elevata una rocca sul modello del Castel Nuovo di Napoli. La sua funzione difensiva è confermata dalla presenza di mura fortificate e provviste di piombatoi. Il castello ad uso esclusivo della famiglia reale ospitava all’interno della fortificazione muraria i cittadini dell’isola durante le incursioni da parte dei pirati.

 

Il Castello Aragonese vive il suo apice sul finire del XVI secolo, in questo periodo sull’isola vivono numerose famiglie legate alla nobiltà e all’alto clero e a partire dalle nozze di Fernando Francesco d’Avalons con la poetessa Vittoria Colonna sull’isola approdano anche numerosi artisti. Dal Settecento, in coincidenza con la risoluzione del problema delle scorrerie corsare, inizia il lento declino causato dall’abbandono dell’isola a favore della terra ferma.

 

In questo periodo buio viene quasi distrutto dai francesi per essere poi riconvertito a penitenziario da Ferdinando I. L’8 giugno 1912 viene messa all’asta e a partire da questa data restauri e gestione sono in mano a privati che hanno ripristinato l’antico splendore dell’isola. Oggi è visitabile e ospita anche eventi degni di nota come, ad esempio, il festival internazionale di filosofia. Per saperne di più basta cliccare qui. La faccenda si fà più complicata nel caso di una visita al gotico Castello del lago di Bolsena. Leggenda vuole che in questo castello, fatto edificare da Papa Adriano IV nel 1156, fra la rocca a pianta romboidale e le sue quattro torri angolari tutte differenti fra loro, abbiano deciso di trascorrere l’eternità un numero abbastanza cospicuo di presenze che hanno subito una dipartita violenta.

 

Queste solitamente passano un po’ in sordina per lasciare spazio all’assassinio di Tiberio Crispo (importante cardinale romano) che pare invece non sia avvenuto a Bolsena. Le ossa ritrovate e attribuite a Tiberio Crispo sono molto probabilmente quelle del signore che viveva nel castello trucidato perché in disaccordo con il signore che regnava sulle terre del luogo.
Il suo fantasma si manifesta spesso in un accogliente salotto dalle pareti riccamente affrescate, motivo per il quale il nome della sala è passato da essere noto come salotto degli affreschi a salotto del fantasma. I visitatori però lamentano di sentirsi addosso sguardi invisibili in svariti punti del castello, è probabile che in questo caso non si tratti del signore del salotto ma di tutte le altre presenze che anche se ingnorate non smettono di osservare.

 

L’ampliamento della cinta muraria, giunta fino a noi, è ad opera della famiglia Monaldeschi che fra il XIV e il XV secolo ristruttura la fortezza per abbandonarla nel 1451. Dall’abbandono della famiglia Monaldeschi al restauro del XX secolo la struttura oltre a subire parziali distruzioni e svariati danni strutturali, viene utilizzata prima come carcere e dopo come dimora di villeggiatura. A seguito dei restauri avvenuti fra il 1973 e il 1990, oggi il castello è il polo del museo territoriale del lago di Bolsena.